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Il Concilio Vaticano II fuori dalle visioni ideologiche

Uno studio che si premura di «leggere il Concilio a partire dal Concilio», evitando di attribuirgli ciò che non è mai stato scritto nei suoi documenti. Ecco Il Concilio Vaticano II spiegato ai miei figli, un saggio di Luca Del Pozzo.

Ecclesia 04_06_2025

Ricostruire il Concilio Vaticano II a partire da quanto realmente affermato nei suoi documenti. È questo l’obiettivo del corposo saggio di Luca Del Pozzo (Cantagalli 2025, pp. 720) Il Concilio Vaticano II spiegato ai miei figli che ha il pregio di fare chiarezza intorno a uno degli eventi più significativi nella bimillenaria storia della Chiesa. Un volume che, malgrado il titolo, non è un libro per ragazzi, nel quale l’autore ripercorre i grandi temi oggetto di discussione tra i 2.400 e 2.600 padri conciliari ossia cardinali, vescovi e patriarchi convenuti a Roma, e le dichiarazioni approvate. Un saggio che intende andare al di là di interessi e visioni del mondo e della Chiesa meramente ideologiche, le quali hanno poi dato luogo col tempo a un ginepraio di interpretazioni che hanno stravolto completamente il senso del Concilio stesso e conseguentemente ogni possibilità di autentica comprensione.

Proprio perché «c’è una grande differenza tra ciò che il Concilio ha sancito e quello che invece si desiderava che il Concilio affermasse», per dirla con il cardinale Robert Sarah nella sua prefazione al saggio, Del Pozzo «legge il Concilio a partire dal Concilio», nel solco di quella sapiente «ermeneutica della continuità» richiamata più volte da papa Benedetto XVI. Tale prospettiva viene condivisa senza mezzi termini dallo stesso pontefice che ne ha aperto i lavori, Giovanni XXIII, allorquando rileva che il Concilio «vuole trasmettere pura ed integra la dottrina, senza attenuazioni o travisamenti», nella radicata consapevolezza che «una cosa è il deposito della fede, cioè le verità contenute nella nostra veneranda dottrina, e altra cosa è il modo col quale esse sono enunciate, conservando ad esse tuttavia lo stesso senso e la stessa portata».

L’autore decostruisce inoltre la tesi diffusa secondo cui tutti i mali della Chiesa di oggi, compresa l’odierna crisi della fede, derivino dal Concilio. Al contrario, la sua attualità risiede proprio nel costituire un antidoto efficace a tale crisi, annunciando a ogni uomo e donna del nostro tempo che la meta da raggiungere è la santità attraverso un concreto ritorno a Cristo, al quale ci invita lo stesso Giubileo che stiamo celebrando proprio in concomitanza con il sessantesimo anniversario della chiusura del Vaticano II, come nota ancora il porporato guineano.

Perciò il Concilio non ha inteso né aggiornare la Chiesa adeguandola ai tempi che corrono e alle esigenze della modernità, come sostengono buona parte dei “progressisti”; né rompere con il deposito della fede sedimentato fino al Concilio di Trento, come ritengono invece alcuni “tradizionalisti”. Il suo intento è stato principalmente pastorale. Si è trattato di un «rinnovamento nella continuità», per dirla ancora con Ratzinger. Un rinnovamento, come scrive Del Pozzo, che «ha significato null’altro che l’avvio di una nuova stagione di missionarietà e di annuncio, cioè di evangelizzazione, dentro e fuori la Chiesa, in una forma rispondente alle mutate condizioni storiche e alle esigenze spirituali ed esistenziali degli uomini del suo tempo». Certo, se da un lato sono innegabili «i segni di un’azione demoniaca e anti-cristica sia fuori sia dentro la Chiesa», dall’altro conforta considerare nel contempo che è Dio a tenere le redini della storia, quella del mondo e di ciascuno, e che «la Chiesa non è nostra, è di Gesù Cristo. È Lui che l’ha voluta. Ed è Lui l’unico e vero Capo».

Di qui, dopo un breve excursus sulla temperie culturale e il contesto ecclesiale in cui è maturata l’indizione del Concilio, l’autore propone una lunga e accurata disamina delle quattro costituzioni fondamentali e degli altri documenti approvati per giungere a evidenziare alcuni punti fermi e così sgombrare il campo da qualsiasi equivoco o fraintendimento.

Nella società dell’opulenza pervasa da irreligione o secolarizzazione, libertinismo di massa e relativismo, «il Concilio mette al centro la persona e i suoi interrogativi e problemi per illuminarli alla luce del Vangelo», in un orizzonte culturale che «all’ascesa a Dio sostituisce l’idea della conquista del mondo, ovvero l’affermazione del diritto che il singolo soggetto ha sul mondo. Diritto che non ha limiti, perché, chiamato al mondo senza il suo volere, egli sente di aver diritto, quasi a compenso di questa chiamata, a una soddisfazione infinita nel mondo stesso», per dirla con Augusto Del Noce. Tale riflessione consente di individuare il leitmotiv del periodo postconciliare, caratterizzato in special modo dalla rivoluzione del Sessantotto con le sue ricadute che giungono fino alla «morale all inclusive» e al transumanesimo, rivoluzione che ha contribuito a «indirizzare negativamente la ricezione e l’attuazione del rinnovamento conciliare». Ciò ha portato talvolta ad «abbassare l’asticella del Vangelo alla statura della (poca) fede delle persone per dare al popolo ciò che il popolo chiede semplicemente accogliendo e ascoltando e accompagnando l’umanità nel suo cammino senza disturbare troppo, quasi che essere o non essere cristiani sia tutto sommato indifferente», secondo quello che l’autore definisce il “modello Aronne”, laddove invece bisogna fare il contrario, ossia «elevare gli uomini alla statura del Vangelo» adottando il “modello Mosè”.

Il saggio di Del Pozzo non si limita a elaborare un’accurata ricostruzione storica del Concilio ma auspica che si realizzi la sua missione, ovvero «promuovere quel rinnovamento che, solo, può cambiare l’uomo e il mondo, ossia il ritorno a Cristo – che fa tutt’uno con l’edificazione della Chiesa del futuro sotto forma di un “resto”».