Il giorno del Signore ci salva dal burnout, parola di Kirk
Ascolta la versione audio dell'articolo
Rivendicare il riposo e il culto banditi dalla società iperproduttiva: è un appello postumo quello dell'attivista conservatore che spiegava perché il lavoro festivo non ci ha resi più ricchi e liberi ma solo più stressati e schiavi. Negando il tempo a Dio ci mettiamo da soli le catene dell'Anticristo.
Stop, in the name of God: non è un appello a far tacere le armi, a far cessare le ingiustizie sociali, a mettere fine ai soprusi contro i più deboli. Il titolo del libro, uscito martedì 9 dicembre, di Charlie Kirk, il noto attivista
americano assassinato il 10 settembre scorso, si rifà a qualcosa di più fondamentale e primordiale, ma che la nostra cultura occidentale deteriore ha non solo dimenticato, ma persino messo al bando: la santificazione del giorno festivo. Che l’uomo riservi a Dio e non a Mammona un giorno della settimana è qualche cosa di inconcepibile in una cultura che ha dichiaratamente voluto chiudere il Cielo agli uomini. «Non avrai altro dio all’infuori di me» è il comandamento che il Drago ha furtivamente sottratto al Creatore, e che ha ordinato alle due Bestie di ripetere incessantemente agli uomini, asserragliandoli in un sistema di profitto e divertimento forzato.
E così se in generale in Europa di domenica viene ancora concesso a qualche categoria di lavoratori di “riposare” è solamente perché investano il loro tempo e il loro denaro nel sostenere il sistema produttivo del turismo e del tempo libero: altri devono lavorare perché tu possa “riposare” tra outlet, centri commerciali e centri del benessere. Se ancora la legge, almeno in Italia, prevede che ci debbano essere ventiquattr'ore di riposo ogni sette giorni lavorativi è solo perché il dipendente che riposa ha poi di fatto una maggiore resa; il che, tradotto, significa, che nulla può essere concepito come veramente indipendente e superiore al lavoro, ma solo come funzionale ad esso.
Il frequentatore attento e assiduo delle Sacre Scritture e della Tradizione della Chiesa riconosce molto bene in questo delirio la cifra della schiavitù per eccellenza, quella imposta dal maligno all’uomo, perché non adori Dio. Una e una sola cosa egli teme ed odia, lui che si è rifiutato di servire Dio: che gli uomini si fermino dalle proprie attività per elevare i loro cuori a Dio ed adorarlo. Gli eventi dell’Esodo sono il paradigma di questa incessante e frenetica attività del male per sottrarre agli uomini il tempo e persino il ricordo di adorare il loro Dio: «gli Egiziani fecero lavorare i figli d'Israele trattandoli duramente. Resero loro amara la vita costringendoli a fabbricare mattoni di argilla e con ogni sorta di lavoro nei campi» (Es 1,13-14).
Mosè e Aronne si presentarono più volte dal Faraone, per fargli presente il comando del Signore: «“Dice il Signore, il Dio d'Israele: Lascia partire il mio popolo perché mi celebri una festa nel deserto!”. Il Faraone rispose: “Chi è il Signore, perché io debba ascoltare la sua voce per lasciar partire Israele? Non conosco il Signore e neppure lascerò partire Israele!”» (Es 5, 1-2). Il Faraone, tipo dell’Anticristo, non riconosce il Signore e perciò non riconosce il diritto/dovere del suo popolo di fermarsi per adorarlo. Non esiste il giorno del Signore, perché non esiste il Signore. E se non esistono il Signore e il suo giorno non esiste la libertà dell’uomo.
Il libro di Kirk si solleva come un grido di protesta e di resistenza di fronte ad un mondo anticristico fin nelle midolla, che comprende solo la logica del mercato, della distrazione, della reificazione dell’uomo; un mondo in cui lo stress, fino al burnout, divora ogni anno milioni di persone, provocando malattie fisiche e mentali e distruggendo relazioni sponsali, genitoriali e amicali. Charlie Kirk, come altri milioni di persone che hanno un carico di lavoro come il suo ed anche meno del suo, era il candidato perfetto per entrare nella spirale dell’esaurimento psicofisico, nelle sue forme più variegate. Ma l’osservanza dello Sabbath, ammette la moglie, Erika Kirk, nella presentazione del libro «lo ha salvato dal burnout. Charlie non ha scritto un libro sul Sabato perché voleva capire l'impatto che avrebbe avuto sulla sua vita. Lo ha fatto perché sapeva che funzionava. Lo Sabbath lo ha salvato».
