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STRATEGIE

Covid e no vax, trappola Pd per il Centrodestra

Leggendo il programma della coalizione Berlusconi-Salvini-Meloni si ottiene l'impressione che su green pass, futuri lockdown e vaccinazioni non vi sia una differenza con il centrosinistra. Per questo il Pd getta lo stigma no vax sulla destra: per ridurre la possibilità che la coalizione nemica si faccia condizionare dal radicalismo dei partitini antisistema, sui quali essa non vorrà certo appiattirsi.

Editoriali 20_08_2022

La macchina da guerra elettorale della sinistra difende a spada tratta le proprie politiche anticovid attuate nello scorso biennio. Il sistema dei media amici scende in appoggio. La tesi è che «se avessero governato Salvini e Meloni nel 2020 quante migliaia di decessi in più avremmo avuto?». Queste sono le parole di Enrico Letta nell’ambito della manovra giornalistica andata in onda ieri su La Repubblica sotto il titolo generale di prima pagina Destra no vax. Lo scopo di questa mobilitazione delle portaerei mediatiche integrate nel sistema, soprattutto Repubblica e Stampa, è naturalmente elettoralistico e riguarda strategicamente sia l’alleanza nemica sia i nuovi piccoli partiti no vax e no green pass nati in queste ultime settimane. La destra viene spinta a ridurre la sua diversità rispetto a quanto i governi Conte e Draghi, con il convinto sostegno del PD, hanno fatto nei due ultimi anni, anche per differenziarsi dai nuovi piccoli partiti che su questo sono più radicali. 

Si sa che il tema Coronavirus avrà un certo impatto sul voto. C’è una società civile in mobilitazione su questo argomento. La cosa è anche dimostrata dal numero di nuovi partiti che nel loro programma partono proprio dalla valutazione – per tutti loro negativa o addirittura disastrosa – del biennio in questione. È interessante notare che, seppure in modo diverso tra loro, questi partiti (o partitini, questo lo si vedrà) non si limitano all’argomento delle politiche anticovid, non sono monotematici, ma da lì partono per riconsiderare l’intera gamma dei problemi italiani non solo del momento ma anche in prospettiva di lungo termine. Italexit di Gianluigi Paragone, Vita di Sara Cunial, Alternativa per l’Italia di Adinolfi e Di Stefano considerano il biennio covid non come un incidente di percorso, ma come l’esplosione di molti altri mali, per esempio la collocazione geopolitica dell’Italia, la sua dipendenza da molti soggetti forti sovranazionali, la crisi della democrazia, la deformazione della Costituzione, le minacce ai diritti, alla vita e alla famiglia. A questi partiti affermano di aderire medici che hanno combattuto in prima linea durante l’epidemia contro le linee del governo come Frajese per Italexit e Montanari per Vita. Indipendentemente dall’esito della loro partecipazione al voto, comunque essi costituiscono un fatto politico per la radicalità della loro posizione contro la politica vaccinista e perché toglieranno dei voti alle due parti.

Ora, la nuova strategia mediatica della sinistra su questi temi, ieri inaugurata da Repubblica, mira ad impedire che la radicalità di molte proposte di questi nuovi partiti condizioni la controparte di centro-destra spingendola a farvi concorrenza. Accusando il centrodestra di cinismo e di rappresentare un pericolo per la difesa della popolazione dalle varianti pandemiche se andasse al potere dopo il 25 settembre, la propaganda di sinistra vuole indurre la controparte ad abbassare i toni sull’argomento, differenziandosi così dai toni molto più barricandieri dei neo-partitini.

Il voto degli scontenti Covid potrebbe andare sia ai piccoli partiti sia al centrodestra. Se va ai piccoli partiti, per la sinistra non c’è un grosso problema sia perché questi partiti, ammesso che riescano a raccogliere le firme necessarie per partecipare al voto, potrebbero anche non superare lo sbarramento del 3 per cento, sia soprattutto perché toglierebbero voti prevalentemente all’opposizione. Allora è conveniente che ai partitini sia concesso di fare la voce grossa, tanto molto lontano non andranno, e che, nel contempo, si carichi la coalizione di opposizione della responsabilità di una sottovalutazione della pandemia, per indurla a non distanziarsi troppo dalle politiche già attuate finora dai governi illuminati.

Nei giorni scorsi, alcuni osservatori, tra cui Marcello Veneziani, facevano notare che il pericolo maggiore che potrebbe correre il centrodestra è di finire per non differenziarsi troppo dalla sinistra, di fare sì qualche proposta innovativa ma senza tracciare una linea netta di demarcazione, di rimanere dentro i confini di quanto oggi è ritenuto politicamente corretto. Ed infatti, leggendo il programma della coalizione Berlusconi-Salvini-Meloni questa impressione la si ottiene, specialmente, ma non solo, nel campo delle politiche sanitarie anticovid. Per esempio, non si legge nessuna promessa di non rinnovare più il green-pass, di dare la preminenza alle cure piuttosto che alla vaccinazione, nessuna volontà di far sentire la propria voce critica presso organismi internazionali come l’OMS che hanno strumentalizzato la crisi, perfino nessun appoggio alla proposta di una commissione parlamentare d’inchiesta.

Una coalizione di destra così moderata non può che far piacere alla sinistra di Letta e compagni. Anzi, loro la vorrebbero ancora più moderata e per questo operano per gettarle addosso lo stigma di rappresentare una preoccupante minaccia per il futuro del contagio. Nello stesso tempo riducono la possibilità che la coalizione nemica si faccia condizionare dal radicalismo dei partitini, sui quali essa non vorrà certo appiattirsi.