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IL LIBRO

Contraddizioni e imparzialità: quei testimoni non autorevoli

Quali sono gli indici di inattendibilità dei testimoni e quindi di esperti, case farmaceutiche sui vaccini? Proprio come se dovesse imbastire un processo l'avvocato Fulvio Di Blasi ne fa un elenco sostanzioso che si sviluppa su tre direttrici: scarsa conoscenza dei fatti e dei dettagli, contraddizioni e parzialità. Il risultato è un libro: "La morte del Phronimos. Fede e verità sui vaccini anti Covid".

Cultura 26_02_2022

Un giudice e alcuni testimoni. Cosa c’entrano queste figure con il Covid e i vaccini? Si potrebbe rispondere “molto” a dar retta a Fulvio Di Blasi, filosofo del diritto e autore di “La morte del Phronimos. Fede e verità sui vaccini anti Covid” (Phronesis editore), testo che è il secondo di un trittico dedicato ai vaccini (il terzo volume non è stato ancora edito). Di Blasi costruisce una metafora efficace: il giudice è la nostra coscienza, i testimoni sono i vari esperti, le case farmaceutiche, le agenzie dei farmaci, le autorità governative e i media da cui in questi due anni abbiamo attinto le informazioni sul Covid e sui vaccini.

Di Blasi, che è anche avvocato, allora verifica l’attendibilità dei testimoni, così come dovrebbe fare un giudice in un’aula di tribunale. In questo contesto pandemico o epidemico, che dir si voglia, solo grazie a testi affidabili, e quindi virtuosi (phronimos è l’uomo virtuoso, saggio, prudente secondo Aristotele), possiamo conoscere la verità sul virus e sui vaccini. Se il teste è credibile allora potremo avere fiducia in lui. Se invece le fonti non sono attendibili non potremmo mai arrivare a conoscenze certe. L’operazione che compie l’autore, al netto di toni spiccatamente partigiani e di alcune prospettive eccessivamente biografiche, ci sembra riuscita, seppur la conclusione a cui arriva non può che essere amara: in giro di testimoni attendibili, di phronimoi di cui fidarsi ce ne sono pochi.

Quali sono gli indici di inattendibilità dei testimoni e quindi di esperti, case farmaceutiche, etc? Di Blasi ne fa un elenco sostanzioso che qui possiamo riprodurre solo in modo parziale.

In primis abbiamo la scarsa conoscenza dei fatti e dei dettagli. Questa pecca si può declinare in almeno due circostanze: l’esperto non si aggiorna sui dati più rilevanti, posto che comunque un aggiornamento completo sul tema covid e vaccini è pressoché impossibile, o l’esperto pontifica su materie non di sua competenza. E così abbiamo il virologo che discetta di politica e l’epidemiologo che ci vuole spiegare l’art. 32 della Costituzione sulla libertà di cura.

Seconda spia che ci dice che il teste non è attendibile: le contraddizioni. Ciò si verifica soprattutto quando il teste articola argomentazioni sbugiardate da fatti acclarati e quando entra in contraddizione con proprie affermazioni fatte nel passato qualificate da lui stesso come incontrovertibili (lo scienziato serio può legittimamente formulare mere ipotesi che quindi sa che potrebbero essere soggette a revisione nel futuro. Toni apodittici, invece, sono sempre fuori luogo). In merito al primo aspetto, l’autore ricorda le parole di Draghi nella conferenza stampa del 22 luglio 2021 riguardo al Green Pass: “la garanzia […] di ritrovarsi tra persone che non sono contagiose […] è una misura che dà serenità”. Affermazione che poi venne smentita successivamente dai dati: i vaccinati possono anch’essi trasmettere l’infezione (G. Kampf, COVID-19: stigmatising the unvaccinated is not justified, in The Lancet, 398/10314, p. 1871, Nov. 20, 2021).

Terzo indice: distacco e imparzialità del teste. Se il ricercatore è gravato da particolari conflitti di interesse perché ad esempio lavora per una casa farmaceutica che ha prodotto un tal vaccino allora non è credibile. Su questo aspetto l’autore puntualizza: “Se Pfizer o Moderna pubblicassero un articolo su una rivista scientifica concernente la sicurezza di un vaccino che dà loro ricavi di 3-5 miliardi, come reagirebbero gli studiosi alla dichiarazione sul conflitto di interesse?”. Un altro caso di conflitto di interessi potrebbe essere il seguente: “Uno dei problemi è che spesso gli scienziati chiamati a valutare gli effetti dei farmaci dopo l’approvazione sono gli stessi che ne avevano valutato l’approvazione”.

