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BARI

Domenico Di Paola, una storia fra le tante

Domenico Di Paola si prepara a diventare sindaco. Sotto la sua guida, la società Aeroporti di Puglia è cresciuta esponenzialmente. Ma si candida con Forza Italia. E allora si scoprono tantissimi scheletri nell'armadio finora taciuti.

Politica 14_01_2014
Domenico Di Paola

Sei mesi fa, dopo 12 anni alla guida di Aeroporti di Puglia – la società che gestisce gli aeroporti di Bari, Brindisi, Foggia e Grottaglie (Taranto) - Domenico Di Paola lascia il suo incarico. Viene congedato dalla Regione Puglia, maggiore azionista della società, che aveva chiuso il bilancio 2012 con utili in crescita del 10% circa rispetto al 2011. All’aeroporto di Bari i passeggeri, dal 2000 al 2011, sono passati da 1,250 a oltre 3,5 milioni; a Brindisi da 600mila a 2 milioni. Un successo.

Tutti pensano che il manager abbia altre ambizioni, che si manifestano qualche mese dopo, quando viene annunciata la sua candidatura a Sindaco della città di Bari, dove si terranno le elezioni nel maggio del 2014. Tutti, o quasi, in città, apprezzano la scelta, perché stimano il manager. Tanto che lo stesso Sindaco in carica, Michele Emiliano, lo invita pubblicamente ad incontrarlo e a concorrere alle primarie del centrosinistra, «perchè – sostiene - visto che era stato un fedelissimo sostenitore anche politico del Presidente Vendola per molti anni, ero convinto che volesse candidarsi per il centrosinistra e vista la sua risposta positiva ho continuato a pensare che volesse farlo con la parte politica che lui stesso aveva sostenuto per anni sino a quel momento. Ma non ho fatto in tempo a tornare da Pechino che ho appreso che Di Paola si vantava di essere il candidato di Raffaele Fitto. Certo tutto può accadere, ma che un uomo che ne tradisca un altro per mettersi al fianco del suo avversario, possa poi essere riaccolto non è certo una bella storia».

Quindi, dopo il suo allontanamento da Aeroporti di Puglia, la sua decisione di candidarsi a Sindaco e quella di accettare di essere sostenuto dalla coalizione che fa capo a Forza Italia, Di Paola diventa prima di tutto un “traditore”. Ma non basta. Prendendo spunto da un articolo apparso sulla cronaca di Bari de “La Repubblica”, è lo stesso Emiliano, sul finire dell’anno, per primo a svelare che senza quell’articolo «sarebbe stato impossibile per me sapere che l'ex amministratore unico degli Aeroporti di Puglia si era auto-attribuito, senza il consenso dei soci, e mi permetto di dire dunque mentendo sia alla Regione Puglia che al Comune di Bari, compensi aggiuntivi che ne hanno fatto il manager pubblico, ribadisco pubblico, visto che spesso si presenta come un manager e basta, più pagato della storia della Puglia, senza che ve ne fosse alcuna ragione sostanziale. E peraltro privando altri professionisti della legittima aspettativa a ricoprire i ruoli di responsabile della sicurezza degli Aeroporti di Puglia».

Attraverso successive conferenze stampa e interventi sul suo profilo Facebook, il Sindaco rincara la dose, sottolineando in particolare che «in un verbale dell'assemblea della società Aeroporti di Puglia del 2007 (di cui fanno farte anche i rappresentanti del Comune di Bari e della Regione Puglia, n.d.r.), c'è una quadruplicazione del compenso per la funzione di Safety Accountable Manager, prevista dal regolamento Enac, di 70 mila euro lordi per ciascuno degli scali pugliesi, che si aggiungeva al normale emolumento per il ruolo di amministratore, senza che questo particolare bonus fosse stato discusso durante la stessa assemblea». In più, Emiliano contesta a Di Paola «il danaro speso da Aeroporti di Puglia per sorvegliare la sua privata abitazione e i suoi beni».

Come si è difeso da queste accuse l’ex manager? Dicendo che i suoi emolumenti erano stati approvati nelle assemblee della società e che i verbali sarebbero lì a testimoniarlo. Per quanto riguarda la sicurezza privata di cui usufruiva, sostiene che gli era stata imposta dalla security interna dell’azienda, dopo uno spiacevole episodio di cui era stato vittima.

La Regione Puglia, dal canto suo, attraverso un’intervista dell’assessore regionale ai Trasporti, Gustavo Minervini – dopo sei mesi – alla domanda «Sapevate quanto guadagnava Di Paola?», risponde: «No». Poi, incalzato dal giornalista, che dice «Ma c'è scritto nei verbali firmati da voi», aggiunge: «A rileggerli oggi quei verbali con serenità si può affermare che contengono degli equivoci interpretativi che solo oggi alla luce degli elementi acquisiti danno una percezione degli emolumenti del management sostanzialmente diversa da quella che avevamo. Per sintetizzare: noi pensavamo di pagare Di Paola 180mila euro all'anno più il premio di produzione. Non è pensabile che qualcuno guadagni più per un lavoro collaterale che per quello effettivo. Per me Di Paola era l'amministratore non l'accountable manager di Aeroporti». Infine, svela: «Una volta acquisite le cifre effettive della retribuzione raggiunta dall'amministratore, questa consapevolezza è stato uno degli elementi che ha determinato la mancata conferma di Di Paola». Lo avete cacciato per questo? chiede il giornalista. «È uno dei motivi per il quale non lo abbiamo riconfermato».

Da tutto questo groviglio, si comprende che la Regione Puglia, prima ha firmato i verbali relativi agli emolumenti; poi – dopo alcuni anni – ha scoperto di pagare il suo amministratore molto di più di quanto pensasse; infine, si è convinta di doverlo licenziare per questo motivo, ma senza dire pubblicamente perché. Ora chiede al nuovo management tutte le carte, per capire meglio la situazione. Sarà la magistratura ad occuparsi dell’intera questione. Se non agirà in via autonoma, sarà costretta ad intervenire, sia perché Di Paola ha annunciato una querela nei confronti del Sindaco Emiliano, sia perché questi ha dichiarato che vuole portare le carte in Procura.

La vicenda, che in questi giorni anima le discussioni nei “salotti bene” del capoluogo pugliese, è emblematica di come si procede in questo Paese. Dappertutto. Per colpi di ipocrisia. La verità viene fuori solo quando conviene a qualcuno, per colpire l’avversario. Se non c’è questa motivazione, le “coscienze” non si muovono, restano silenti, quasi “incantate”. Tutto si tiene e tutti si tengono. L’un l'altro. Con un corollario: quando tutto “sbrodola”, si delega la magistratura a dipanare la matassa.