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E io mi educo il figlio a casa

Genitori che si mettono insieme e organizzano gli studi per i propri figli: è lo home schooling, una via allo studio che negli Usa sta diventando sempre più popolare, anche per sfuggire a programmi statali diseducativi. Parla Shannon Wendt.

Educazione 20_06_2014
Home schooling

da GRAND RAPIDS (MICHIGAN). Proprio accanto alla progressista Chicago (governata dall’onnipresente Rahm Emanuel, ex stratega di Barack Obama) sorge una cittadina a maggioranza conservatrice. È Grand Rapids, nello stato settentrionale del Michigan, sede del cattolico Acton Institute. Si presenta da subito, al visitatore non distratto, come una città costruita attorno alle sue numerosissime chiese. Chiese intese sia come edifici religiosi che come confessioni. Ce n’è di tutti i tipi, anche mai sentite, piccole sette protestanti che ci ricordano, in un microcosmo di poche centinaia di migliaia di abitanti, quanta frammentazione e competizione religiosa vi sia in questo enorme Paese che sono gli Stati Uniti.

A Grand Rapids, nelle comunità di cristiani praticanti, si sta diffondendo un fenomeno ancora sconosciuto in Italia (benché sia legale anche nel nostro Paese): lo home schooling. Cioè la decisione di educare i propri figli a casa propria, lontano da programma scolastici laicisti, dall’inefficienza della burocrazia pubblica e (in molti casi, purtroppo) anche dalla violenza dei compagni di classe. A margine del ciclo di conferenze della Acton University, abbiamo incontrato un personaggio molto significativo e noto (per lo meno negli Usa) nella galassia dello home schooling: Shannon Wendt, giovane madre di cinque figli (già essere giovane e avere 5 figli, in Italia, è una notizia), resa celebre, purtroppo per lei, per una controversia sull'Obama Care: da quando è subentrato il nuovo sistema di assicurazione obbligatoria, ha finito per pagare un premio assicurativo 4 volte più alto. Non il massimo, insomma, per una coppia di giovani con così tanti figli.

In questa occasione, comunque, abbiamo preferito parlare con Shannon dell’esperienza (del tutto positiva) di madre ed insegnante casalinga. Lei ci spiega, prima di tutto che “è anche una questione di numeri. È normale che un’insegnante, per quanto brava sia, non riesca a seguire bene classi con 30 bambini o più”. I figli di Shannon, la più grande dei quali, Trinity, ha 10 anni, “essendo educati in casa, direttamente da me, hanno la possibilità di godere di un programma educativo personalizzato, ritagliato su di loro, sulle loro tendenze e sui loro talenti. Questo è impossibile in una scuola, sia pubblica che privata. Inoltre noi siamo cattolici praticanti e nelle scuole il cattolicesimo è sempre meno rispettato da tutti i punti di vista. Non solo nelle scuole pubbliche, ma anche in gran parte di scuole che sono ormai cattoliche solo di nome. Tutti i valori religiosi sono sterilizzati e nascosti. Nelle scienze si dà per scontato il darwinismo, la creazione non viene insegnata. Ma in generale la religione non viene insegnata. E questo nonostante il cristianesimo sia alla base della nostra storia e della nostra cultura, anche da un punto di vista laico. Assieme al cristianesimo stiamo perdendo una parte immensa della nostra educazione”.

E questo soprattutto da quando, in cambio di aiuti statali sono stati introdotti i Common Core Standard, linee guida sui programma scolastici che “hanno abbassato notevolmente gli standard educativi in tutte le materie fondamentali e soprattutto hanno scoraggiato il pensiero critico degli allievi. Sono standard che prevedono lo studio di libri scientisti, materialisti, consigliano letture di libri con contenuto sessuale molto esplicito. E in generale, a livello locale, stiamo perdendo sempre più possibilità di decidere sui programmi di studio dei nostri figli. Se una famiglia non è soddisfatta dall’educazione dei suoi figli, ha ormai poche probabilità di ottenere ascolto, perché sempre più decisioni gestionali sono prese a livello federale (nazionale, ndr). E questo nonostante il Michigan sia “una sorta di oasi cristiana, circondata da stati laici. Ci sono ancora gruppi di preghiera nelle scuole e insegnanti che vi partecipano. Ma vediamo, tutto attorno a noi, casi di allievi cristiani che devono tenere la fede solo per sé, costretti alla difensiva da un ambiente totalmente irreligioso. Anche qui probabilmente diventerà la stessa cosa. Un motivo in più per fare homeschooling”.

Ma all’atto pratico, come si organizza una scuola casalinga? È un impegno sostenibile? «Oggi è molto più facile di una volta. Sta al genitore trovare il materiale didattico giusto, scegliendo ogni singolo libro, oppure prendendo dei set completi per ogni livello di scuola. Sta alla capacità del genitore e alla sua conoscenza del figlio scegliere corsi più facili oppure più complessi. Ma quel che conta, soprattutto, è il contatto fra famiglie che fanno homeschooling. E con Internet questo è diventato molto più facile e diretto”. Ma una volta che ha deciso di intraprendere questa attività, che tipo di controllo deve subire dallo stato? Ha dovuto registrarsi? Deve sottoporsi a test? “No, sono quasi completamente libera, perché la legislazione del Michigan è molto lasca, in merito. Ma in altri stati le madri educatrici non solo devono registrarsi, ma devono riportare alla scuola locale anche le ore di scuola, la ‘frequenza’ (pur non essendo in classe, ma a casa, ndr) e  il livello di apprendimento dei figli”. Ma un figlio educato in casa dai genitori, come viene accolto, poi, dai college e dalle università? “Sempre meglio. Se prima c’erano difficoltà, oggi chi viene educato in casa è generalmente considerato uno studente ben formato, dotato di maggiore iniziativa individuale, proprio perché ha avuto un programma ritagliato su misura, sulle sue capacità, e ha avuto maggior libertà di iniziativa nella scelta del suo curriculum, contrariamente agli studenti della scuola pubblica che sono tutti uniformati sullo stesso programma di studi”.

Riguardo all’espansione del fenomeno homeschooling, Shannon Wendt ci spiega che “quando ho iniziato, le famiglie che facevano homeschooling si contavano sulle dita di una mano. Adesso sono diverse centinaia, solo in Grand Rapids”.