Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
MEDIO ORIENTE

Gaza, la guerra continua fra speranze di pace e scandalo Unrwa

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Usa, Qatar, Egitto e Israele parlano di pace. La Cig si pronuncia su Israele ordinando di "prevenire" il crimine di genocidio. Scandalo Unrwa: suoi uomini complici di Hamas.

Esteri 29_01_2024
Sede dell'UNRWA (La Presse)

Accanto alla rabbia diffusa tra la popolazione israeliana per l’atroce attacco dello scorso 7 ottobre, stanno ora montando collera e risentimento nei confronti del governo di Netanyahu, incapace di riportare a casa, dopo 111 giorni, gli ostaggi ancora nelle mani di Hamas. Ma anche tra i palestinesi c’è indignazione per i dispersi che ancora si trovano sotto le macerie delle abitazioni rase al suolo e serpeggiano sconforto e disperazione per la mancanza di cibo e acqua.

Ma soprattutto sta montando l’odio tra i due popoli. Un odio e un rancore molto profondo. Negli ospedali d’Israele dove operano ebrei e arabi, gli israeliani non vogliono più essere curati da medici e infermieri arabi e viceversa. Ma anche nelle università iniziano le tensioni. Quelle forme di coesistenza che prima, in qualche modo, esistevano, attualmente sono scomparse. «Bisognerà lavorare su queste tematiche e il cammino si prevede lungo, lunghissimo – dice il cardinale Pierbattista Pizzaballa, patriarca di Gerusalemme dei Latini -. La guerra scoppia in un attimo. Ora è necessario lavorare, non solo noi cristiani, ma tutti insieme, per una strategia politica e sociale di uscita e farlo il prima possibile».

Però un tenue spiraglio di pace si intravvede. Un documento predisposto dall’amministrazione americana, proprio ieri, è stato discusso nel corso di un vertice a Parigi, con funzionari del Qatar, dell'Egitto e di Israele, su un possibile accordo per fermare temporaneamente l'attacco israeliano e favorire lo scambio di prigionieri.

Ma in questi giorni c’era attesa, e insieme tanta speranza, per la sentenza della Corte internazionale di giustizia, non solo in Israele, Palestina e, naturalmente a Johannesburg, ma in tutto il mondo. I giudici della Corte internazionale dell’Aja hanno pronunciato un primo verdetto, al termine del procedimento che vede coinvolto, come imputato, il governo israeliano, dopo la denuncia presentata dal Sudafrica per genocidio. In questa fase, la Corte ha analizzato la condotta di Israele nei confronti dei palestinesi, in particolare ribadendo il diritto della popolazione di Gaza a non essere vittima di condotte genocide. I giudici dell’Aja hanno, dunque, riconosciuto che Israele deve «prevenire qualsiasi azione» che si possa configurare come un genocidio a danno dei palestinesi, evitare e sanzionare ogni incitamento pubblico che lo solleciti e consentire l'accesso immediato dell’assistenza e degli aiuti umanitari nella Striscia di Gaza.  

Nel corso della lettura della sentenza, la presidente della Corte, l'americana Joan Donoghue, ha citato il coordinatore dei soccorsi d'emergenza delle Nazioni Unite, Martin Griffiths, che ha affermato che Gaza è diventata un luogo di morte e disperazione. Il giudice ha poi aggiunto che nella Striscia 1,7 milioni di palestinesi sopravvivono da sfollati, in un’enclave diventata "inabitabile".

Che Gaza sia diventata un paese fantasma è confermato da un’infinità di immagini e filmati che circola sui mezzi di comunicazione. Ma quel che desta qualche perplessità è che la Corte abbia tenuto conto di alcune relazioni presentate dall’Unrwa, l'Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l'assistenza dei rifugiati palestinesi nel Vicino Oriente, che vede alcuni suoi dipendenti coinvolti nel tragico attacco sferrato dai miliziani di Hamas lo scorso 7 ottobre, in cui rimasero uccisi 1200 israeliani. L’Agenzia, da parte sua, si è affrettata a sottolineare che è stata avviata un’indagine su diversi dipendenti sospettati di essere coinvolti negli attacchi di Hamas e di aver interrotto i rapporti con queste persone. «Le autorità israeliane hanno fornito informazioni all'Unrwa sul presunto coinvolgimento di dipendenti nei terribili attacchi del 7 ottobre in Israele», si legge in un comunicato firmato da Philippe Lazzarini, commissario generale dell'Unrwa. «Per garantire all'agenzia la capacità di fornire assistenza umanitaria, ho preso la decisione di rescindere immediatamente i contratti di questi membri del personale e di avviare un'indagine per stabilire la verità».

