Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
San Saba Archimandrita a cura di Ermes Dovico
ALLA VIGILIA DEL VOTO

Ecco perché un vero cattolico non può che votare Trump

A spiegare come mai un uomo che ama e vuole seguire la Chiesa deve sostenere il presidente repubblicano è un libro di Austin Ruse, soprannumerario dell'Opus Dei: Trump non ha mai violato una volta la dottrina sociale cattolica, nemmeno in tema di accoglienza e di povertà, oltre ad essersi battuto per i principi non negoziabili (vedi l'aborto) più di ogni suo predecessore. 

Editoriali 03_11_2020

Negli Stati Uniti d’America li chiamano «cafeteria Catholic» e sono un po’ come i «social smoker». Non ci credono sul serio, i secondi nel tabacco e i primi nella dottrina. Sono quelli che immancabilmente scroccano, giusto per stare in compagnia. Gli uni non distinguono una bionda dal trinciato, gli altri nemmeno, e pensano regolarmente con la testa liberal degli altri.

I «cattolici da bar» hanno una serie di chiodi fissi: uno, enorme, è il presidente Donald J. Trump. Ritengono immorale appoggiarlo e immorale in modo speciale che un cattolico lo appoggi. Il punto però è che non sanno nemmeno cosa sia, la morale: quella cosa che, essendo serissima, distingue, con precisione da orologiaio, le immoralità di un uomo che abbia pure la ventura di diventare presidente del Paese più importante del mondo e gli atti di governo di un uomo soprattutto alla guida del Paese più importante del mondo. Poi ci sono i cattolici veri, ovvero quelli che prendono la dottrina sul serio e non a cialde compostabili, tanti dei quali sono, per gli stessi motivi, nemici di Trump. È per tutti questi cattolici in libera uscita che Austin Ruse, cattolico vero, ha scritto The Catholic Case for Trump (Regnery, Washington 2020).

Ruse è il presidente del Center for Family and Human Rights (C-Fam), una Ong conservatrice che monitora e denuncia la cultura abortista e l’ideologia gender nell’ONU e in altri organismi internazionali. È soprannumerario dell’Opus Dei e nel settembre 2016 fu scelto da Trump per il proprio comitato cattolico d’indirizzo. Il suo è uno di quei libri che benedici il Cielo per essere stato scritto. Ridotto all’osso, è l’illustrazione documentata e ragionata dei motivi per cui, il 3 novembre, un cattolico deve votare Trump: non cioè semplicemente può, ma deve farlo. Primo, perché il presidente Trump non mai ha violato la dottrina sociale cattolica. Secondo, perché il suo avversario, Joe Biden, è incommensurabilmente peggio. Terzo, perché il suo avversario è Joe Biden, punto.

Biden è infatti cattolico. Così almeno dice l’anagrafe. Trump no, dice sempre l’anagrafe. Ogni posizione di Biden è però incompatibile con il magistero della Chiesa, anzi contraddice il magistero in modo patente. Biden è dunque estremamente imbarazzante per qualsiasi cattolico. Se Biden non fosse stato cattolico, per un cattolico Trump sarebbe stato comunque la scelta migliore, anzi obbligata, ma quanto meno non vi sarebbe stato scandalo. Questo al netto delle posizioni personali. Qualcuno punta infatti ancora il dito contro il Trump sciupafemmine. Ora, in primo luogo, da quando è diventato presidente, quattro anni fa, Trump non ha dato adito ad alcuna diceria in questo ambito, ma soprattutto il fatto che Biden appaia su questo piano più “pulito” non elimina il fatto, gravissimo, che le sue posizioni pubbliche siano, cattolicamente parlando, e appunto con scandalo, essendo lui cattolico, irrimediabilmente sciagurate.

Per elencare tutto bisognerebbe scriverci un libro, ma, appunto, lo ha già fatto Ruse. Potrà allora bastare qualche esempio. Partiamo da quelli consuetamente additati dagli avversari liberal di Trump e da certi cattolici: la povertà e l’ambiente. Ebbene, la ricetta economica di Trump, fatta anche di riduzioni fiscali, ha prodotto una crescita fermata soltanto dalla crisi del Covid-19. Questo ha prodotto ricchezza diffusa e calo drastico della disoccupazione, che ha raggiunto i minimi storici da un cinquantennio a prima del Covid-19. Come sottolinea Ruse, la disoccupazione è scesa al minimo in specie per gli afro-americani, per i latinos e per le donne, le categorie più svantaggiate, sul serio o nella retorica liberal. La lotta alla povertà è una richiesta della dottrina sociale cattolica e Trump ha risposto superbamente, a meno di non imputare stupidamente a lui la colpa della pandemia diffusasi dalla Cina. Del resto i dati dei giorni scorsi indicano che l’economia americana è nuovamente in rialzo.

