Effetto Mamdani a Parigi, la sinistra candida Sophia Chikirou
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La fedelissima di Mélenchon in corsa per la poltrona di sindaco della capitale francese in vista del voto a marzo 2026. Una campagna elettorale scoppiettante che fa leva sulla "generazione Gaza" e cavalca l'onda lunga del primo cittadino di New York, musulmano e socialista.
Gli Insoumis - La France Insoumise (LFI), il partito della gauche estremista di Jean-Luc Mélenchon - avevano promesso un colpo di scena da grande spettacolo per le elezioni comunali di Parigi. E i fedelissimi di Jean-Luc Mélenchon hanno mantenuto la promessa presentando Sophia Chikirou, una delle figure più discusse di LFI, come candidata sindaco. «Farà una campagna elettorale da bulldozer», fanno sapere dal suo quartier generale. «Ho raggiunto il livello di maturità necessario», fa eco la Chikirou in persona mentre si presenta ad una Parigi, che la conosce benissimo, iniziando uno dei capitoli più attesi di questa campagna municipale.
Con lo slogan "Nuova Parigi popolare", la deputata 46enne Sophia Chikirou entra nella corsa per la successione ad Anne Hidalgo alla guida della capitale. Il voto è fissato per marzo 2026 e Chikirou punta a intercettare la stessa onda politica che, dall’altra parte dell’Atlantico, ha cavalcato il socialista Zohran Mamdani a conquistare New York. Figura centrale di La France Insoumise, la Chikirou, è una fedelissima di Mélenchon. Secondo gli strateghi di LFI è la persona giusta per guidare la battaglia. È lei ad avere orchestrato le campagne presidenziali di Jean-Luc Mélenchon, e soprattutto quella del 2017 che lasciò il segno: l’idea degli ologrammi, che permisero al leader della gauche di moltiplicare la propria presenza ai quattro angoli della Francia, fu sua. E con l’ologramma di Mélenchon a Parigi, mentre era fisicamente a Lione, ma non soltanto per questo, la Chikirou fu capace di proiettare, per la prima volta, la sinistra estremista con forza verso l’elettorato più giovane.
Di famiglia algerina ma nata in Francia, ottimi studi - almeno in termini di attestati -, Sophia Chikirou è da tempo un volto noto nel Paese: i media la cercano, attratti da una vis polemica che non passa inosservata. Considerata il braccio destro del leader, la persona più ascoltata, secondo molte voci ricoprirebbe persino un ruolo centrale nella vita privata e sentimentale di Mélenchon. E lui non ha mai confermato né smentito.
Durante i momenti più tesi delle elezioni anticipate dell’estate 2024, Chikirou definì “cimici” i socialisti legati a François Hollande, mentre Fabien Roussel, segretario nazionale del Partito comunista e colpevole ai suoi occhi di essersi candidato alle presidenziali del 2022 sottraendo voti preziosi a Mélenchon, venne paragonato ad un collaborazionista con i nazisti.
Come colpo d’apertura della corsa elettorale, la Chikirou si è presentata la scorsa settimana al commissariato del XIX arrondissement per chiedere il rilascio degli attivisti filo-palestinesi che il 6 novembre avevano interrotto, in tre distinti momenti, facendo esplodere fumogeni sugli spalti e cantando slogan antisemiti, un concerto dell’Orchestra di Israele alla Philharmonie di Parigi. È stata praticamente la sola, tra i politici francesi, a difendere i quattro attivisti pro-Pal.
Nell’estate del 2024, Chikirou pubblicò sul suo account Instagram una serie di messaggi per commemorare l’allora leader politico di Hamas, Ismaïl Haniyeh, ucciso a Teheran. «Un martire», scrisse, alla guida della «resistenza» palestinese. La reazione della politica francese fu rigida e d’imbarazzo. «Presentando il leader di un’organizzazione terroristica come un “martire”, responsabile di un’organizzazione di “resistenza” e tacendo sui suoi crimini che hanno deliberatamente preso di mira i civili, Urgence Palestine e Sophia Chikirou intendono ritrarre Ismaïl Haniyeh come un uomo rispettabile, degno di lodi e omaggi eterni», denunciò, poi, l’Unione degli studenti ebrei di Francia (Uejf), che presentò querela per apologia di terrorismo.
Oltre alla questione palestinese, Chikirou non ha mai nascosto un secondo punto di riferimento: la Cina comunista. Negli ultimi mesi ha fatto discutere con alcune dichiarazioni destinate a rimbalzare ben oltre la sfera politica della gauche. In un’intervista, ha sostenuto che il Paese guidato da Xi Jinping non è una dittatura. E, andando oltre, ha aggiunto: «La libertà di espressione in Cina è minacciata tanto quanto quella che abbiamo in Francia». Parole che hanno acceso un nuovo fronte di polemiche attorno alla deputata, confermando la capacità – e la volontà – di muoversi su terreni che pochi, nella politica francese, osano sfiorare.
Lo scorso 24 settembre il suo nome è comparso nel fascicolo dell’inchiesta sui conti della campagna presidenziale del 2017 di Jean-Luc Mélenchon. La magistratura l’ha iscritta tra gli indagati per frode aggravata, nell’ambito dei sospetti – ancora oggetto di verifica giudiziaria – di fatture gonfiate legate alla sua società di consulenza. «È intoccabile», fanno sapere dal suo entourage. «Non ho paura di nessuno. Ormai mi conoscete», ironizza la candidata stessa.
Per ora i sondaggi d’opinione la sostengono ampiamente, attestandola già a intorno al 15%. Nel piccolo panorama politico parigino, molti sono in attesa di vedere cosa succederà. Tra le poche certezze, si prevede che la campagna elettorale di La France Insoumise si concentrerà molto sui quartieri popolari, che a suo avviso sono stati trascurati dalla maggioranza uscente di Anne Hidalgo. Ma sopratutto è previsto che tenterà di intercettare e galvanizzare ancora di più proprio quella «generazione Gaza» che negli ultimi anni ha avuto due capitali in Occidente, New York e Parigi.
All’indomani del 7 ottobre 2023 gli studenti denunciarono subito le responsabilità di Israele. Prima ancora che Netanyahu e l’esercito israeliano rispondessero all’attacco, i campus universitari si erano già trasformati in teatri di protesta: occupazioni lampo, assemblee affollate, imam invitati a guidare le preghiere di studenti arabi radunati nei cortili. Un’ondata che attraversò rapidamente l’Atlantico e raggiunse Parigi, dove lo scenario si replicò quasi in fotocopia. Con un peso ulteriore, però: in Francia, negli ultimi anni, la rabbia rivolta a “vendicare Gaza” ha trovato sbocchi anche nel terrorismo di matrice islamica, rivendicati apertamente in nome della causa palestinese.
La «Generazione Gaza» che ha trovato in Mamdani il leader ideale – musulmano, filo-palestinese e socialista – potrebbe fare lo stesso con la Chikirou. Tanti giovani vedono la concreta possibilità che questa metropoli diventi il «loro» laboratorio, il luogo dove prende corpo un’altra Francia. Ed è già aperto un dibattito nazionale, se la linea Mamdani sia il futuro anche della sinistra francese ed europea. Tant’è che il candidato socialista a Parigi, Emmanuel Gregoire ha chiesto alla gauche di ispirarsi allo slancio di Mamdani «per aprire la strada a una vittoria della sinistra a Parigi nel 2026 contro le destre estreme e reazionarie»
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