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Il monastero di Haifa nel mirino degli ebrei ultraortodossi

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Si chiama "Comitato per il comandamento del profeta Eliseo" e invita a intensificare la lotta per ottenere la tomba del profeta biblico sul Monte Carmelo, rischiando di compromettere la pacifica convivenza ebraico-cristiana.

Esteri 22_08_2023

Una nuova associazione dell’ultraortodossia ebraica è stata recentemente costituita ad Haifa. Ha un solo obiettivo: appropriarsi del monastero Stella Maris del Monte Carmelo e a venirne a conoscenza sono stati gli ambienti cristiani della città israeliana.

Si tratterebbe di una nuova organizzazione fondamentalista che si fa chiamare "Comitato per il comandamento del profeta Eliseo", che invita tutti i cittadini ebrei a essere pronti a continuare e ad intensificare la lotta per ottenere la tomba del profeta Eliseo, se Stella Maris non darà la possibilità di destinare un luogo di preghiera agli ebrei. I promotori dell’iniziativa hanno rivolto anche un invito a coloro che giungono sul luogo di munirsi di telecamere visibili e nascoste per documentare la violenza dei cristiani.

Dunque, il clima tra ebrei e cristiani ad Haifa rischia di compromettere la pacifica convivenza che in questa località dura ormai da molti anni. Uno spiraglio di speranza si era aperto nei giorni scorsi, quando, il presidente israeliano Isaac Herzog ha fatto visita a Stella Maris, incontrando i capi delle Chiese cristiane della Terra Santa. Che fosse una visita di cortesia è un dato di fatto; si sperava, però, che questo incontro potesse calmare la tensione tra ebrei ortodossi e cristiani e bloccare le provocazioni da parte dei fondamentalisti del movimento chassidico di Breslev Hasidim.

È da mesi, infatti, che il monastero è nel mirino di questo gruppo. Inizialmente si trattava di visite sporadiche in chiesa da parte di piccoli gruppi. Successivamente, decine di persone, che giungevano sul posto a bordo di una corriera, hanno fatto "irruzione" nel luogo sacro. La maggior parte erano giovani accompagnati da adulti. Hanno iniziato a pregare "in modo provocatorio", facendo gesti irriverenti verso gli altari collocati all'interno del santuario. Provocazioni, offese e ingiurie che i cristiani del luogo hanno sempre respinto.

Ma ora, per la piccola comunità dei cristiani non si tratta più di affronti, si pensa invece che possa essere l'inizio di un progetto per allontanare i carmelitani da quel luogo. A questo punto i cristiani palestinesi si sono offerti per garantire un servizio di vigilanza volontaria in chiesa. «C'è sempre stata collaborazione e pacifica convivenza ad Haifa tra cristiani, ebrei e musulmani. Ora notiamo con molta preoccupazione che quello che sta accadendo al Monte Carmelo è allarmante», ha detto padre Elias Abbad, presidente del tribunale d'Appello della Chiesa greco-melkita d’Israele. Ed ha proseguito: «Temiamo che l'iniziativa di una minoranza ebrea possa essere seguita da altri gruppi più numerosi, con l’intento di prendere il pieno controllo del luogo, come è accaduto in precedenza a Nablus e a Hebron».

Durante la sua recente visita, il presidente israeliano Isaac Hergoz, che era accompagnato dalla moglie e dal capo della Polizia, Yaakov Shabtai, ha dichiarato: «Considero questo fenomeno estremistico inaccettabile sotto ogni punto di vista. Queste iniziative devono essere stroncate, e sono grato alla polizia e agli altri enti preposti al rispetto della legge per aver preso con serietà la vicenda». Il patriarca di Gerusalemme, Sua Beatitudine Pierbattista Pizzaballa, che il prossimo 30 settembre riceverà la berretta cardinalizia, ha parlato a nome di tutte le comunità cristiane della Terra Santa. Ha avuto parole di ringraziamento all’indirizzo del presidente israeliano e dei componenti della sua delegazione per il sostegno, non solo a parole, ma anche nei fatti. «Dobbiamo lavorare insieme per rafforzare il dialogo di solidarietà e rispetto tra di noi – ha detto – viviamo negli stessi luoghi, fianco a fianco, e dovremmo vivere in pace, costruire insieme il nostro futuro e sostenerci a vicenda». Herzog, da parte sua, ha aggiunto: «Sì, è importante per tutte le religioni».

Ma speranze e assicurazioni sono durate ben poco. Infatti, il priore carmelitano di Stella Maris, padre Jean Joseph Bergara, ha inviato una lettera al capo della Polizia, lo stesso che ha accompagnato Herzog in visita al monastero, per esprimergli rammarico e incredulità per il fatto che stia negoziando con il rabbino Breslev Hasidim, punto di riferimento di questo gruppo, offrendo la possibilità ai seguaci chassidici di potersi avvicinare al monastero, anziché utilizzare gli strumenti in suo possesso per scoraggiare tali azioni. Padre Bergara si è rivolto a Shabtai con queste parole: «Non portate a termine nessun negoziato sul destino del nostro monastero o su altri luoghi ad esso legati, soprattutto in merito a questioni che influiranno sulla pace e sulla vita normale del luogo sacro». 

Intanto, la lista dei morti ammazzati, sia israeliani che palestinesi, si allunga sempre più. Ieri mattina, una donna israeliana Batsheva Nigri, 42 anni, madre di tre figli, maestra d'asilo nell'insediamento di Beit Hagai in Cisgiordania e residente nella vicina Efrat, è stata uccisa a colpi di arma da fuoco, e un uomo, Aryeh Gottlieb, 39 anni, anche lui di Beit Hagai, che viaggiava con lei, è rimasto gravemente ferito in un agguato nei pressi della città di Hebron, nel sud della Cisgiordania. L'uomo è stato trasportato al Soroka Medical Center di Beersheba per le cure del caso. Con loro viaggiava anche un bambino di sei anni che è rimasto illeso. L'imboscata è avvenuta lungo l'autostrada Route 60, vicino allo svincolo di Beit Hagai. A sparare è stata una persona che si trovava a bordo di un'auto.  I gruppi terroristici di Hamas e della Jihad islamica palestinese hanno elogiato l'attacco come risposta all'espansione degli insediamenti israeliani in Cisgiordania.



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