Consenso informato, la scuola ascolta i genitori
La circolare interna di una scuola primaria umbra: per rispondere alle richieste dei genitori sul consemso informato tutti gli insegnanti devono dettagliare scrupolosamente gli inviti per le iniziative extracurricolari. Una vittoria dell'Associazione Articolo 26, tra i promotori del Family Day.
“Per rispondere adeguatamente alle richieste di consenso informato formulate da un gruppo di genitori, tutti i docenti delle scuole dell'infanzia e primaria nell'illustrare come di consueto, i percorsi progettuali che intraprenderanno durante questo anno scolastico, avranno cura, di dettagliarne i contenuti e i materiali, indicando l'eventuale presenza di esperti, l'uso di libri e di altro materiale e se trattasi di attività curriculari o extra curriculari”. Quanto riportato dalla circolare n. 34 di una direzione didattica della provincia di Perugia è la dimostrazione plastica che i genitori possono ottenere dalla scuola chiarezza e trasparenza riguardo ai contenuti delle attività a cui partecipano i proprio figli.
Il documento inviato lunedì scorso ai docenti delle scuole primarie e dell’infanzia non è frutto di un braccio di ferro tra la dirigenza scolastica e le mamme e i papà degli alunni, ma di un dialogo portato avanti dai delegati umbri dell’Associazione Articolo 26 – aderente al Family day – con la direzione didattica, alla quale sono state presentate centinaia di firme a sostegno di un consenso informato collettivo.
Una strategia vincente che ha evitato la dispersione di una preoccupazione diffusa in tante singole domande di consenso informato ed ha raccolto le istanze dei genitori in un’unica richiesta portata avanti a livello regionale, provinciale e in tutti i distretti dov’era presente almeno una famiglia aderente alla formulazione del consenso informato.
La circolare aggiunge alcune indicazioni che non lasciano spazio a fraintendimenti anche riguardo ai materiale didattico utilizzato: “Dovrà, inoltre, essere indicata, se necessaria alle attività, una rosa di pubblicazioni a cui si potrebbe fare riferimento durante lo svolgimento delle varie attività, in base alle tematiche progettuali prescelte, comunicandone i titoli e gli autori”. “L'esaustiva informazione e la condivisione dei percorsi formativi con le famiglie – chiosa il documento - , concorrono a realizzare, nello spirito della Legge 107 , la sinergia fra le varie componenti del processo educativo che permette di parlare di "comunità educante" nel rispetto di tutti e nella garanzia di tutela della libertà di operare delle scelte da parte delle famiglie per quanto riguarda le attività extracurriculari”.
“Abbiamo incontrato dirigenti disposti ad ascoltarci e che hanno convenuto sul fatto che alla scuola spetta quella che alcuni educatori hanno definito un’antropologia debole mentre alla famiglia un antropologia forte – spiega alla Nuova BQ il delegato umbro di articolo 26 Elisabetta Mazzeschi -. In altre parole la scuola propone un approccio sui diversi temi che deve poter accogliere i punti di vista della singole famiglie che hanno il primato educativo sulle scelte dei propri figli”.
Insomma, genitori e dirigenti hanno trovato un punto di incontro sul principio che la lotta alle discriminazioni e il rispetto tra i sessi non possono essere promossi impattando sull’identità dei bambini e dei ragazzi contraddicendo l’intervento educativo della famiglia.
A tal proposito la vice-presidente nazionale di Articolo 26 Chiara Iannarilli parla di “risveglio dei genitori alla partecipazione”, mamme e papà che chiedono con azioni collettive di veder riconosciuti i propri diritti (in Friuli sono state appena raccolte 2300 firme per il consenso informato) e dall’altra parte – riferisce Iannarilli - si vedono le prime risposte in positivo dalle scuole e dalle direzioni scolastiche.
Il successo dell’iniziativa in Umbria rimanda all’attesa per la pubblicazione delle controverse linee guida del Ministero dell’Istruzione per l’applicazione del comma 16 della ‘Buona scuola’, quelle sulla lotta alle “discriminazioni di genere” che sono state ampiamente anticipate lo scorso luglio anche sulla nostra testata e che in alcuni controversi passaggi proponevano una palese decostruzione dell’identità sessuata.
Appare evidente, quindi, che se non verrà riconosciuto a livello nazionale l’istituto del consenso informato su questi temi sensibili per la formazione antropologica degli alunni, sarà messo a rischio il fondamentale patto educativo tra scuola e famiglia che con fatica si sta costruendo in diverse realtà locali.
I dirigenti provinciali più sensibili hanno mandato un messaggio chiarissimo al ministro Giannini e alla commissione che sta elaborando il documento. Il consenso informato e il primato educativo dei genitori non possono essere riconosciuti a macchia di leopardo, lasciando la loro applicazione al buon senso dei singoli distretti scolatici. Infine la vicenda umbra insegna anche il riconoscimento del consenso informato non è necessariamente fonte di contrastato e di diffidenza tra le famiglie italiane il personale scolastico.