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QUESTIONE EDUCATIVA

Dal corpo ai genitori, come far ripartire i giovani

Dopo i disastri in termini di aggressività e autodistruzione causati da due anni di pandemia, serve che i giovani riscoprano l’Eros, inteso come desiderio di bellezza e vita. Necessari almeno due interventi: la riaffermazione della propria identità corporea e la dimensione affettivo-relazionale. Per quest’ultimo fine bisogna ri-fondare un autentico dialogo genitori-figli.

Educazione 07_01_2022

In un articolo dello scorso 17 dicembre (vedi qui), ho trattato di alcuni aspetti del vissuto attuale degli adolescenti evidenziando come, a seguito delle vicissitudini di questi due anni di pandemia, sia costantemente presente nel loro agire uno stato d’animo improntato all’aggressività e all’autodistruzione. L’ho definita una pulsione di morte, Thanatos appunto, e ne ho indicato le manifestazioni più evidenti, affermando che va necessariamente superata riaccendendo l’Eros, lo slancio per risorgere, l’inquietudine vitale indispensabile per continuare il percorso di definizione del Sé. Considero l’Eros come la nostalgia, la mancanza, il desiderio che stimola verso la bellezza e la vita, addirittura che rende vivi.

Nell’articolo citato ho descritto le manifestazioni di elevata aggressività che connotano gli adolescenti in questo periodo. Ora vorrei evidenziare qualche spunto che possa sostenere e stimolare l’azione educativa dei vari adulti di riferimento: non basta infatti denunciare il disagio dei ragazzi, è importante intervenire fattivamente nel loro percorso di formazione aiutandoli a ritrovare l’energia vitale, unico antidoto contro l’aggressività del periodo. Sono molti gli interventi di affiancamento e sostegno da effettuare e riguardano vari ambiti; mi limito per ora a evidenziarne due: la riaffermazione della propria identità corporea e la dimensione affettivo-relazionale.

È impellente la necessità di aiutare i giovani a recuperare la propria reale dimensione corporale. Non entro nella dibattuta questione se si possa ancora parlare di realtà indipendentemente dalle singole percezioni, se il virtuale abbia la stessa consistenza del reale o se ormai le due dimensioni si intreccino in un mondo onlife. Proprio questo dibattito conferma che gli adolescenti devono ritrovare la loro natura umana non solo mediante l’intelligenza, ma anche tramite la fisicità e la sensibilità affettiva ed emotiva. Aiutiamo quindi i ragazzi a recuperare la dimensione sensoriale che è stata soppiantata dalle azioni e reazioni pandemiche: il gusto e l’olfatto direttamente dal virus, il tatto dal divieto di ogni “con-tatto”, la vista e l’udito imbrigliati dai vari strumenti digitali.

La modalità di relazione che sembra aver preso il sopravvento ha dimenticato che «nulla esiste nell’intelletto che prima non si trovi nei sensi» (Tommaso d’Aquino, De Veritate) e che va integrata da un’azione educativa concreta, che aiuti il giovane a riscoprire intermente la propria natura umana. In questo ambito deve entrare in gioco la creatività, la vivacità, lo slancio degli adulti di riferimento, ciascuno secondo le proprie competenze e “passioni”, perché contagino, virtuosamente questa volta, i ragazzi. L’obiettivo è che i ragazzi stiano bene con il loro corpo, lo apprezzino e se ne riapproprino, avendo chiaro che le relazioni nascono dalla corporeità e non dalla mente.

Ciò è possibile tramite il rientro nella natura in tutte le sue svariate modalità, lo sport, le iniziative ricreative e tutto quanto adulti appassionati sanno sicuramente trovare; indico in particolare le uscite in montagna e l’attività teatrale come due elementi relazionali di grande incisività. Aiutare i giovani a ritrovare e amare il corpo, di cui sono stati espropriati, è la strada più idonea perché evitino di farsi male, di punirsi, di rivolgere l’aggressività verso sé stessi e verso gli altri. Solo se i giovani riusciranno a ritrovare un rapporto di affetto, di comprensione verso la fisicità, “abbracciando il loro corpo” deturpato da tutto quanto successo negli ultimi due anni, saranno in grado di ricomporre l’unità del Sé, quell’interiorità personale che consentirà loro di agire in pienezza nei diversi ambiti della vita.