Parere autorevole poi sul conflitto di interessi che grava anche su chi pubblica su riviste scientifiche è quello di Marcia Angell, editore del The New England Journal of Medicine, una delle riviste scientifiche più prestigiose al mondo: «Non è semplicemente più possibile credere a gran parte della ricerca clinica pubblicata o fare affidamento sul giudizio di medici di fiducia o su linee guida autorevoli della medicina. Non traggo piacere da questa conclusione, che ho raggiunto lentamente e con riluttanza nei miei due decenni da editore del The New England Journal of Medicine» (Drug Companies & Doctors: A Story of Corruption, in The New York Review, 15/01/2009). Sulla stessa frequenza d’onda un articolo di Richard Smith, per tredici anni direttore del British Medical Journal – altra rivista scientifica assai prestigiosa - dal titolo: “Le riviste mediche sono un’estensione del braccio commerciale delle aziende farmaceutiche” (PLoS Med, 2(5), e138, 17/05/2005).

Naturalmente il testimone mendace non è affidabile, così come quello che ha una memoria selettiva. A questo proposito di Blasi sottolinea come il numero degli studi per arrivare all’autorizzazione al commercio dei vaccini siano assolutamente maggiori rispetto al numero degli studi dopo che il vaccino è entrato in commercio, nonostante “le persone da coinvolgere e i dati potenzialmente disponibili sarebbero enormemente maggiori”. Una differenza di trattamento a dir poco sospetta.

Un buon giudice poi, per verificare l’attendibilità del testimone, esamina anche il suo spessore morale. Uno spacciatore, un malvivente, un pluricondannato per reati gravi può non essere attendibile. Di Blasi su questo aspetto si domanda: “Che tipo di statura morale hanno le case farmaceutiche? […] Si parla di 35,7 miliardi di dollari di risarcimento per frodi su sanità e farmaci in 24 anni. Come dire che l’industria farmaceutica mette in bilancio ogni anno per risarcimenti da frode più di 1,5 miliardi”.

Sempre inerente alla condotta morale del teste, di Blasi racconta questo episodio: “A fine agosto 2021, FDA approvava in via definitiva il vaccino della Pfizer molto prima dei tempi previsti per il completamento degli studi clinici previsti ed evitando, per la prima volta, di convocare il Comitato consultivo indipendente.

Questa scelta generava molta sfiducia e anche reazioni energiche di gran parte del mondo scientifico. Ovviamente, si temeva che il Comitato bocciasse un’approvazione che serviva molto al governo Biden. […] In seguito a quell’approvazione, un gruppo di scienziati comprendente anche accademici di Yale, Harvard, Brown e dell’Università della California di Los Angeles (UCLA), chiese a FDA i dati utilizzati per l’approvazione e su cui FDA si era sempre impegnata ad agire con la massima trasparenza. Dopo più di un mese di silenzio da parte di FDA, quel gruppo di scienziati decise di agire in giudizio, sulla base della legge americana sulla trasparenza degli atti amministrativi (Freedom of Information Act - FOIA), per ottenere l’accesso ai dati richiesti. […] Dopo tre mesi, FDA ha risposto proponendo al giudice di rendere i documenti disponibili a rate di 500 pagine al mese, che, moltiplicato per 329.000 pagine, implica un accesso amministrativo agli atti in un periodo di quasi 55 anni”.

Un altro elemento di attendibilità è dato dalla mancanza di conoscenza diretta del fatto per cui si è chiamati a testimoniare (testimone de relato). Ad esempio, spesso si afferma che i dati che provengono dalla case farmaceutiche vengono poi vagliati dalla varie agenzie del farmaco (Food and Drug Administration - FDA, Ema, Aifa, etc.) e quindi dovremmo stare in una botte di ferro. L’autore però si domanda: “Di che cosa sono testimoni esattamente queste agenzie? Rispetto agli studi pre-autorizzazione, sono tecnicamente testimoni de relato sui vaccini. Ad un ipotetico giudice, potrebbero dire solo ciò che, attraverso i documenti delle domande di autorizzazione al commercio, hanno appreso dalle case farmaceutiche. […] Difficilmente possono rilevare l’esistenza di frodi sul prodotto o sui numeri e risultati dei test ed esperimenti. Il rapporto tra le agenzie e le case farmaceutiche si svolge in gran parte in un clima fiduciario in cui le agenzie danno per buoni i documenti e i dati che vengono loro presentati”.

Inoltre, ci possono essere conflitti di interesse in capo alle agenzie di sorveglianza come nel caso della FDA che è finanziata, seppur indirettamente, anche dalle case farmaceutiche. E gli scienziati? Non potrebbero loro verificare la veridicità dei dati provenienti dalle case farmaceutiche? “Nessun altro gruppo di ricerca potrà realmente verificarla per tanti motivi, tra cui i limiti imposti dal segreto industriale, la mancanza di accesso diretto ai dati e la mancanza di risorse sufficienti. Le case farmaceutiche tengono tendenzialmente segreti anche i dati sui test clinici”.

Detto tutto ciò è bene sottolineare questo distinguo: un testimone non attendibile non significa che certamente dice il falso, ma significa che certamente non possiamo sapere se dice il falso o il vero. È dunque un teste da escludere nel processo alla pandemia.