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L’ANALISI ECONOMICA

Ecco quali guai ha il mondo per le politiche antinatalità

Mattarella ha ricordato il problema della denatalità, ma cosa sarebbe successo se l’Occidente non avesse deciso di frenare le nascite? Non ci sarebbe stato bisogno di compensarle con iperconsumismo (sempre più a debito), deindustrializzazione e delocalizzazioni. La crisi del 2007 si sarebbe evitata. Non si sarebbe sacrificato il risparmio delle famiglie, ci sarebbero meno sprechi, il tema ambientale non sarebbe divenuto l’urgenza, ecc. Magari ci sarebbero altri problemi: ma non questi.

Attualità 16_02_2020

Il presidente Mattarella ci ha appena ricordato i danni causati dal crollo della natalità. Il governatore della Banca d’Italia ha proposto una soluzione molto realistica: investimenti consistenti immediati, pubblici e privati, per far crescere il Pil e assorbire il debito pubblico.

Ho affrontato più volte il tema natalità sulla Nuova Bussola. Non voglio oggi  ripetermi nel ricordare le origini del pensiero neomalthusiano, riemerso negli anni Settanta concomitantemente al debutto del NOM (Nuovo Ordine economico Mondiale) varato da Kissinger e a talune conclusioni del Concilio Vaticano II. Così ometterò l’analisi dello sviluppo della crisi dagli anni Settanta a oggi. Solo vorrei ricordare che questa fase economica  è stavolta fortemente “ambientalista”, cioè risulta esser molto più preoccupata dell’impatto ambientale, probabilmente per avviare una fase shock di green economy che riaccenda la crescita.

Stavolta vorrei affrontare il tema all’inverso, in modo originale, con la teoria del “SE”. Immaginando cosa sarebbe successo se non fossero state avviate politiche antinatalità. Proviamo, ma con un’avvertenza importante: descriverò solo uno scenario ipotetico. L’economia non è una scienza, una causa non determina mai l’effetto voluto, perché intervengono mille concause. Pertanto questa mia è solo un’ipotesi elaborata a scopo didattico, riformulata sul passato, certo che mai le cose sarebbero andate realmente così, perché sarebbero intervenuti mille altri fattori che avrebbero modificato la storia passata ricostruita su ipotesi.

Certo è solo che, se non si fosse deciso di interrompere le nascite, non avremmo dovuto compensarle con iperconsumismo sempre più a debito, non avremmo dovuto delocalizzare e deindustrializzare in questi tempi e condizioni, non avremmo avuto un invecchiamento della popolazione così drammatico e un gap di popolazione da compensare con migrazioni, non avremmo il problema angosciante del debito pubblico, ecc. Vediamo di ipotizzare ora quale diverso contesto avremmo avuto se il mondo colto e ricco non avesse deciso che: far figli... impoverisce.

Il mondo occidentale (gli USA all’inizio), avendo deciso di interrompere bruscamente la crescita del tasso di natalità (arrivando a crescita zero), avrebbe coerentemente dovuto accettare una crescita zero del Pil, magari solo tentando di utilizzare qualche vantaggio tecnologico per esportare di più. Invece volle far crescere ugualmente il Pil a tutti i costi, ma innaturalmente, grazie all’accelerazione dei consumi individuali, sempre più a debito delle famiglie. Alla fine della guerra fredda (1989) gli USA beneficiarono di quasi un 10% del Pil, non più necessario per gli investimenti nella difesa. Detto surplus, anziché investirlo in “consumismo” per sostenere la crescita del Pil, avrebbe potuto esser investito nel terzo e quarto mondo per accelerare la loro crescita economica ed evitare i rischi successivi di migrazioni. Ma era necessario invece per spingere i consumi a compensare il crollo della crescita delle nascite.

