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I dati

Dal cancro al seno ai costi della 194, il rapporto-verità sull’aborto

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153 milioni di euro in fumo all’anno, la clandestinità che si diffonde, la falsa “contraccezione d’emergenza” e i rischi in aumento per le donne tra pillole e aborti fai-da-te. Ancora, il legame tra aborto e cancro al seno. L’Opa presenta il suo terzo rapporto sui costi dell’aborto indotto.

Vita e bioetica 30_10_2024

Dai costi economici della Legge 194/1978 allo scollamento tra numero di aborti volontari ufficiali e realtà, dalle più note complicazioni post-Ivg fino al maggior rischio di cancro al seno. È un’analisi ricca di dettagli, dati statistici e riferimenti alla letteratura scientifica, quella contenuta nel Terzo rapporto sui costi dell’aborto indotto e i suoi effetti sulla salute delle donne, presentato ieri al Senato dall’Osservatorio permanente sull’aborto (Opa) e intitolato: Tra clandestinità e indifferenza. Tra i promotori: Sibce (Società italiana per la bioetica e i comitati etici), Aigoc (Associazione italiana ginecologi e ostetrici cattolici), Il Cuore in una Goccia, Pro Vita & Famiglia.

Il rapporto aggiorna agli ultimi dati ufficiali, quelli del 2022, il computo totale degli aborti in Italia da quando è entrata in vigore la Legge 194: siamo a quota 5.987.323, di cui 64.703 nell’ultimo anno rilevato. Nel 2022, per la prima volta dal 1983, si è avuto un incremento degli aborti ufficiali rispetto all’anno precedente: sono state interrotte volontariamente il 13% delle gravidanze. In crescita, qui per il terzo anno consecutivo, anche il tasso di abortività totale (indicante il numero di donne che abortiscono almeno una volta nell’arco della vita fertile), stimato dall’Istat in 206 donne su 1.000, ossia più di una su cinque. Sulla base del confronto tra i tassi di abortività storica e la variazione naturale della popolazione dal 1979 (primo anno intero di applicazione della 194) al 2022, gli estensori del rapporto – cui hanno contribuito ginecologi, bioeticisti, docenti di materie giuridiche, economiche e sanitarie – possono concludere che «l’aborto volontario, contrariamente a quanto dichiarato nell’articolo 1 della legge 194, è stato e viene usato in Italia non come extrema ratio in casi drammatici, ma come mezzo di controllo delle nascite».

Ma si può dire comunque che gli aborti volontari, nel lungo periodo, stanno diminuendo? Il rapporto dà una risposta articolata. Innanzitutto, si osserva che la diminuzione tendenziale degli aborti ufficiali «è dovuta in misura significativa al declino della popolazione femminile in età fertile, all’invecchiamento della popolazione e al calo delle nascite». Ma ci sono altri fenomeni salienti, sempre più diffusi negli ultimi anni anche a causa di una propaganda abortista che non informa le donne su rischi e verità scientifiche: 1) gli aborti fai-da-te con le pillole abortive (a base di mifepristone e misoprostolo) acquistate clandestinamente; 2) i cripto-aborti, cioè quegli aborti nascosti, spesso inconsapevoli, legati a quella che è chiamata, ingannevolmente, “contraccezione d’emergenza”.

Riguardo alla prima categoria, il rapporto fa notare la percentuale abnorme di aborti spontanei ufficiali nelle ragazze fino a 19 anni – la classe d’età, dunque, che include tutte le minorenni – che nel 2022 ha raggiunto l’11%. Un dato elevatissimo, com’è confermato dal fatto che «nel 2022 l’incidenza degli aborti spontanei nelle giovanissime [fino a 19 anni, ndr] è stata il 57% più elevata rispetto a quella delle donne della classe di età successiva», cioè dai 20 ai 34 anni, le quali dovrebbero essere soggette naturalmente a un maggior numero di aborti spontanei, in media, rispetto alle ragazze più giovani di loro. Da qui, si deduce che «è molto probabile che una buona parte degli aborti registrati come “spontanei” siano stati in realtà aborti fai-da-te». Le giovanissime che abortiscono in questo modo «dissimulano gli effetti dell’assunzione di prostaglandine come una mestruazione particolarmente dolorosa, sicure che la maggior parte delle volte del tutto non resta traccia». Così, si può riuscire a tenere nascosto l’aborto volontario tanto a casa quanto al pronto soccorso. Non è dunque vero che l’aborto legale ha eliminato gli aborti clandestini, come riconosciuto anche dall’Istat. E il rapporto evidenzia pure le cifre del tutto fuori dalla realtà (su aborti clandestini e morti materne) che gli abortisti e i media compiacenti propagandarono negli anni Settanta per ottenere la legalizzazione.

Riguardo ai cripto-aborti legati alle cosiddette pillole del giorno dopo o dei cinque giorni dopo, il rapporto fa presente che diversi studi, indicati anche nella bibliografia, dimostrano che la “contraccezione d’emergenza” non ha solo un’azione anti-ovulatoria, cioè non tende solo a impedire il concepimento, ma può avere anche un altro effetto, oggi sottaciuto: «(…) in presenza di un embrione già concepito, ha sempre una azione antinidatoria, rendendo l’endometrio inospitale» per l’annidamento dell’embrione stesso, determinandone la morte. Ora, nel 2022, sono state vendute in Italia ben 762.796 confezioni di “contraccettivi d’emergenza”. Dal confronto delle serie storiche e secondo calcoli prudenziali rispetto a quanto rinvenuto in letteratura, l’Opa conclude che «nel periodo considerato [dal 2014 al 2022, ndr], si può stimare che l’uso delle pillole post-coitali abbia provocato più di 280 mila criptoaborti».