Non è stato facile per lui entrare nella logica dell’autentico riposo; quella «vacanza settimanale di salute mentale», come l’ha definita Erika, è stata una conquista fatta poco a poco e non sempre osservata adeguatamente, ma sempre nella consapevolezza che «il Sabato è l'unico comandamento che, se scegli di non osservare, sei tu a perderti la benedizione. Non Dio». A dire il vero, ogni comandamento è per l’uomo ed ogni volta che l’uomo si allontana dai comandamenti divini è sempre lui, come singolo e come società, a rimetterci. E questo avviene immancabilmente, anche se noi ce ne accorgiamo quando è troppo tardi. E anche allora, siamo smarriti, incapaci di riconoscere i segnali che il nostro corpo personale e il corpo sociale ci mandano, ed ancora più incapaci di trovare il rimedio, affannati come siamo nel chiedere sempre alla “Scienza” la soluzioni ai problemi dell’uomo, che in verità solo il suo Creatore è in grado di indicarci e donarci.
Kirk aiuta a riconoscere ed affrontare le consuete “scuse” che ci distolgono dal fermarci nel giorno del Signore per adorarlo. La prima è un diffuso senso di colpa che si avverte nel concedersi del riposo: «Se prenderti un giorno libero ti rende ansioso o ti fa vergognare, allora devi chiederti: cosa sto veramente adorando? Nessun idolo condanna il riposo come l'idolo della produttività. Questo è il vitello d'oro dell'era moderna». La seconda: non ho tempo. Ma la verità è che non vogliamo davvero strutturare il nostro tempo, mettendo delle priorità ed eliminando le frequenti distrazioni, soprattutto quelle che abbiamo permesso ci invadessero: le app dei social, che Kirk invita ad eliminare drasticamente. «Quello che proverai – scrive –non sarà un'astinenza, sarà un risveglio».
Ancora: il lavoro non deve diventare una forma di servitù dal quale non riusciamo a staccare. Bisogna fare il possibile per impostare la propria settimana in modo che nel giorno del Signore non si debbano concludere dei lavori, non si sia disturbati da telefonate e messaggi di lavoro, non si stia in continuazione a controllare il telefono. Kirk esorta a non procrastinare questa “pianificazione” del proprio tempo perché possa essere libero per Dio; non si devono attendere circostanze migliori, perché queste circostanze non arriveranno mai: «Non sarai mai senza impegni. Il riposo non arriva per caso. Lo scegli tu. Lo Sabbath non riguarda l'avere tempo; riguarda la decisione di fermarsi anche quando tutto il resto ti dice di continuare. Il riposo richiede coraggio. Significa affrontare la nostra paura che il mondo crolli se smettiamo di lavorare. Significa scegliere la fiducia anziché il controllo».
La capacità di vivere il riposo e il culto nel giorno del Signore è il termometro di un uomo e di una società: più essa si approssima allo zero e più sono la categoria dell’utile e del profitto ad imperare e l’uomo è compreso solo in funzione di questo utile. Più questa temperatura è bassa e più l’uomo accetta che gli vengano imposte le catene dell’Anticristo. Per spezzare il cerchio della mera utilità non è sufficiente che l’uomo si ritagli del tempo per pensare a se stesso: è necessario che egli rivendichi il suo essere-per-Dio. Ed è solo volgendosi a questo Principio che è al di sopra dell’orizzonte della storia che l’uomo si aggancia al principio della vera libertà.
Prima ci accorgeremo che noi stessi ci siamo messi le catene che l’Anticristo ci ha porto, quasi fossero gioielli preziosi, omettendo di osservare il giorno del Signore, e prima si avvicinerà la nostra liberazione.
Kirk ci incalza: «Lascia che il Sabato sia la tua ribellione settimanale» a questo potere che ci vuole sempre più schiavi.
La domenica libera fa bene a tutta la società
A Bolzano differenti realtà confessionali e sindacali si uniscono per difendere l'importanza del riposo festivo, troppo spesso ridotto a un giorno lavorativo qualsiasi, finendo per «minare le opportunità di relazione, quelle sociali e religiose», come ha detto più volte il vescovo mons. Ivo Muser. Ne parla alla Bussola Martin Pezzei, direttore dell’Ufficio per il Dialogo della diocesi di Bolzano-Bressanone.
Se ormai basta un'influenza per cancellare Messa e domenica
Messa domenicale sempre più trattata come un servizio di cui fare a meno. Il parroco ha l'influenza e il diacono lo sostituisce. Non siamo in Groenlandia, ma nella Bologna di Zuppi. Tutti contenti, anche il sacerdote, che alla Bussola si rifiuta di spiegare se avesse chiesto ad altri confratelli di sostituirlo.


