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ORA DI DOTTRINA / 40 - IL SUPPLEMENTO

Devozione mariana, un test per capire la Chiesa cattolica

La vicenda della conversione di Thomas Howard è esemplare per comprendere il valore della Madonna nella Chiesa e, al contrario, il processo di protestantizzazione cui la Chiesa va incontro quando cresce l'obiezione ai dogmi mariani sulla base di una interpretazione della Sacra Scrittura che esclude la Tradizione. 

Catechismo 09_10_2022

Cattolici lo si diventa giorno dopo giorno. Il percorso della conversione conosce alcuni momenti di particolare intensità e svolta, ma la regola è quella della maturazione graduale. Come le zucche. La grazia irrompe, si vive l’esperienza unica di un cambiamento di vita, ma poi non si finisce mai di aggiustare, sistemare, pulire, raddrizzare. O non si dovrebbe finire mai. Questo lungo e faticoso cammino deve coinvolgere l’intera persona, non solo la sua dimensione morale. Significa veramente lasciare l’Egitto, con la sua lingua, la sua mentalità, i suoi idoli per entrare in una terra nuova e disporsi ad imparare la “lingua di Dio”.

Entrare nella Chiesa cattolica significa essere disposti davvero ad una metanoia, ad un profondo cambiamento del proprio modo di pensare, parlare, percepire. Non si tratta di buttar via tutto il proprio passato, ma di avere l’umiltà di imparare; esattamente come si farebbe se si andasse a vivere in una nazione diversa; con la differenza che la Chiesa è la nostra vera patria, nella quale dobbiamo tornare essendo nati – e spesso cresciuti – in terra straniera. Vuol dire rinasce una seconda volta dal grembo della Chiesa e accettare di essere educati da questa madre.

Fu così anche per Howard. Guidato dalla “dolce luce”, era arrivato a non avere «alcuna difficoltà riguardo alla Messa e neppure al papato». Invece, si arenava «nelle dottrine mariane, soprattutto l’Immacolata Concezione e l’Assunzione. Il nocciolo delle mie difficoltà giaceva nei residui della mia aderenza alla nozione protestante (e non biblica) della Sola Scriptura: e certamente da una simile prospettiva le dottrine mariane sono oltraggiose. “Ma quale versetto del Nuovo Testamento insegna queste cose?” è la domanda che di solito emerge».

Domanda che sempre di più proviene anche da bocche cattoliche, la cui mente ha subito, a volte involontariamente, il processo al contrario di una nuova protestantizzazione: il Verbo non si è fatto carne, ma libro; Cristo non ha fondato la Chiesa, ma una facoltà di esegesi biblica; l’intelligenza della fede cresce non grazie allo Spirito Santo, presente e operante nella Chiesa, ma grazie ai dottorati di ricerca in Sacra Scrittura. Una prospettiva che viene abbracciata in nome di un Vangelo sine glossa, ma che in realtà è un Vangelo non pienamente compreso. In nome della semplicità del Vangelo, si è messo mano alla distruzione di secoli di sviluppo di quanto in quello stesso Vangelo era contenuto come un seme, che doveva essere piantato per produrre il germoglio, l’arbusto e l’albero maturo con i suoi frutti, e non mangiato così com’era.

Vivendo nella Chiesa, Howard comprende sempre meglio che essa «è cresciuta in maniera incommensurabile in spiritualità, geografia, pastorale, dottrina. Voler tornare all’immagine della Chiesa ancora infante degli Atti degli Apostoli […] è desiderare di tornare alla ghianda quando quella che abbiamo davanti è una quercia gigantesca». L’insegnamento dei Padri va nella direzione opposta. Pronti, via! E la Chiesa si trova a dover esplicitare la realtà del mistero di Dio e di Cristo, tirando «in ballo parole molto difficili», che non vogliono essere un’aggiunta alla Rivelazione, ma un approfondimento della sua comprensione. Non è un problema asetticamente teorico, ma la risposta alla domanda fondamentale: chi è colui che noi adoriamo, colui che sacrifichiamo sui nostri altari?

«Ed è in una simile prospettiva che vanno collocate le dottrine mariane – spiega Howard. I Vangeli e le Epistole ci dicono poco su di lei e le notizie biografiche sono altrettanto scarse; tuttavia, nei secoli la comprensione della Chiesa del ruolo senza pari di Maria come il vascello attraverso il quale la salvezza è approdata al nostro mondo, si è sviluppata in maniera graduale e organica».

Howard tocca il problema che è al cuore di molti strappi nella storia della Chiesa, inclusa quella contemporanea. La tentazione è quella, per usare le sue parole, di abbattere la quercia con l’illusione di poterne riavere il seme o la ghianda. Una certa corrente che spinge per “tornare” a Maria, lasciando da parte la Madonna, commette un errore simile, con la precisazione che fin dai primissimi secoli, mai i Padri hanno considerato Maria semplicemente come la mamma di Gesù. E, a ben vedere, nemmeno gli autori del Nuovo Testamento, che non intendono narrare una sua breve biografia, ma vogliono invece codificare il mistero di lei attraverso brevi espressioni che hanno appunto la potenza del seme. Niente di più “naturale” dunque, che nel corso della Chiesa la piccola sorgiva mariologica sia divenuta un ruscello, un torrente ed infine un fiume dalle sovrabbondanti acque. Occorre però avere pazienza, umiltà e amore.

La spinta a considerare Maria come una di noi, come la donna feriale, porta in sé il fascino di capire che l’unione con Dio non passa da grandi imprese umane. Ma porta anche il serio pericolo, ormai divenuto tragica realtà, di considerarla nient’altro che una donna-madre, (forse) più santa delle altre. E questo significa semplicemente tradire la comprensione, pur sempre limitata, di quel che Dio ha compiuto in lei e di quel che Dio ha posto in lei a nostro vantaggio.

Nella memorabile intervista dell’allora cardinale Ratzinger a Vittorio Messori, venivano identificate alcune ragioni dell’importanza della riflessione su Maria Santissima per la vita della Chiesa. Il Cardinale metteva in luce proprio questa: che «la mariologia della Chiesa suppone il giusto rapporto, la necessaria integrazione tra Bibbia e Tradizione. I quattro dogmi mariani hanno la loro base indispensabile nella Scrittura. Ma qui vi è come un germe che cresce e dà frutto nella vita calda della Tradizione così come si esprime nella liturgia, nell'intuizione del popolo credente, nella riflessione della teologia guidata dal Magistero». È esattamente quello che aveva compreso Howard, man mano che accettava di far cadere il presupposto della Sola Scriptura, per entrare nella prospettiva integrale cattolica.