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Il programma dell’Ue

Horizon Europe, un fiume di soldi pubblici per le ideologie

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Dall’ambientalismo alla teoria del gender, dall’antirazzismo che punta il dito contro «l’oligarchia bianca» alla «decolonizzazione della sharia». Dietro i progetti finanziati dal programma dell’Ue (costo totale: 93,5 miliardi di euro) ci sono le principali ideologie contemporanee.

Attualità 29_05_2025

Horizon Europe (HE) è «il principale programma di finanziamento dell’Ue per la ricerca e l'innovazione». Fa parte quindi di quella galassia di enti e progetti che intendono affrontare «i cambiamenti climatici», contribuendo al «conseguimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite» e stimolando «la competitività e la crescita dell'Ue».

Ovviamente, se si va ad approfondire la mission del programma è tutto un peana ai suoi nobili scopi. HE «facilita la collaborazione e rafforza l'impatto della ricerca e dell'innovazione», «supporta una migliore diffusione di conoscenze e tecnologie eccellenti», «crea posti di lavoro», «stimola la crescita economica», «promuove la competitività industriale» e «ottimizza l'impatto degli investimenti all'interno di uno Spazio europeo della ricerca rafforzato». Insomma, si tratta di un programma ambizioso che, per i suoi promotori, giustifica i «93,5 miliardi di euro» messi a disposizione «per il periodo 2021-2027».

La delegazione francese del Gruppo dei Conservatori e Riformisti europei (Ecr) guidata dai deputati Marion Maréchal, Nicolas Bay, Guillaume Peltier e Laurence Trochu è però andata a ficcare il naso sui progetti effettivamente finanziati da HE. E ha recentemente pubblicato sui propri canali social la «Top Ten» delle «peggiori spese di Horizon Europe». Si va dai «4,9 milioni di euro per il progetto UCan» che intende «sostenere le città ucraine verso la neutralità climatica utilizzando il Patto Verde», ai «2,5 milioni», non proprio bruscolini, usati per una ricerca intitolata «Decolonizzare la sharia», la quale si propone di «esplorare l'impatto del colonialismo europeo sulla legge islamica nelle società del Medio Oriente e del Nord Africa».

E siccome si registra un costante declino del sapere tra gli studenti europei ecco «257.000 euro per il progetto HomoClassicus». L’ambiziosa ricerca vuole far luce sul «ruolo dell’antichità classica nelle storiografie Lgbtq di Grecia, Regno Unito e Stati Uniti», cercando di mostrare al pubblico «come le narrazioni storiche rafforzino le identità razziali» e questo nel contesto «delle migrazioni transnazionali e delle attuali trasformazioni demografiche». Chiaro, almeno per chi l’ha concepito.

Se poi uniamo il dogma green e quello gender, la miscela fa esplodere i finanziamenti: «2,6 milioni di euro» nel progetto gEneSys, che vorrebbe esplorare «le disuguaglianze sociali e di genere» all’interno delle «politiche di transizione energetica», e questo per giungere ad «una carbon neutrality equa ed inclusiva».

Poi ci sono «1,4 milioni di euro» per il progetto Wowma, che si occupa di scavare nei «pregiudizi razzisti» e nel «ruolo dell’oligarchia bianca» nella «costruzione dei paradisi fiscali tropicali». E quindi «214.441 euro» per sostenere «il progetto di ricerca Trasdej» che studia le «alleanze transatlantiche tra dissidenti sessuali per la giustizia ambientale», collegando tra loro «le lotte condotte dai dissidenti sessuali indigeni nel Messico meridionale» con «gli spazi di lotta queer in Europa», in particolare «a Berlino e nelle comunità rurali tedesche», usando nella ricerca «approcci postcoloniali, intersezionali e non-binari».

Forse il più divertente, almeno nel nome, è il «progetto MotoBoom» che grazie ai «188.590 euro» ricevuti studia «l’impatto della diffusione delle moto tra le popolazioni indigene dell'Amazzonia boliviana». Viene in mente un romantico Che Guevara che a bordo della motocicletta “La Poderosa” percorse mezza America latina. Ma lui, che non era finanziato dall’Ue, lo faceva per divertimento e non per studiare un’ipotetica, a dir poco, «forma di colonizzazione materiale».