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Diabolik, la gente vuole vedere il suo eroe

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Nei film su Diabolik quel che manca è proprio il protagonista. Dei personaggi del fumetto, l’unica azzeccata era Miriam Leone nei panni di Eva Kant. Ginko e Altea, troppo vecchi. Diabolik, nel primo film, era lo spiritato Luca Martinelli, non ancora reduce del trauma di avere dovuto impersonare Mussolini. I due registi, nei successivi film, hanno dirottato su un altro attore che, sì, è bruno e ha l’attaccatura dei capelli a punta. Ma tutto qui.

Cinema e tv 18_06_2025

Ho visto per la terza volta i film su Diabolik: la prima in streaming, tanto ero ansioso, poi su Rai2 e infine su Rai4. Già, è una co-produzione (i film europei li riconosci dalla quantità di sigle nei titoli iniziali). Perché tre volte? E’ presto detto. Sono letteralmente cresciuto con Diabolik, un amore culminato in quell’ormai lontano Carnevale di Viareggio in cui mi presentai vestito come lui (come si può ancora vedere in qualche social). E con tanto di pugnale, così bene imitato che il maresciallo dei CC presente in loco mi si avvicinò per esaminarlo.

Insomma, come da fumetto, indossavo una tuta nera aderentissima che lasciava scoperti solo gli occhi (l’unico problema era andare in bagno, visto che quell’evento si svolge in febbraio e all’aperto). E perché, visto che, nelle storie, tutti sanno che faccia abbia l’astuto criminale? Appunto perché i suoi occhi, grigio-acciaio, magnetici, diabolici, sono ciò che più atterrisce chi li vede. Infatti, io in quel carnevale me li truccai all’uopo, con tanto di sopracciglia lunghe e arcuate. Ed è questa, a mio avviso, la pecca della recente trilogia filmica dei fratelli Manetti, che, come ho detto, ho visionato più volte.

Come ben sanno gli americani, quando proponi sullo schermo il live di un personaggio dei comics, devi essere consapevole che il pubblico vuole vedere lui. Pensiamo al Superman interpretato da Christopher Reeves, che non a caso è rimasto insuperato dal 1978 e ancora tiene banco nell’immaginario. Perché? Perché l’attore era somigliantissimo, sputato, e reso anzi una replica dell’eroe di carta grazie a un sapiente trucco.

Ebbene, nei film su Diabolik quel che manca è proprio il protagonista. Dei personaggi del fumetto, l’unica azzeccata era Miriam Leone nei panni di Eva Kant. Ginko e Altea, troppo vecchi. Diabolik, nel primo film, era lo spiritato Luca Martinelli, non ancora reduce del trauma di avere dovuto impersonare Mussolini (il “male assoluto” per l’”arte” a trazione piddina). I due registi, nei successivi film, hanno dirottato su un altro attore che, sì, è bruno e ha l’attaccatura dei capelli a punta. Ma tutto qui.

Ora, nel fumetto, Diabolik ha il fisico di un campione di nuoto. Dunque, per le scene d’azione si poteva assumerne uno. E poi, perché non truccargli gli occhi? E perché Diabolik nei film indossa banalissimi stivaletti alla caviglia? Boh, sicuramente le ragioni di tutto ciò ci saranno, ma il risultato è un lavoro che non resta nell’immaginario come il già citato Superman, indimenticato proprio per la faccia di chi lo impersonava. Dicevo di essere cresciuto con Diabolik, da cui presi le distanze quando, con scritta in rosso, fece campagna pro-divorzio.

Appresi allora che le sue creatrici erano radical-chic, e che la loro creatura tale rimase anche dopo la loro morte. L’idea, come si sa, gliel’aveva data Fantômas, il feuilleton del duo francese Allain&Souvestre da cui mutuarono Lady Beltham/Lady Kant, Juve/Ginko, Fandor/Gustavo. Nei Sessanta, Diabolik generò una pletora di imitatori a fumetti dai nomi uno più tenebroso dell’altro, che poi si persero per strada e restò solo lui. Segno che il personaggio era indovinato. Proprio per questo, a mio avviso, meritava una cura maggiore. Sì, perché chi va a vedere Diabolik non ci va per vedere le perfomances di Mastrandrea e della Bellucci, né l’accurata ambientazione anni Sessanta. No, vuole vedere il suo eroe. E vuol vederlo così com’è sulla carta.