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La sentenza

Congedo di paternità per lesbica, la Consulta cancella la realtà

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La Corte costituzionale, dando torto all’Inps, ha stabilito che la “madre” intenzionale all’interno di una coppia lesbica ha diritto al congedo di paternità. Un ossimoro che dimostra come – ignorando la legge naturale – tutto crolla.

Vita e bioetica 23_07_2025
Riunione Corte costituzionale 11 aprile 2025 (LaPresse)

A maggio la Corte costituzionale aveva stabilito, con la sentenza n. 68/2025, che la “madre” intenzionale che aveva avuto un bambino tramite eterologa all’interno di una coppia lesbica, ossia la donna che non aveva partorito, dovesse essere riconosciuta come genitore a tutti gli effetti. Se questa è la premessa, alle conclusioni ci arriva anche un bambino: tutti i diritti e prerogative previsti dal nostro ordinamento in capo ai genitori si possono e si devono applicare anche alla “madre” intenzionale, dato che giuridicamente è un genitore.

Dunque la sentenza n. 115 della Consulta, depositata lo scorso 21 luglio, che riconosce il diritto al congedo obbligatorio di paternità (sic!) alla lavoratrice “madre” intenzionale in una coppia lesbica, non può sorprendere. Non sorprende nemmeno l’ossimoro in cui incappano i giudici: il congedo per il padre è riconosciuto in favore di una donna. Non stupisce perché ormai siamo abituati al fatto che i giudici, in specie quelli della Consulta, non sappiano più riconoscere la realtà per quella che è, anche quando è la stessa lingua italiana ad urlarlo loro con tutto il fiato che ha in corpo.

Torniamo alla sentenza. Nel maggio del 2023 la solita associazione Rete Lenford – Avvocatura per i diritti Lgbti+, a cui si è associata la Cgil Nazionale, fece ricorso presso il Tribunale di Bergamo affinché il congedo di paternità fosse riconosciuto anche alla donna non madre biologica in una coppia lesbica, nonostante le resistenze dell’Inps. In quell’occasione l’Inps perse: secondo quanto ordinato dai giudici, l’Istituto di previdenza avrebbe dovuto modificare il suo portale. Infatti quello stolto del sito Inps, nel momento in cui la donna non madre biologica inseriva il suo codice fiscale per richiedere il congedo di paternità, rifiutava la richiesta, proprio perché una donna non può essere padre.

L’Inps giustamente non si arrese e si rivolse alla Corte di Appello di Brescia. Questa a sua volta si rivolse alla Corte Costituzionale e quest’ultima – come ha reso noto lei stessa – ha dichiarato «costituzionalmente illegittimo l’articolo 27-bis del decreto legislativo numero 151 del 2001 nella parte in cui non riconosce il congedo di paternità obbligatorio a una lavoratrice, genitore intenzionale in una coppia di donne risultanti genitori nei registri dello stato civile». Il congedo può essere richiesto solo da quelle coppie lesbiche tutelate dalla sentenza n. 68: una coppia di donne che hanno avuto un bambino tramite eterologa effettuata all’estero, in un Paese che ritiene legittima la pratica, e che, grazie alla sentenza stessa, sono iscritte entrambe come genitori nei registri dello stato civile, l’una perché madre biologica, l’altra perché – è questo il pensiero della Consulta – ha condiviso il progetto di genitorialità tramite fecondazione eterologa.

La Corte poi tiene a precisare che «l’orientamento sessuale […] non incide di per sé sulla idoneità all’assunzione di tale responsabilità. Risponde all’interesse del minore, che ha carattere di centralità nell’ordinamento nazionale e sovranazionale, vedersi riconoscere lo stato di figlio della madre biologica, che lo ha partorito, e di quella intenzionale, che abbiano condiviso l’impegno di cura nei suoi confronti. […] Ed è ben possibile […] identificare nelle coppie omogenitoriali femminili una figura equiparabile a quella che è la figura paterna all’interno delle coppie eterosessuali». Un mammo o una babba, vedete voi.

Eliminato il riferimento alla realtà, insieme alle sue leggi naturali, tutto crolla. Se l’uomo non è fatto per la donna e viceversa non si può che accettare l’omosessualità. E se si accetta l’omosessualità, non si possono che accettare le relazioni omosessuali e quindi le coppie omosessuali. Accettate queste ultime, non si può che equipararle alle coppie etero, coniugate o non, riconoscendo a loro tutti i diritti dei genitori, sposati o meno che siano. Questa catena ideologica di riconoscimenti non si deve spezzare, nemmeno quando, ancora una volta, la realtà ci ricorda, prove scientifiche alla mano, che un bambino per crescere bene ha bisogno di un padre e di una madre, non di una madre e di una madre intenzionale o ipotetica, un surrogato di madre, una madre di fantasia o di desiderio. Alla fine il punto di vista sposato dai giudici non è quello del minore, bensì quello dei maggiorenni e maggiorenni omosessuali, casta sociale e politica intoccabile.

Va da sé che, riconosciuto il congedo di paternità, non si potranno che riconoscere in capo alla “madre” intenzionale anche tutti gli altri diritti legati alla genitorialità, in primis le decisioni sui figli in ambito sanitario e scolastico. Poi, assecondando il principio secondo il quale il sesso è ininfluente quando si parla di figli e in accordo al principio di reciprocità, accadrà che anche il “padre” intenzionale all'interno di una coppia gay maschile farà valere i suoi diritti perché se una donna può essere “padre” così anche un uomo potrà essere “madre”. E dunque, ad esempio, il compagno non padre biologico, così come il padre biologico, potrà chiedere il congedo di maternità per le lavoratrici (cinque mesi obbligatori).

E va da sé che la Legge Cirinnà sarà la prossima norma a subire le attenzioni particolari della Consulta. Infatti in quella legge i diritti delle coppie gay unite civilmente sono i medesimi delle coppie etero sposate, eccetto per i diritti genitoriali. La Cirinnà non legittimava l’omogenitorialità, sebbene avesse aperto varchi immensi per la sua legittimazione giurisprudenziale. Ma dato che ora ci ha pensato la Consulta con la già citata sentenza n. 68 a riconoscerla, il prossimo passo sarà mettere mano a quella legge per equiparare sul versante della genitorialità le coppie omosex, unite civilmente o no, con le coppie etero, sposate o no.

Come invertire la rotta? La salvezza non verrà dalle sentenze, né dalle leggi, né dalla politica. La salvezza verrà da Cristo: solo una cultura informata dalla fede farà aprire gli occhi su questi abissi. Solo il radicale mutare della coscienza collettiva, generato da una fede condivisa, potrà porre le premesse per una inversione ad U. In sintesi: fino a quando la Chiesa benedirà le coppie gay (vedi Fiducia supplicans), come possiamo aspettarci che anche i giudici non le benedicano?