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NUOVE ELEZIONI

Il 25 settembre si vota, dopo il ritiro (voluto) di Draghi

Draghi avrebbe potuto continuare a governare fino alla fine della legislatura, ma ha preferito uscire di scena. Scaricando la colpa sui partiti che lo hanno sfiduciato. La campagna elettorale, la prima condotta in piena estate, sarà tutta fra "responsabili" e "irresponsabili". Ma l'elettorato potrebbe non crederci. 

Politica 22_07_2022
Il commiato di Draghi

Il copione, in effetti, sembrava già scritto. Dopo la risicata fiducia ricevuta mercoledì in Senato, ieri il premier Mario Draghi ha definitivamente rassegnato le dimissioni nelle mani del Capo dello Stato. Mattarella non ha potuto far altro che firmare il decreto di scioglimento delle Camere, come previsto dall’art.88 della Costituzione, vista l’impossibilità di costituire una nuova maggioranza. Le elezioni anticipate si svolgeranno domenica 25 settembre.

E’ la prima volta che gli italiani vivranno una campagna elettorale sotto l’ombrellone ed è la prima volta che le Camere vengono sciolte nonostante ci fosse una maggioranza. Questa accelerazione verso le urne potrebbe nascondere trame imprevedibili, tra cui quella di un premier svogliato e indisponibile a proseguire il suo lavoro, nonostante l’appoggio assai ampio di cui continuava a godere in Parlamento. C’è anche chi sostiene che l’impopolarità della prossima manovra di bilancio ha suggerito alle forze politiche di maggioranza di non metterci la faccia per non perdere consensi. Quindi, meglio anticipare la prova con le urne per poi dire la verità agli italiani sulla drammaticità della situazione socio-economica che ci aspetta in autunno. Intanto il governo Draghi resterà in carica per gli affari correnti e potrà fare tutte quelle manovre elettoralistiche in grado di condizionare l’esito del voto.

Facile e comodo dare la colpa ai partiti che non hanno votato la fiducia. Va ricordato, però, che il premier la settimana scorsa si è dimesso pur avendo ricevuto la fiducia sul decreto aiuti, quindi avrebbe potuto tranquillamente rimanere al suo posto. Se avesse proseguito, molti 5 Stelle avrebbero mollato Conte e sarebbero andati con lui. Quindi, la legislatura avrebbe potuto continuare fino alla fine. Eppure Draghi ha deciso di staccare la spina, riuscendo anche a scaricare la colpa sugli altri. Un modo per incamminare la prossima campagna elettorale sul binario della contrapposizione tra responsabili e irresponsabili, dove i responsabili sarebbero ovviamente tutti quelli che l’hanno appoggiato fino a tre giorni fa, mentre gli irresponsabili sarebbero il Movimento 5 Stelle e il centrodestra, colpevoli di averlo mollato.

Ma se Draghi avesse voluto “continuare a servire l’Italia” nessuno glielo avrebbe impedito. Aveva i numeri per farlo. Non sarebbero stati un manipolo di grillini rabbiosi a impedirglielo. Evidentemente aveva deciso di sganciarsi ed ha trovato il modo elegante di farlo, alimentando la narrazione del draghismo come ultimo baluardo nazionale prima della deriva populista. Che tale rappresentazione propagandistica della realtà possa fare presa sull’opinione pubblica non è detto, ma certo è che è questa l’unica speranza di Enrico Letta, Luigi Di Maio e dei tanti che hanno puntato tutto sull’attuale premier.

Le urne però saranno un’altra cosa. L’eterogeneità di coloro che hanno appoggiato l’esecutivo Draghi impedirà la formazione di coesi raggruppamenti ispirati al premier uscente, che si defilerà e non farà campagna elettorale per nessuno. L’”agenda Draghi” a parole verrebbe portata avanti dal Pd e da cespugli, centri e centrini che però al loro interno sono già molto rissosi e che, con questa legge elettorale e con la riduzione del numero di parlamentari, finalmente operativa, raccoglieranno le briciole.

Mentre c’era da aspettarsi che alla fine Matteo Salvini cavalcasse l’onda della protesta grillina e prendesse la palla al balzo per accelerare il ricorso alle urne, gli analisti sono sorpresi dalla decisione di Forza Italia di accodarsi alla Lega e di non votare la fiducia a Draghi. I forzisti si sono spaccati, il Ministro per gli affari regionali, Mariastella Gelmini è uscito dal partito, il Ministro della pubblica amministrazione, Renato Brunetta più o meno anche, nel senso che ha annunciato che non potrà rimanervi dopo la decisione di non appoggiare il governo Draghi. Prudente Mara Carfagna, Ministro per il sud, che parla di riflessione in atto e di “frattura con il mondo di valori in cui credevo”. Anche lei, quindi, starebbe meditando l’uscita da Forza Italia. Ma il resto del partito sta con Silvio Berlusconi, che perde qualche parlamentare ma forse riacquista una centralità nel panorama politico con l’uscita di scena di Draghi. Infatti, annuncia che scenderà in campo per fare una campagna elettorale d’assalto. E si toglie un sassolino dalla scarpa su Draghi: «Non l’abbiamo fatto cadere noi, ha rifiutato il bis, voleva andarsene, forse era stanco e ha preso la palla al balzo».

La stragrande maggioranza dei parlamentari non verrà ricandidato o comunque non verrà rieletto e quindi in tanti dovranno riorganizzare le proprie vite professionali, e molti tra i grillini non ne avevano neppure una. Questa fine traumatica della legislatura ci può stare, considerate le contraddittorie vicende politiche che l’hanno contraddistinta. La speranza è che tutti i partiti mettano senso di responsabilità nella compilazione delle liste, al fine di scegliere come candidati persone capaci e motivate, lontane dalle risse degli ultimi mesi e in grado di riportare alle urne con entusiasmo chi le diserta da tempo per rabbia e disillusione.