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DOPO IL CONCLAVE/ 2

Il difficile ritorno dei cardinali in paesi di guerra e persecuzione

Cardinali dal Congo, dal Nicaragua, India e Iran, a Roma avrebbero potuto chiedere e ottenere lo status di rifugiati, invece hanno scelto di tornare nei loro paesi ad affrontare la persecuzione, condividendo le difficoltà con i fedeli.

Libertà religiosa 14_05_2025
Il cardinal Ambongo Besungu torna in Congo RD (La Presse)

Segue dalla prima parte

Il cardinale Fridolin Ambongo Besungu torna nel suo paese, la Repubblica Democratica del Congo, dove  lo attendono problemi sempre più ardui. Era considerato uno dei “papabili”. Se fosse stato eletto, i congolesi avrebbero perso un sostegno prezioso.

La Chiesa cattolica in Congo da sempre si espone in difesa dei diritti umani e della giustizia. Diversi religiosi nel corso degli anni sono stati arrestati, altri sono stati uccisi: partecipavano a marce pacifiche di protesta portando crocifissi e immagini sacre sperando così di proteggere i manifestanti e invece più di una volta le forze dell’ordine hanno aperto il fuoco. Il cardinale Besungu, i vescovi e i sacerdoti cattolici continuano tuttavia a sfidare il governo, a denunciarne corruzione, violenze, incuria, a protestare per le condizioni in cui la popolazione è costretta a vivere, soprattutto nelle province orientali, da decenni terreno di scontro di decine di gruppi armati che si contendono le loro preziose risorse minerarie. Lì la popolazione civile è sotto costante minaccia di razzie, violenze, stupri e per i cristiani è peggio perché Adf (Forze democratiche alleate),  uno dei gruppi armati, è affiliato allo Stato Islamico e si accanisce su di loro. A febbraio, nella provincia del Nord Kivu, il gruppo ha catturato 70 cristiani, quasi l’intera popolazione di un villaggio, li ha rinchiusi in una chiesa e poi li ha decapitati.

Nel resto del paese la situazione è meno drammatica, ma la violenza è diffusa dappertutto e non risparmia la Chiesa e le sue strutture. A marzo la residenza delle Suore della Congregazione di Santo Domingo di Kimbanseke, un comune dell’area di Kinshasa, è stata attaccata da uomini armati di panga (un attrezzo da lavoro simile al machete). Gli aggressori sono entrati sfondando un muro e hanno rubato alle suore denaro, telefoni, computer e altri oggetti di valore. In quel frangente il cardinale Ambongo ha fatto ancora una volta pervenire alle autorità un comunicato in cui ha espresso la propria indignazione.  

Uno dei rientri in patria più difficili è quello del cardinale Leopoldo José Brenes Solórzano, arcivescovo metropolita di Managua, la capitale del Nicaragua. In quel paese la persecuzione contro la Chiesa cattolica ha assunto proporzioni pressoché insostenibili. Ne sono responsabili il dittatore Daniel Ortega e sua moglie Rosario Murillo.

Ormai ai sacerdoti è fatto divieto di organizzare celebrazioni e processioni all’aperto, pena l’arresto immediato. Sono proibiti anche la Via Crucis durante la settimana santa e i pellegrinaggi. Come nei peggiori regimi, la polizia ha diffuso delle linee guida in merito agli argomenti consentiti nelle omelie: esclusi, fra gli altri, i riferimenti ai diritti umani, alla democrazia e alla libertà. I sacerdoti devono presentarsi alle stazioni di polizia regolarmente per la revisione delle loro omelie e per riferire sulle loro attività pastorali. Negli ultimi sei anni quasi l’80% delle associazioni non governative, gran parte delle quali cattoliche, sono state chiuse con dei pretesti oppure confiscate: in tutto oltre 5.600. Altre istituzioni sono state sciolte: è il caso delle suore Clarisse di cui nel 2023 il ministero dell’interno ha approvato lo “scioglimento volontario” perché “dal 2021 non ricevevano finanziamenti per realizzare i loro obiettivi”.

La collera di Ortega e di sua moglie può abbattersi su chiunque. Quest’anno oltre 30 suore Clarisse sono state espulse dal paese, la stessa sorte toccata ad altri religiosi prima di loro. Il caso più noto e doloroso è stato l’esilio imposto nel 2024, insieme ad altri sacerdoti, al vescovo di Matagalpa, monsignor Rolando Alvarez, ospite da allora del Vaticano. Prima era stato condannato a 26 anni di carcere, e aveva trascorso 339 giorni in cella di massima sicurezza, perché riconosciuto colpevole di tradimento della patria, diffusione di false notizie, incitamento alla violenza, cospirazione e terrorismo. Alvarez era stato inoltre privato delle nazionalità nicaraguense, dei propri beni e di tutti i diritti civili.

Sicurezza, libertà e vita di molti altri cardinali dipendono dall’atteggiamento nei confronti della Chiesa dei governi ai quali sottostanno. In India, in particolare, la minaccia per i suoi sei cardinali e per tutta la Chiesa è costituita dai nazionalisti indù, sempre più potenti e aggressivi da quando nel 2014 il partito induista Bjp ha vinto per la prima volta le elezioni e il suo leader, Narendra Modi, è diventato primo ministro. In molti altri paesi è l’islam a perseguitare religiosi e laici cristiani. Nel rapporto 2025 dell’ong Open Doors sui paesi  in cui è più difficile essere cristiani l’islam risulta essere responsabile in nove dei 13 Stati in cui la persecuzione è classificata come estrema e in 28 dei 37 nei quali il livello di persecuzione è definito molto elevato.

Tra i cardinali più a rischio, perché nel suo paese, l’Iran, la già elevata intolleranza del regime nei confronti della Chiesa può assumere forme ancora più estreme, va ricordato Dominique Joseph Mathieu, arcivescovo di Teheran-Ispahan dei Latini dal 2021 e cardinale dal 2024. I cattolici di rito latino in Iran sono circa 2mila, in gran parte provenienti dalle Filippine. I cristiani sono 800mila, forse meno. La sorte più dura è quella dei convertiti, che hanno abiurato l’islam, la più grave colpa di un fedele. Le autorità iraniane fanno spesso irruzione nelle loro abitazioni e nelle cosiddette chiese domestiche, ovvero le case private nelle quali i fedeli si riuniscono per pregare insieme e leggere testi sacri. Sono solite sequestrare effetti personali, croci e altri simboli di fede.

Ad allarmare è la netta regressione in Iran della libertà di religione come dimostra il numero crescente di arresti e le pesanti condanne. I reati contestati più spesso, che portano a sentenze severe, sono “appartenenza a gruppi di opposizione”, “propaganda contro il sistema”, “attività di propaganda contraria alla legge islamica attraverso relazioni con l’estero”. Per meritare il carcere a cui, scontata la pena, spesso si aggiungono la perdita dei diritti sociali e diverse restrizioni alla libertà di movimento, può bastare essere stati sorpresi a pregare in comunità. 

2. Fine