La notizia del coinvolgimento di alcuni dipendenti dell'Unrwa ha destato sconcerto e scalpore. Tra i primi a reagire è stato il segretario generale Onu, Antonio Guterres. «Sono inorridito dalla notizia, ho chiesto a Lazzarini di indagare speditamente sulla questione e garantire che qualsiasi dipendente Unrwa, che abbia partecipato o favorito gli attacchi, venga immediatamente licenziato e deferito per un possibile procedimento penale»

In una dichiarazione della Commissione Ue e dell’Alto Rappresentante Borrell si legge invece: «Siamo estremamente preoccupati per le accuse di coinvolgimento del personale dell’Unrwa negli attacchi terroristici del 7 ottobre in Israele. L’Ue ribadisce la sua più ferma condanna degli attacchi dei terroristi di Hamas contro Israele, che non hanno alcuna giustificazione».

Nel frattempo, il Dipartimento di Stato statunitense ha temporaneamente sospeso i finanziamenti aggiuntivi all’Unrwa. Ma anche Italia, Australia, Finlandia e Regno Unito hanno interrotto l’erogazione dei contributi all'agenzia Onu. «Chiediamo all'Onu di assumere azioni immediate contro la leadership dell'Unrwa», ha detto il ministro degli esteri israeliano Israel Katz dopo aver ringraziato i paesi che hanno bloccato i fondi all’Agenzia delle Nazioni Unite. Ed ha aggiunto: «Israele si attiverà in modo tale che l'Unrwa non faccia parte del dopoguerra di Gaza».

Ma il conflitto tra Israele e Hamas continua. Altri 174 palestinesi sono stati uccisi, e oltre 300 sono rimasti feriti, in poco meno di ventiquattro ore. Gli attacchi alle strutture sanitarie continuano, l’ospedale Nasser a Khan Younis, nel sud della Striscia, non dispone più di energia elettrica. Colpite anche le strutture delle molte Ong presenti sul territorio, mentre i convogli degli aiuti alla popolazione non sono in grado di percorrere le strade distrutte dall’esercito. Gli operatori umanitari, dal canto loro, non ricevono garanzie di sicurezza da parte delle autorità israeliane. Una donna palestinese, Hala Khreis, è stata ammazzata dal fuoco israeliano mentre sventolava una bandiera bianca insieme al piccolo nipote.

Il conteggio aggiornato alle ultime ore parla di almeno 26.257 morti e di 64.797 feriti dall’inizio della guerra. «Adesso è necessario che cessino definitivamente i combattimenti e che si trovino altre vie per poter far sì che Hamas e le altre organizzazioni palestinesi si disarmino, e non siano più una minaccia terroristica per gli israeliani, ma anche per i palestinesi stessi», ha detto il cardinale Segretario di Stato vaticano Pietro Parolin.

Intanto numerosi manifestanti, compresi i familiari degli ostaggi trattenuti a Gaza, continuano a protestare davanti alla casa del primo ministro Benjamin Netanyahu, nella cittadina balneare di Cesarea. Ma anche a Tel Aviv, Haifa, Pardes Hanna, Rehovot i contestatori seguitano a esibire le foto dei 136 prigionieri, gridando i loro nomi e chiedendo al governo di “riportarli a casa, subito!”. Nella piazza centrale di Tel Aviv, ribattezzata dopo il 7 ottobre, piazza degli Ostaggi, è stato allestito un tunnel, lungo trenta metri, che riproduce i cunicoli sotterranei nella Striscia di Gaza, dove sono detenuti gli ostaggi; è stata poi predisposta una lunga tavola imbandita: da un lato con piatti, posate bicchieri e fiori, e dall’altro, con resti di cibo e acqua sporca per riprodurre le drammatiche condizioni in cui sono costretti a sopravvivere i prigionieri israeliani. Sabato scorso, a Tel Aviv, sono scoppiati degli scontri con la polizia, quando i manifestanti hanno tentato di bloccare Kaplan street, un'importante arteria, vicino al quartier generale del Ministero della Difesa. Sei dimostranti sono stati arrestati.