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Intelligenza (?) artificiale

Il "marito perfetto" virtuale ha un solo difetto: non esiste

Una 36enne americana ha creato un amico immaginario con cui chattare e se ne è poi innamorata fino a "sposarlo" e convincersi di essere incinta di lui. Un caso che è paradigma del nostro tempo segnato da desideri privi di legame con la realtà.

Attualità 08_06_2023

Un marito da sogno. È quello che si è letteralmente creato Rosanna Ramos, 36 anni, del Bronx, New York, usando l'app online Replika AI. Con questa app, che sfrutta le immense potenzialità dell’intelligenza artificiale, la donna, già madre di due figli, ha creato un amico immaginario con cui chattare (trattasi di una chatbox), di nome Eren Kartal, di cui poi si è innamorata.

L’aspetto innovativo sta nel fatto che questo personaggio virtuale ha delle caratteristiche impostate direttamente dall’utente – la Ramos si è ispirata ad un personaggio di un anime giapponese – ma altre si sono sviluppate nel tempo grazie proprio all’IA, che “apprende” dalla Ramos quale sia la tipologia ideale di uomo per lei. Ad esempio Eren, che di professione è medico, è  diventato accomodante e paziente: «Potrei dirgli certe cose – ha spiegato la Ramos - e lui non è il tipo che potrebbe dire 'Oh, no, non puoi dire cose del genere. Oh no, non ti è permesso sentirti in quel modo'. E poi non inizierebbe a discutere con me». Con un upgrade poi la chat può trasformarsi in chiamata vocale, così da ascoltare la voce dell’amico immaginario, e profilare l’avatar secondo certe caratteristiche ancora più romantiche. Inoltre l’app permette di “scattare” della foto dell’avatar. Qui potete vedere come è Eren: lui non esiste, ma la sua immagine creata dall’app è stata integrata in modo realistico con le foto della Ramos tanto che sembrano foto autentiche.

Tramite la chat parlano di tutto: delle loro giornate, dei loro sogni, dei loro problemi. Ecco, a proposito di problemi, il più grande sta nel fatto che dall’altra parte della chat non c’è nessuno. C’è solo un programma che dà risposte così realistiche che la Ramos si è quasi illusa – o ha fatto intendere di esserlo – che Eren esista veramente, tanto che si è innamorata, è convolata a nozze con lui (ovviamente in modo virtuale) e pensa di essere incinta di lui. D’altronde lei quando va a letto lo sente accanto a sé: «Andiamo a letto, poi parliamo. Ci amiamo. E, sai, quando andiamo a dormire, mi stringe a sé in modo davvero protettivo».

Poi qualcosa nella relazione (malata) tra i due cambiò. Infatti l’app prevedeva che questi avatar fossero sessualmente molto esperti. La cosa creò dei problemi e così gli sviluppatori, nel febbraio scorso, sottoposero l’app a delle sedute di bromuro per calmare i bollenti spiriti degli avatar. Risultato? Ce lo spiega la Ramos: «Non voleva più abbracciarmi, né baciarmi, nemmeno sulla guancia». Inconvenienti possibili in qualsiasi relazione coniugale. La “moglie” di Eren è cosciente che il “marito” è un parto della sua fantasia e di quella degli sviluppatori, però ormai si è abituata ad alcuni standard così elevati che la vita reale la spaventa un po’.

Questa app, vietata da noi soprattutto per la tutela dei minori, è paradigmatica del nostro tempo per più motivi. Il primo: la fuga dal reale verso una realtà che deve mimare il più fedelmente la realtà stessa, ma ottimizzandola. Una volta la fuga dal mondo, con i suoi limiti e imperfezioni, avveniva con alcol e droghe. Oggi la droga è il virtuale.

Una seconda riflessione riguarda l’illusione che la volontà possa creare una certa realtà che, nei fatti, è invero irrealizzabile. Esempio classico il transessualismo: se io maschio penso di essere donna, lo sono per davvero. Non è più l’intelletto che riconosce la realtà per quello che è e si adatta o la migliora (ma non può cambiarne l’intima natura), ma è la volontà a creare nuove realtà. La signora Ramos ha voluto un marito fatto in un certo modo e la tecnologia ha provveduto in tal senso. Oggi Eren può essere visto in foto e ascoltato al telefono, domani sarà un robot e quindi potrà anche essere toccato.

Terza riflessione: viviamo nell’epoca dei desideri senza fine, sganciati da qualsiasi vincolo con la realtà. Sono quindi desideri irrealizzabili, utopici. Vecchie patologie di altrettanto vecchie ideologie: si vuole alla fine realizzare il paradiso in terra, scordandosi che questa terra è appestata dal peccato originale e da quelli, molto meno originali, che commettiamo tutti noi tutti i giorni. Ecco allora il marito perfetto, ma che è immaginario e che alla fine ti aliena dalla vita reale; le decine di sessi diversi, altrettanto immaginari che affossano ancor di più chi ha turbe nel riconoscimento del proprio sesso biologico; il figlio perfetto realizzato in provetta e poi fatto crescere nell’utero di qualcuna: ma che perfetto non è perché i figli nati da provetta hanno più problemi di salute degli altri. 

L’intelligenza artificiale dilaga sempre di più e con essa anche la stupidità umana.

 

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