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IL RAPPORTO ACS

Cristiani perseguitati ma ora anche dimenticati

Si intitola “Perseguitati e dimenticati". E' l'ultimo rapporto di Aiuto alla Chiesa che Soffre. Alle violenze ormai estreme in 13 paesi si aggiunge l'indifferenza dell'Occidente, che rende deludente qualsiasi intervento, soprattutto in Medio Oriente. 

Libertà religiosa 16_10_2017

Si intitola “Perseguitati e dimenticati. Un rapporto sui cristiani oppressi a causa della loro fede tra il 2015 e il 2017”. È stato presentato il 13 ottobre da Aiuto alla Chiesa che Soffre, ACS, la fondazione di diritto pontificio che dal 1947 sostiene la Chiesa con migliaia di progetti umanitari e pastorali. La periodica redazione di rapporti sulla condizione dei cristiani nel mondo, evidenziando quelli in cui i cristiani sono più duramente perseguitati, è uno dei compiti svolti dalla fondazione che è attiva in 146 stati.

Il rapporto appena pubblicato conferma che quella attuale è forse l’epoca in cui i cristiani sono più perseguitati; e che, per numero di persone minacciate, l’avversione anticristiana costituisce oggi la più grave delle emergenze.

Per il periodo considerato, che va dalla metà del 2015 alla metà del 2017, ACS ha analizzato in particolare la situazione di 13 paesi in cui i cristiani patiscono le più dure forme di oppressione, talmente grave in otto da essere classificata “estrema”. In tutti inoltre, salvo due, si è verificato un peggioramento rispetto agli anni precedenti, già peraltro estremamente difficili. Stabili risultano solo l’Arabia Saudita e la Corea del Nord, ma soltanto – spiega ACS – perchè lì le condizioni di vita dei cristiani erano già talmente drammatiche “da non potersi aggravare”.  In Arabia Saudita a patire sono soprattutto centinaia di migliaia di immigrati cattolici, in prevalenza filippini. Benchè re Abdullah bin Abdulaziz avesse permesso ai cristiani di pregare in case private, tuttora sono possibili irruzioni della polizia religiosa in case di cristiani. Inoltre gli immigrati cristiani alle dipendenze di datori di lavoro arabi subiscono indifesi abusi e violenze. Nel 2016, ad esempio, 27 cristiani libanesi sono stati arrestati, e per loro fortuna espulsi senza altre sanzioni, per essersi riuniti a festeggiare l’Assunzione, trovati inoltre con copie della Bibbia proibite nel paese così come qualsiasi simbolo o oggetto religioso. Quanto alla Corea del Nord, come è noto nel paese è proibita qualsiasi forma di devozione, anche pregare e leggere testi sacri da soli, in silenzio, in privato. La minima infrazione è punita con torture, reclusione per anni o a vita in carcere o nei campi di lavoro e, nei casi ritenuti più gravi, con la morte. Circa un terzo dei coreani detenuti attualmente nei terribili campi di lavoro del regime sono cristiani: da 50.000 a 70.000 persone colpevoli solo di credere in Dio.

In nove dei 13 stati considerati i cristiani sono vittime di governi e movimenti islamici. In Iraq e in Siria lo Stato Islamico creato da al Baghdadi nel 2014 ha costretto centinaia di migliaia di cristiani all’esilio, sradicando intere comunità che solo da pochi mesi, nei territori liberati, possono tentare di reinsediarsi. In Egitto a mettere in pericolo la minoranza cristiana è la crescente influenza del fondamentalismo religioso, come ha ricordato il patriarca di Alessandria dei Copti Ibrahim Isaac Sidrak, in Italia nei giorni scorsi ospite di ACS. In Iran, Turchia e Sudan, paesi anch’essi a maggioranza islamica, la minaccia proviene da governi ostili che si servono di qualsiasi mezzo per sradicare il cristianesimo: in Sudan, ad esempio, accampando tra l’altro leggi di pianificazione edilizia per ordinare l’abbattimento di chiese e altri edifici di proprietà di cristiani e vietando la costruzione di nuove strutture.  

In Pakistan la minoranza cristiana sperimenta sia l’intolleranza di una parte della popolazione influenzata dal fondamentalismo insegnato in migliaia di scuole coraniche sia la violenza governativa, espressa ad esempio nella legge sulla blasfemia che prevede sanzioni severe, fino alla pena di morte, per chi offende l’Islam.   

In India a perseguitare i cristiani sono i nazionalisti indu, rafforzatisi nel 2014 con la vittoria elettorale del partito nazionalista, il Bharatiya Janata Party. Da allora gli estremisti indu hanno moltiplicato attentati e aggressioni, quasi sempre impuniti grazie alla complicità di funzionari, politici e forze dell’ordine. I cristiani nel 2016 hanno subito 365 atti di violenza. Nel 2017, da gennaio a maggio gli episodi di violenza sono stati 316.

Benché la minaccia del gruppo islamista Boko Haram sia stata notevolmente ridimensionata, anche in Nigeria la condizione dei cristiani è peggiorata per effetto dell’intensificarsi delle incursioni dei pastori di etnia Fulani, islamici, che attaccano spesso villaggi di agricoltori, prevalentemente cristiani e animisti, a scopo di razzia. In Nigeria, come in tutta l’Africa, il fattore religioso è esasperato dall’appartenenza etnica, tradizionale causa di divisione, ostilità e conflitto.

“Perseguitati e dimenticati”. La responsabilità delle sofferenze inflitte ai cristiani ricade su governi e movimenti ostili. Tuttavia ACS con questo titolo ha voluto ricordare che le persecuzioni dei cristiani sono rese possibili anche a causa della “quasi totale indifferenza” dell’Occidente per la loro sorte, che in parte spiega l’insuccesso o i risultati parziali, deludenti degli interventi attuati, soprattutto in Medio Oriente.