Accanto alla “riconciliazione” con la dimensione fisica, all’azione per ricostruire un rapporto positivo, pur nelle contraddizioni dell’età, con la propria natura umana, è poi fondamentale sostenere la ripresa di un’attività intellettuale corretta. Resta chiaro che dobbiamo salvare quanto di positivo - secondo me non molto - è emerso dall’esperienza della Dad, ma non dimenticando tuttavia che questi due anni “a distanza” hanno disturbato le conoscenze e le competenze acquisite negli anni precedenti dai ragazzi più grandi e complicato notevolmente l’apprendimento basilare nei più piccoli. Ho già esposto qualche esempio di tali problematiche nell’articolo citato.

Ora voglio accennare a come genitori e docenti possono affiancare gli adolescenti nel percorso di ripresa della propria crescita interiore. I genitori in primo luogo devono riflettere sul fatto che la crisi pandemica non ha fatto altro che mettere in evidenza in modo drammatico - è davvero il caso di usare questo aggettivo - la mancanza di un dialogo educativo sincero, reale e non formale, con i propri figli. La debolezza personale, l’insicurezza sugli interventi educativi, il disordine nel proprio Sé spesso debilitato da un’esigenza professionale tirannica e confuso dalla perdita personale e sociale di valori fondanti hanno da tempo portato i genitori, i padri in particolare, a perdere empatia interiore con i propri figli, a non “sentirli più con il cuore”.

La crisi relazionale da cui scaturisce la sterilità educativa tra genitori e figli si protrae da tempo ed è stata accentuata dalla pandemia e da Internet, che tuttavia non ne sono i primi responsabili, come appare sempre più evidente e ben espresso da vari autori (Alessandro D’Avenia e Matteo Lancini su tutti). È necessario ri-fondare un dialogo vero, nuovo, accogliente con gli adolescenti: la disponibilità dei ragazzi al confronto con i diversi adulti di riferimento è maggiore di quanto si creda; spesso essi ricercano la possibilità di comunicare quanto stanno vivendo nella loro interiorità sofferente. L’“io” adolescente è alla ricerca del “tu” adulto, perché da tale incontro nascano le relazioni educative indispensabili per sostenere la ripresa dello slancio vitale. Ma perché questo incontro avvenga, gli adulti, i genitori in particolare, devono operare un cambiamento radicale della modalità relazionale: gli approcci educativi tradizionali non servono più; già da tempo inefficaci, ora sono stati definitivamente annullati “dal mondo in connessione” del sistema Internet e dalla pandemia.

Oggi bisogna trovare modalità di accoglienza, di disponibilità interiore verso gli adolescenti che possono scaturire solo da un’intima “conversione educativa”, fondata su un dialogo empatico: esso non nasce da nuove teorie psicopedagogiche o da particolari intuizioni intellettuali, ma dalla profondità del cuore. È il momento in cui gli adulti di riferimento devono dare fondo a tutta la loro creatività educativa ed esprimere senza remore il loro coinvolgimento affettivo verso i figli, aprendo nuovi cammini relazionali, sapendo coniugare la comprensione con l’esigenza.

Non esistono percorsi tracciati: ogni ragazzo, come sempre del resto, ha un suo itinerario individuale unico e irripetibile e su questa strada va sostenuto. Oggi come non mai gli adulti devono affinarsi affettivamente, “pensare con il cuore”, dare spazio al dolore, alla sofferenza, accogliere ed abbracciare il proprio Sé lacerato e lasciare che da esso scaturisca l’Eros da trasmettere agli adolescenti attraverso l’ascolto delle loro paure, angosce e dei conflitti interiori che faticano a comunicare. Questo passaggio, questo lasciare spazio al proprio Sé, al “proprio cuore pensante”, ritengo sia la modalità relazionale indispensabile perché i ragazzi si sentano accolti e manifestino le profonde sofferenze che li conducono a Thanatos, all’aggressività autodistruttiva. La relazione genitoriale deve necessariamente diventare intima, scaturire dal cuore ed “erotizzarsi”, essere cioè ispirata e modellata dall’Eros, limitando all’indispensabile quei contatti virtuali che tanto oggi caratterizzano i rapporti genitori-figli.