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GREEN PASS A MESSA

Green pass a Messa, così si mortifica la coscienza

Chiesa e Green pass: rileggersi il brindisi alla coscienza di san Newman. La pronunciò in un contesto ben preciso: stava analizzando il caso in cui il Papa, dando ordini ma non insegnamenti di fede o di morale, andava oltre la sua autorità. La stessa cosa che accade con l'obbligo di vaccino. 

Editoriali 27_09_2021

Sulla questione del “green pass” nella Chiesa cattolica regna sovrana una sconcertante confusione. Il cardinal Bassetti ha annunciato che chiederà ai vescovi una posizione comune, posizione che rischia di non portare a un unanime consenso sulla decisione di renderlo obbligatorio per partecipare alle celebrazioni liturgiche. È quindi altamente probabile che ciascuno vescovo deciderà in modo autonomo per la propria diocesi, e i fedeli italiani si troveranno difronte ad un obbligo che sarà applicato a macchia di leopardo. Non proprio il massimo.

Anche i sacerdoti e i religiosi non sembrano essere messi molto bene.

Alcuni vescovi, in primis quello della diocesi ambrosiana, hanno preteso l’obbedienza per costringere i consacrati, e altri laici ausiliari, a farsi inoculare il siero genico sperimentale impropriamente chiamato vaccino. Molti di costoro sono turbati ed avvertono un serio problema di coscienza.

Non ho molto da dire loro, se non consigliare di pregare e chiedere l’intercessione di un grande santo inglese: John Henry Newman.

Di lui è nota la lettera scritta al Duca di Norlfok nel 1875, ed in particolare il celebre passaggio in cui il santo afferma: «Certamente se io dovessi portare la religione in un brindisi dopo un pranzo – cosa che non è molto indicato fare – allora io brinderei per il Papa. Ma prima per la coscienza e poi per il Papa».

Questa frase Newman la pronunciò in un contesto ben preciso: stava, infatti, analizzando il caso in cui il Papa, dando ordini ma non insegnamenti di fede o di morale, andava oltre la sua autorità. Ai miei amici sacerdoti e religiosi consiglio altri due passaggi della celebre lettera di San John Henry Newman. Il primo è questo: « […] La coscienza non è egoismo lungimirante, né il desiderio di essere coerenti con se stessi, bensì la messaggera di Colui, il quale, sia nel mondo della natura sia in quello della grazia, ci parla dietro un velo e ci ammaestra e ci governa per mezzo dei suoi rappresentanti. La coscienza è l’originario vicario di Cristo, profetica nelle sue parole, sovrana nella  sua perentorietà, sacerdotale nelle sue benedizioni e nei suoi anatemi. E se mai potesse venir meno nella chiesa l’eterno sacerdozio, nella coscienza rimarrebbe il principio sacerdotale ed essa ne avrebbe il dominio».

Il secondo passaggio è il seguente: «La coscienza morale è un giudizio della ragione mediante il quale la persona umana riconosce la qualità morale di un atto concreto che sta per porre, sta compiendo o ha compiuto. In tutto quello che dice e fa, l’uomo ha il dovere di seguire fedelmente ciò che sa essere giusto e retto. È attraverso il giudizio della propria coscienza che l’uomo percepisce e riconosce i precetti della legge divina: La coscienza è una legge del nostro spirito, ma che lo supera, che ci dà degli ordini, che indica responsabilità e dovere, timore e speranza... la messaggera di Colui che, nel mondo della natura come in quello della grazia, ci parla velatamente, ci istruisce e ci guida. La coscienza è il primo di tutti i vicari di Cristo».

È chiaro che se la coscienza è l’originario ed il primo di tutti i vicari di Cristo (espressione testualmente ripresa dal punto n.1778 dello stesso Catechismo), allora il Papa non può che essere necessariamente al servizio della coscienza cristiana.

Quando, invece, le alte gerarchie ecclesiastiche, a cominciare dalla più alta, brucano impropriamente in campi che non appartengono loro, non hanno nessuna autorità e non possono impegnare la coscienza delle anime loro affidate. Persino il Papa, quando parla a titolo privato su questioni che non attengono la fede, la teologia, la morale, avventurandosi in campi in cui non è assolutamente competente, può dire delle emerite sciocchezze. Soprattutto quando le affermazioni riguardino aspetti, come quello dei presunti “vaccini” anti-Covid, sui quali la stessa comunità scientifica non ha un giudizio unanime. Basta leggere la rivista scientifica più prestigiosa del mondo, ossia il BMJ British Medical Journal, per rendersene conto.

Non si può imporre l’obbedienza e mortificare la coscienza cristiana su una simile questione. A maggior ragione quando l’atto imposto per obbedienza si qualifica come oggettivamente immorale, sotto almeno due profili. Primo: farsi inoculare un siero nella piena consapevolezza di non conoscerne gli effetti a media e lunga durata (questo sta espressamente scritto nell’atto di consenso che viene fatto firmare) costituisce un evidente peccato contro la virtù cristiana della prudenza e della giustizia. È vero che si tratta di due virtù ultimamente fuori moda, ma il loro mancato rispetto integra ancora un peccato. Ricordiamo, peraltro, che l’EMA, l’agenzia europea per i medicinali, non ha autorizzato nessun vaccino anti Covid-19, perché ancora in fase di sperimentazione, ma ha semplicemente emesso una CMA, Conditional Marketing Authorization, ossia un’autorizzazione in via del tutto eccezionale all’immissione in commercio – subordinata alla continua verifica del rapporto rischi/benefici – sul presupposto (falso) dell’assenza di possibili cure. 

Secondo profilo morale: la questione dell’utilizzo diretto o indiretto di linee cellulari di feti abortiti per realizzare il cosiddetto vaccino anti Covid-19, pone un indiscutibile problema di coscienza. Al riguardo consiglio vivamente la lettura del saggio Mors Tua Vita Mea – il fine non giustifica i mezzi, che racchiude il contributo di venti interventi da parte di teologi, moralisti, scienziati, medici, giuristi, filosofi e storici.

Tornando al brindisi di Newman, conviene anche ricordare ciò che l’allora card. Joseph Ratzinger scrisse in un articolo intitolato L’elogio della coscienza e pubblicato sulla rivista “Il Sabato” del 16 marzo 1991: «Il Papa non può imporre ai fedeli cattolici dei comandamenti, solo perché egli lo vuole o perché lo ritiene utile. Una simile concezione moderna e volontaristica dell’autorità può soltanto deformare l’autentico significato teologico del papato (…), il quale consiste nel fatto che egli è il garante della memoria cristiana. Il Papa non impone dall’esterno, ma sviluppa la memoria cristiana e la difende. Per questo il brindisi per la coscienza deve precedere quello per il Papa, perché senza coscienza non ci sarebbe nessun papato. Tutto il potere che egli ha è potere della coscienza: servizio al duplice ricordo, su cui si basa la fede e che dev’essere continuamente purificata, ampliata e difesa contro le forme di distruzione della memoria, la quale è minacciata tanto da una soggettività dimentica del proprio fondamento, quanto dalle pressioni di un conformismo sociale e culturale». E sottolineiamo le ultime quattro parole.