Per la prima volta, nel 2022, gli aborti chimici (52,8%), fatti prevalentemente con la RU486, hanno superato in Italia quelli chirurgici (47,2%). Questa tendenza è un’ulteriore smentita del mantra secondo cui l’aborto legale sarebbe per la “salute delle donne”, visto che l’aborto farmacologico, oltre a provocare la morte del bambino nel grembo materno, è fonte di maggiori danni per le madri. Scrive Giuseppe Noia, ginecologo e docente di fama internazionale: «Rispetto all’aborto chirurgico quello farmacologico è 4 volte più rischioso e 10 volte più mortale e aggiunge solitudine a solitudine, accompagnata da eventi imprevisti e cifre importanti di complicazioni a breve e lungo termine». E questi problemi sono destinati ad aumentare visto il progressivo allargamento delle maglie dell’aborto con RU486, spacciato per “facile e sicuro” e sempre più privatizzato.

Di grande interesse anche la parte sui costi di applicazione della 194, stimati – nell’ipotesi mediana, dall’introduzione della legge fino a tutto il 2022 – in 7 miliardi e 290 milioni di euro, pari a una spesa media annua di 153 milioni di euro. Una cifra notevole, tanto più se si considera che «è una spesa improduttiva», che contribuisce all’inverno demografico, sottrae risorse alla vera sanità pubblica e, sopprimendo persone innocenti, tradisce il fine proprio della medicina.

Il rapporto dedica una sezione al “caso Marche”, creato strumentalmente dal fronte pro-aborto con il fine di minare il diritto all’obiezione di coscienza. Diritto che in realtà, come mostrano i dati, non impedisce di abortire né in quella regione né in altre, purtroppo.

Preziosa e particolarmente ricca di citazioni di studi scientifici l’ultima parte del rapporto, che approfondisce il tema del legame tra aborto e cancro al seno, noto in inglese anche come link ABC (Abortion – Breast Cancer). «È la fisiologia del seno che spiega il link ABC (Dolle et al., 2009): interrompere una gravidanza – che tutti riconoscono come fattore protettivo rispetto al cancro al seno se portata a termine – vuol dire interrompere i normali cambiamenti fisiologici del seno che si verificano durante la gestazione. Solo dopo 32 settimane la madre ha prodotto un numero sufficiente di lobuli maturi di tipo 4, resistenti al cancro, che ne riducono il rischio. Per questo motivo anche ogni parto prematuro prima delle 32 settimane lo aumenta o raddoppia». Si riportano poi, tra l’altro, i risultati delle principali metanalisi al riguardo e si risponde alle obiezioni di chi nega il legame tra aborto indotto e maggior rischio di cancro al seno.

Un documento ben fatto (clicca qui per leggerlo), che dovrebbe quantomeno indurre a riflettere.



La storia

«L’aborto e la disperazione. Poi ho incontrato la misericordia»

18_10_2024 Ermes Dovico

L’aborto ai tempi dell’università, il tremendo senso di colpa, una ferita che la tormenta per anni. Nel frattempo la sua fede cresce e si aggrappa al Signore, fino a un ritiro con la Vigna di Rachele. La Bussola racconta la storia di Maria, oggi rinata.

Il report dell'Opa

Cancro, costi salati, solitudine: i dati choc sull'aborto

L'Osservatorio permanente sull'aborto presenta il secondo report sui costi e gli effetti sulla salute della 194. E i dati sono sconvolgenti: ormai il 30% abortisce con RU486; con l'aborto chimico si abortisce sempre più in solitudine, la mortalità è 12 volte superiore. C'è una stretta correlazione tra tumore al seno e aborti. E i costi? Dal 1978 ad oggi ci sono stati 5 milioni e 850 mila aborti per un costo dello Stato di oltre 5 miliardi. Se quella cifra fosse stata investita oggi avremmo una capitalizzazione di 12 miliardi netti. 

I DATI CHOC

Aborto, il conto salato: 5 miliardi per eliminare 6 milioni

25_05_2021 Luca Marcolivio

A 43 anni dall’approvazione, una delle poche certezze è che la Legge 194 è stata un totale fallimento. Pro Vita & Famiglia presenta il primo studio sui costi economici e sociali dell'aborto: spesi circa 120 milioni all'anno. E con l'aborto domestico da RU 486 tornano anche gli aborti clandestini che si diceva di voler eliminare approvando la legge. Nasce un osservatorio permanente sull'applicazione della 194. 
- FIRMARE LA LEGGE? LO STRAPPO DI MALTA di Luca Volontè

VERITÀ TACIUTE

Aborto e cancro al seno, fino al 151% di rischio in più

11_01_2019 Ermes Dovico

Una meta-analisi su 20 diversi studi mostra un rischio di contrarre un tumore al seno dopo un aborto procurato pari al 151% in più. Il fronte abortista si affanna per negare questo legame e, intanto, dagli Usa giunge la notizia che il governatore dello Stato di New York vuole legalizzare di fatto l’aborto fino al nono mese. Con il sostegno di Hillary Clinton.