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LA STORIA

Gabriella, “giardiniere” di artisti allo scoperta di Dio

Una passione travolgente per il teatro che l’ha portata ai vertici del mondo dello spettacolo milanese. Poi la malattia del figlio e la conversione. Gabriella Gado, attrice, oggi lettrice al Centro San Fedele di Milano, racconta la sua storia di talent scout, di “giardiniere” di artisti tra i giovani che si avvicinano alle scene.

Educazione 06_10_2015
Gabriella Gado, attrice e regista

A 14 anni ne dimostrava diciotto e aveva già un sogno carico di determinazione: recitare. Apparteneva alla categoria degli studenti-lavoratori, si è diplomata alle scuole serali. Contemporaneamente recitava nella Filodrammatica. Insieme a due amici a diciannove anni Gabriella Gado, attrice, oggi lettrice al Centro San Fedele di Milano, ha tentato il Cabaret. In calzamaglia, con i capelli lunghi e tinti di nero, la frangetta e l’immancabile perfetto eyeliner si sentiva Juliette Gréco, l’icona della chanson francese. 

La sera, uscita dal lavoro, si immergeva nella nebbia per arrivare al teatro di Novara dove aveva messo in scena con i suoi amici artisti uno spettacolo satirico, surreale, un po’ alla Cochi e Renato. «Il nostro primo spettacolo ha avuto successo tanto che il proprietario del mitico Derby Club, locale noto per i numerosi artisti che dopo aver cantato o recitato su quel palcoscenico sono diventati famosi, si è interessato alla nostra rappresentazione e ci ha proposto uno scambio: noi una settimana a Milano, loro una settimana a Novara», racconta Gabriella Gado. Il suo entusiasmo era sopra le righe, come la delusione quando la prima sera, rimasti senza luce perché il gestore di Novara non aveva pagato le bollette. Così hanno dovuto interrompere lo spettacolo. «Ero furibonda: non riuscivo ad accettare questo fallimento dovuto a un motivo banale». Allora Gabriella Gado credeva all’onnipotenza del fare che può superare ogni limite, si concentrava sulle sue sole forze, non credeva in Dio e nelle sue infinite strade misericordiose.

Un lieve cambio di rotta: in realtà, però, quanto è successo ha avuto una notevole importanza per la crescita personale di Gabriella. Ha smesso di seguire lo schema mentale che la spingeva ad andare avanti con più impegno e determinazione. Ha cominciato a fare una seria autocritica sul suo modo di recitare, sull’opportunità di approfondire altri stili. Qualche mese dopo ha sentito il bisogno di andare a scuola di dizione e di frequentare l’Accademia per entrare nel professionismo. Segue la recita nel saggio sull’opera Stasera si recita a soggetto di Luigi Pirandello: prepara la parte con la sua maestra Mirton Vaiani, considerata ancora oggi un punto di riferimento importante per chi impara a recitare. É stato un grosso successo: gli operatori del teatro commentarono la recitazione della Gado gridando: questa sì, è una professionista! «Dopo quello spettacolo sono entrata in una compagnia e ho partecipato a vari concorsi vincendoli tutti». Ricorda ancora le emozioni di gioia a Macerata, Pesaro e a Milano dove ha vinto due volte di seguito con La bugiarda di Diego Fabbri. La critica l’ha giudicata una nuova Rossella Falk.

Ha continuato con entusiasmo, sono arrivati altri premi e riconoscimenti fino al party alla Terrazza Martini dove è intervenuto Enzo Iannacci. É entrata al teatro San Babila dove era direttore Fantasio Piccoli e ha recitato con Ernesto Calindri. Ho lavorato al Teatro Litta, recitato con Enzo Tarascio, Carlo Bagno, Paola Borboni. Le è stata anche proposta una tournée con Anna Proclemer e Giorgio Albertazzi e un’altra in America del Sud». Ma Gabriella Gado non amava i compromessi, ci teneva tanto alla sua famiglia, a suo figlio appena nato e con gravi problemi di salute.

Sceglie le quinte piuttosto che le luci abbaglianti del palcoscenico e ha un primo ripensamento spirituale. Era una crisi molto giocata sui sensi di colpa e il desiderio di riscatto attraverso l’espiazione. Era convinta di aver molto peccato nella vita e temeva che il male compiuto potesse ricadere su suo figlio sotto forma di malattia. Allora aveva ripreso a credere, ma il suo Dio era vendicativo, pronto a punire più che a consolare. «Quando la malattia di mio figlio si è risolta con la guarigione», prosegue, «ho ricominciato a lavorare. Sono entrata in Radio Stella e Radio Derby, ho creato insieme a un altro artista i personaggi del Cecco e della Wanda e facendo finta di essere la soubrette ho passato un periodo molto gratificante dal punto di vista professionale. La stagione finisce. Mio figlio si prepara alla Prima Comunione e arriva un altro ripensamento spirituale durante il quale mi accorgo che Amore e Misericordia sono già nella Bibbia!». Dio non è giudice implacabile, ma compagno di vita.

Nell’Antico Testamento ci sono pagine commoventi sull’amore familiare, sulla tenerezza fra genitori e figli. Il Signore si aspetta dalle madri bontà, chiede ai padri di non irritare i loro figli.  Il percorso verso la Prima Comunione l’ha spinta a nuove riflessioni sulla Misericordia di Dio. A 46 anni ha rischiato di morire per un problema cardiaco: quando è stata dimessa dall’ospedale si è accorta che aveva iniziato davvero il cammino di conversione. «Ho promesso alla Madonna che sarei entrata in un gruppo mariano: l’ho fatto e in quella comunità ho avvertito dentro di me un’ulteriore trasformazione». Si è innamorata dell’ebraico, delle origini di Gesù, di Lui, della sua storia. Ha cominciato a fare catechismo. Ma poi casualmente ha provato a mettere in scena la Passione di Cristo con i ragazzi ed è stato un lavoro molto coinvolgente. Ha notato che riusciva attraverso la recitazione a trasmettere in modo più vitale il senso della Parola di Dio. Ora sta insegnando gratuitamente recitazione ai ragazzi della Parrocchia Santa Croce di Milano. Nello stesso tempo collabora come lettrice al Centro San Fedele.

Recitare con i ragazzi è scoprire la fantasia e la pazienza di Dio. «Stando con i giovani mi accorgo di quanto il Signore cominci a operare con creatività e rispettando i nostri ritmi. Alcuni ragazzi facendo gli attori seguono il solco cristiano, altri percorrono vie diverse. Tutti però crescono psicologicamente. Questo significa che non vengono per primeggiare», spiega la Gado. «Vuol dire che non rifiutano la parte data ma cercano di capire perché è adatta a loro. Non solo. Imparano a fare le cose insieme, a superare le proprie paure: timidezza, ma anche arroganza. Dopo qualche mese comprendono che recitare significa impegnarsi, coltivare e donare i propri talenti dando il meglio di sé agli altri». Un percorso di gioia reciproca, un senso di felicità diverso da quello che le trasmettevano gli applausi. Forse, più profondo e incisivo. Adesso Gabriella Gado si sente un po’ un giardiniere che come ricompensa al suo lavoro vede spuntare a ogni stagione nuovi germogli e nuovi frutti. Davvero un regalo di Dio, questo.