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ITINERARI DI FEDE

Così i raggi di Maria abbagliarono i nemici della fede

La chiesa di Santa Maria della Vittoria ha le sue origini nella battaglia del 1620, quando l’esercito cattolico sconfisse il nemico luterano nei pressi di Praga. Il merito della vittoria fu attribuito alla Vergine: da una sua immagine scaturirono raggi dorati che abbagliarono gli avversari, costringendoli alla fuga.

Cultura 10_10_2015
La facciata della chiesa di Santa Maria della Vittoria a Roma

L’8 novembre 1620, presso Praga, l’esercito cattolico sconfisse il nemico luterano nella cosiddetta Battaglia Bianca. Il merito della vittoria, più che alla baldanza dei soldati, fu attribuito all’intercessione della Vergine per il tramite del cappellano delle truppe che sul campo mostrò un’immagine di Maria con il Suo Bambino dalla quale scaturirono raggi dorati che abbagliarono gli avversari, costringendoli alla fuga.  Il padre, un carmelitano scalzo, trasferì solennemente questa icona nella chiesa romana del suo ordine religioso, allora dedicata a San Paolo e da quel momento intitolata a Santa Maria della Vittoria. Il dipinto originale andò perduto nelle fiamme di un incendio e sostituito con una copia oggi nella raggiera al centro dell’altare maggiore.

La facciata della chiesa di Santa Maria della Vittoria, il cui titolo cardinalizio fu eretto da Papa Pio VII nel 1801, fu divisa su due ordini e conclusa da timpano triangolare sulla sommità da Giovanni Battista Soria che per essa scelse di utilizzare il travertino. Il progetto dello spazio interno, perfetto esempio di barocco romano, considerata l’esuberanza di marmi, stucchi e fregi che lo decorano, è firmato dal celebre architetto di origini ticinesi Carlo Maderno. Gian Domenico Cerrini affrescò sulla volta che ricopre l’unica navata Il trionfo della Vergine sulle eresie e, nella calotta della cupola, l’Assunzione di Maria. Per le tre cappelle che si aprono su ciascun lato fu concesso lo jus patronatus a nobili famiglie affinché si impegnassero ad impreziosire il proprio altare. In esse, infatti, si conservano preziose opere d’arte. 

Il Domenichino è l’artefice degli affreschi e della pala d’altare della cappella di San Francesco d’Assisi. Al Guercino fu affidato il dipinto della Santissima Trinità dell’omonima cappella, dove si conserva, anche, il ritratto del cardinale Berlinghiero Gessi di Guido Reni. Lo scrigno più prezioso, dal punto di vista artistico, è, senz’altro, la cappella Cornaro, nel transetto sinistro. La Transverberazione, ovvero la trafittura del cuore, di Santa Teresa d’Avila è lo spettacolare gruppo scultoreo qui conservato sull’altare maggiore. Gian Lorenzo Bernini, tra il 1647 e il 1652, traducendo in marmo un brano degli scritti della Santa, fu il sommo artefice di quest’opera considerata dalla critica il suo capolavoro plastico. Bernini aumentò la profondità della parete di fondo su cui aprì una finestra dai vetri gialli. 

La scena, cui assistono i membri della famiglia committente disposti su illusionistici palchi laterali, è occupata da una Teresa in estasi, adagiata su una vaporosa nuvola, cui un angelo trafigge il cuore, mentre su entrambi scende una cascata di raggi di bronzo dorato. Santa Teresa di Gesù, o Teresa d’Avila, riformatrice delle monache e dei frati dei Carmelitani Scalzi, fu proclamata Dottore della Chiesa  da Papa Paolo VI nel 1970. Da santa madre Chiesa è celebrata il 15 ottobre.