Se ciò non fosse stato, gli Stati Uniti dopo il 2001 (l’attacco alle due Torri e i nuovi investimenti in difesa) non avrebbero avuto bisogno di inventare i “subprime” per  tener su la crescita del Pil americano, le banche americane non avrebbero rischiato di fallire grazie all’eccessivo indebitamento delle famiglie necessario per iperconsumare. E mai saremmo arrivati alla crisi scoppiata nel 2007. Mai, per salvare le banche, il governo USA sarebbe stato forzato a nazionalizzare, di fatto, il debito privato delle famiglie, raddoppiando quasi il rapporto debito pubblico/Pil americano. Mai sarebbe stato necessario collocarlo presso i Paesi sottoscrittori di debito pubblico europeo - italiano, in primis - disintermediandolo grazie a un rating negativo che accrebbe lo spread (mettendoci così in ginocchio).

Se non si fosse deciso di compensare le nascite con consumi, non si sarebbe dovuta fare la delocalizzazione produttiva in Asia, necessaria per reimportare beni ivi prodotti a basso costo e così crescere il potere di acquisto in Occidente. Detta delocalizzazione, così realizzata, ha destabilizzato l’equilibrio geopolitico ed economico mondiale. Ma soprattutto ha deindustrializzato l’Occidente e creato le condizioni per la disoccupazione futura nelle nazioni più vulnerabili per precedenti condizioni sottovalutate. Come l’Italia.

Se non si fosse deciso di stimolare l’iperconsumismo in Occidente e fare la delocalizzazione produttiva (a basso costo e pertanto con meno attenzione al tema ambientale) in Asia, non si sarebbero neppure create le condizioni che han creato il tema ambientale, urgente e prioritario. Certo, i nostri armadi non traboccherebbero di roba mai messa e inutile, molti beni costerebbero di più  perché prodotti “in casa”, ma sarebbero di maggior qualità e noi saremmo più sobri e più attenti alla loro conservazione e allo spreco.

Se non si fosse obbligato il mondo occidentale a iperconsumare, non si sarebbe sacrificato il risparmio (come avvenuto in Italia) per tradurlo in consumi, dimenticando che il risparmio è la materia prima del sistema bancario per fare credito alle imprese, e quindi investimenti per la crescita. Avremmo pertanto banche più forti e, soprattutto in Europa e nel nostro Paese, non si porrebbe così come oggi il problema del debito.

Se non si fosse interrotta la minima crescita della popolazione, questa non sarebbe così in fretta invecchiata (in Italia), creando squilibri sociali ed economici per sostenere il costo (sanità e pensioni) dell’invecchiamento, pagato con il quasi raddoppio delle imposte sul reddito. Con le conseguenze immaginabili sulla diminuzione del potere di acquisto, sulla difficoltà nella creazione di nuove famiglie, sull’esigenza di far forzatamente lavorare entrambi i coniugi.

Probabilmente, se questo ciclo descritto non si fosse concretizzato in questi tempi e condizioni, l’Europa non sarebbe stata forzata a realizzare l’Euro nei tempi e condizioni accelerate e non sempre adeguate, che abbiam vissuto soprattutto nel nostro Paese. L’Italia non sarebbe stata costretta a (mal) privatizzare una massa enorme di economia di Stato e a dover ridimensionare il deficit di bilancio a condizioni a dir poco squilibranti. Forse non ci sarebbe stata Tangentopoli, evitandoci i ribaltamenti politici che abbiam vissuto. La Fiat (e il suo indotto) non sarebbe andata nella situazione di crisi irreversibile, con la fine del protezionismo nel 2000. Avrebbe avuto un po’ più di tempo per riconvertirsi,  quale settore trainante la nostra economia. Non ci sarebbero state le condizioni che hanno portato al  “commissariamento” del Paese nel 2011, con la continua angoscia per cosa potrà decidere per noi Bruxelles domani...

Quella che vi ho proposto è stata un’esercitazione intellettuale. Ripeto, ci sarebbero stati altri imprevedibili problemi, magari altrettanto gravi. Ma non questi.