Quanto all’ecologia, Trump sta cercando di non sacrificare i grandi risultati economici che hanno fatto bene ai poveri per la woodoo science totalmente imperniata a denunciare l’uomo come il cancro della terra, laddove l’uomo è piuttosto l’unica risorsa possibile per fronteggiare le crisi ambientali. E anche questo è in linea con il magistero, tant’è che nemmeno orientamenti culturali differenti presenti fra uomini di Chiesa e persino presso il pontefice, per quanto diffusi accoratamente, sono mai diventati, giacché non possono farlo, questioni dottrinali.

Un terzo punto è l’immigrazione, ma qui la risposta è facile. Gli Stati Uniti restano il primo Paese del mondo per numero di stranieri accolti e solo uno sguardo molto superficiale può omettere di dire che lo sforzo dell’Amministrazione Trump è sempre stato quello di arginare l’immigrazione clandestina e l’illegalità che essa si porta dietro in tema di droga, violenza, magari terrorismo. Povertà, ambiente e immigrazione sono però priorità assolute soltanto per chi dimentica che prima ci sono princìpi non negoziabili, quelli che non possono mai venire dopo.

Sull’aborto Trump ha infatti fatto più di qualsiasi altro presidente americano, laddove Biden difende l’aborto come un diritto. Trump ha cioè ripetuto le politiche benemerite dei suoi predecessori che si sono spesi per la vita umana nascente (su tutte l’implementazione della cosiddetta «Mexico City Policy», che nega i fondi dei contribuenti americani per il sostengo dell’aborto all’estero), ma le ha anche potenziate, ampliandone la portata, aumentandone il peso e cercando di renderle il più possibile strutturali firmando leggi ed emettendo ordini esecutivi senza precedenti.

C’è una cosa che i liberal e i cattolici da salotto o capatosta non capiranno mai, e Ruse la dice cattolicamente benissimo. Che Trump sia sinceramente antiabortista o no, la sua politica è stata più antiabortista di quella dei suoi predecessori antiabortisti. Aggiunto che probabilmente Trump, da ondivago sul tema che era, è assai probabilmente diventato antiabortista convinto, tutto sta nel suo essere anzitutto un uomo di affari. Nel 2016 strinse un patto con i pro-lifer e, eletto presidente, ha mantenuto il patto. È da businessman, è da persona retta ed è da cattolico. Sicuramente non è da uomo politico, specie ormai in via di estinzione riconoscibile per la memoria corta.

Fa del resto testo la questione gender. Ruse riconosce senza problemi che questo è il territorio per Trump più sdrucciolevole, eppure in pubblico ha sempre tenuto la barra dritta: niente trans nell’esercito, difesa di quella libertà religiosa che negli Stati Uniti è lo scudo principale per fermare le imposizioni gender e fiera opposizione all’«Equal Act», che invece Biden ha promesso di firmare il primo giorno di presidenza qualora venisse eletto, avendolo il Congresso a maggioranza Democratica approvato nel 2019. L’«Equal Act» imporrebbe a un’impresa qualsiasi di assumere anche personale di orientamento opposto a quello del titolare. Per esempio una organizzazione pro life sarebbe tenuta a mettere a libro paga anche un attivista per l’aborto. Basterebbe anche solo questo, dice Ruse, a fare di Trump il candidato migliore possibile.

Si aggiunga poi il minor numero di guerre possibili, con il minor spreco di vite umane immaginabile, come insegna la dottrina sociale della Chiesa, che Trump ha condotto e condurrà, e il fatto che solo lui è riuscito a concludere la pace tra Israele e diversi Paesi arabi. Quanto alla Corte Suprema, punto qualificante decisivo di ogni presidente americano, il libro di Ruse è uscito prima che Amy Coney Barrett venisse eletta al massimo tribunale del Paese, e qui le medaglie di Trump da politiche si fanno istituzionali.

Il libro di Ruse ha però un difetto. Il titolo. Trump è il candidato migliore per qualunque persona abbia a cuore davvero un mondo (visto il ruolo che gli Stati Uniti hanno in esso) un tantino migliore che se venisse eletto Biden più qualche migliaio di vite umane salvate. Era una speranza quattro anni fa, quando il problema era Hillary Clinton, è una certezza da libro di storia oggi alla vigilia di elezioni cruciali. Per questo il bel libro di Ruse è un libro sul serio cattolico.