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EUTANASIA

Fini cita il Catechismo ma dimentica una frase

Fine vita, in tv il presidente della Camera cita il Catechismo per dimostrare la sua sintonia, ma salta una passaggio decisivo.

Attualità 02_03_2011
fini
Uno dei sintomi tipici della dislessia è quello di saltare le parole mentre si legge, rendendo perciò impossibile la comprensione del testo. Così spiega un qualsiasi manuale familiare di medicina. Dislessia. E’ così che abbiamo scoperto il disturbo di cui probabilmente soffre il presidente della Camera Gianfranco Fini che, intervenendo alla trasmissione tv Otto e Mezzo (su La7) del 28 febbraio, ha citato il Catechismo della Chiesa cattolica a sostegno della sua posizione a favore del testamento biologico.

Rispondendo a una domanda di Lilli Gruber sulla legge che andrà in discussione alla Camera settimana prossima, Fini ha citato gongolante un punto del Catechismo per affermare che esso rispecchia la sua posizione. Si tratta dell’articolo 2278 (erroneamente definito “comma” 2278 da Fini).

Ecco come lo ha citato il presidente della Camera:

“L'interruzione di procedure mediche onerose, pericolose, straordinarie o sproporzionate rispetto ai risultati attesi può essere legittima. Non si vuole così procurare la morte: si accetta di non poterla impedire. Le decisioni devono essere prese dal paziente, se ne ha la competenza e la capacitò, o, altrimenti, da coloro che ne hanno legalmente il diritto, rispettando sempre la ragionevole volontà e gli interessi legittimi del paziente”.

Qual è il problema? Che Fini ha saltato un’intera frase che dà un senso ben diverso da quello da lui voluto. Ecco infatti il testo integrale dell’articolo 2278 del Catechismo della Chiesa cattolica (in corsivo e grassetto la parte saltata nella citazione):

“L'interruzione di procedure mediche onerose, pericolose, straordinarie o sproporzionate rispetto ai risultati attesi può essere legittima. In tal caso si ha la rinuncia all'“accanimento terapeutico”. Non si vuole così procurare la morte: si accetta di non poterla impedire. Le decisioni devono essere prese dal paziente, se ne ha la competenza e la capacitò, o, altrimenti, da coloro che ne hanno legalmente il diritto, rispettando sempre la ragionevole volontà e gli interessi legittimi del paziente”.

La Chiesa dunque specifica che è legittimo il rifiuto dell’accanimento terapeutico, il che non significa avallare il testamento biologico, tanto è vero che in riferimento all’intervento legislativo la Chiesa ha sempre parlato di “regolamentazione del fine vita” e non di “testamento biologico”.

Certo, nel caso si accerti la dislessia, non si può imputare la malafede al presidente della Camera, resta però il fatto che saltando quella riga Fini non ha potuto comprendere appieno il testo.
E’ anche bello che Fini desideri essere in sintonia con la posizione dei cattolici, ma per farlo dovrebbe dire esplicitamente che idratazione e alimentazione non sono terapie, ma attività di sostegno vitale. Cosa su cui al tempo del caso di Eluana Englaro si espresse – e fece - in modo ben diverso. E dovrebbe anche leggersi altri due articoli del Catechismo, che – rispettivamente – precedono e seguono quello da lui citato, così da rendere pienamente comprensibile quale sia l’insegnamento della Chiesa cattolica al riguardo. Li riportiamo integralmente per facilitare il compito: 

2277. Qualunque ne siano i motivi e i mezzi, l'eutanasia diretta consiste nel mettere fine alla vita di persone handicappate, ammalate o prossime alla morte. Essa è moralmente inaccettabile.
Così un'azione oppure un'omissione che, da sé o intenzionalmente, provoca la morte allo scopo di porre fine al dolore, costituisce un'uccisione gravemente contraria alla dignità della persona umana e al rispetto del Dio vivente, suo Creatore. L'errore di giudizio nel quale si può essere incorsi in buona fede, non muta la natura di quest'atto omicida, sempre da condannare e da escludere.

2279. Anche se la morte è considerata imminente, le cure che d'ordinario sono dovute ad una persona ammalata non possono essere legittimamente interrotte. L'uso di analgesici per alleviare le sofferenze del moribondo, anche con il rischio di abbreviare i suoi giorni, può essere moralmente conforme alla dignità umana, se la morte non è voluta né come fine né come mezzo, ma è soltanto prevista e tollerata come inevitabile. Le cure palliative costituiscono una forma privilegiata della carità disinteressata. A questo titolo devono essere incoraggiate.