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CUORE E PAROLE

Brodoloni: la lotta delle mamme contro il cyberbullismo

Di bullismo e di cyberbullismo si muore. Ce l’ha dimostrato tragicamente quest’anno scolastico, già segnato da alcuni tragici suicidi. Paola Brodoloni racconta l'attività di prevenzione condotta nelle scuole dalla sua Onlus, nata da tre giornaliste e mamme circa dieci anni fa.

Famiglia 28_01_2013
Paola Brodoloni, fondatrice e presidente di Cuore e Parole Onlus

Di bullismo si muore. Ce l’ha dimostrato tragicamente quest’anno scolastico, già segnato dal gesto disperato di quattro ragazzi. A dimostrazione del fatto che la vergogna e la solitudine, purtroppo, sanno vincere la forza di chiedere aiuto a qualcuno di più grande. 
Eppure queste storie rischiano di lasciarci atterriti e impotenti, mentre il coro degli specialisti punta il dito su chi avrebbe dovuto fare qualcosa, ma non si era accorto di nulla.
Anche se non fa notizia, però, c’è ancora chi crede nella prevenzione e lavora da anni in questo senso. È la storia di Paola Brodoloni e di due giornaliste e mamme che, come lei, hanno voluto fare qualcosa per combattere la piaga del bullismo, del cyberbullismo e delle dipendenze tra i giovani.

Signora Brodoloni, com’è nata l’idea di dare vita a Cuore e Parole Onlus?

È nata sul campo, condividendo l’esperienza scolastica dei nostri figli circa dieci anni fa. Ci siamo rese conto infatti che loro, così come tutta la generazione dei cosiddetti “nativi digitali”, vivono tra la pressione mediatica che promuove le nuove tecnologie e l’eterna lotta contro il progresso della comunicazione.
Ma la strada per prevenire un uso scorretto di qualsiasi mezzo di comunicazione è la formazione e l’informazione, anche degli insegnanti.

Quali sono gli obiettivi che vi siete poste?

Innanzitutto, la prevenzione diretta di bambini e ragazzi nella scuola, quel contenitore di idee e di spunti dove per elezione si plasmano le prime convinzioni e si orientano le prime scelte. 
Di bullismo purtroppo oggi si parla fin dalle scuole d’infanzia. Per questo vogliamo trasmettere ai bambini e ai ragazzi il rispetto delle regole, dell’ambiente, del prossimo, nella vita reale e quotidiana, tra i banchi di scuola, nelle strade e nell’universo del web. Per farlo chiediamo una collaborazione ad alcune voci autorevoli della cultura italiana e usiamo lo stimolo creativo indotto dalle competizioni artistiche ideate dall’associazione.

I soggetti a cui vi rivolgete quindi sono i ragazzi? 

Direi di sì. I nostri concorsi creativi sono aperti a tutte le scuole d’Italia e, tra l’altro, sono stati insigniti del premio di rappresentanza del Presidente della Repubblica. Ai docenti dei bambini e dei ragazzi iscritti viene messo a disposizione gratuitamente tutto il materiale formativo che li supporti nel guidare gli studenti nel processo creativo ed educativo. 
Negli ultimi tre anni, con il progetto “Scelgo io!”, abbiamo poi voluto allargare il nostro raggio d’azione anche alle famiglie. Abbiamo voluto usare lo strumento del questionario, non tanto per un interesse di tipo statistico, ma per sensibilizzare e suscitare nei genitori alcune domande. 

Ma come si può combattere il cyber-bullismo? 

Secondo noi è un problema di formazione, ma soprattutto di corretta informazione. Evitiamo facili allarmismi: i ragazzi vanno preparati alla vita, non spaventati. Insegnare loro i rischi dovuti a comportamenti scorretti è solo un lato della medaglia. Nell’altro lato, quello più positivo e propositivo, ci sono tutti i vantaggi delle scelte socialmente responsabili.
Non sempre però i docenti hanno le risorse e il tempo per affrontare questi temi in classe. Ed è da questa esigenza che l’associazione ha mosso i suoi primi passi.

Secondo lei un genitore dovrebbe vietare l’uso dei social network ai propri figli?

Chiariamo subito: l’utilizzo dei social network è interdetto dalla legge ai soggetti inferiori ai 13 anni. Detto questo, è fondamentale che la famiglia accompagni il figlio nella scoperta del web, indicandone le finalità di scambio positivo, ma allo stesso tempo preparandolo ad affrontare i rischi, dai pop-up e link sospetti e dallo spamming fino a tutto ciò che è più grave, ovvero cyber-stalking, fishing, e così via. In buona sostanza, i genitori dovrebbero insegnare ai figli a muovere i primi passi su internet, nell’ottica di un’attività educativa, così come si insegna loro ad andare in bicicletta.

Quali sono le cose da evitare assolutamente?

Sicuramente l’accesso autonomo a internet e ai social network prima dell’età consentita dalla legge, così come l’utilizzo di smatphone e tablet durante l’infanzia. Se si decide di non imporre questo veto, è indispensabile affiancare i figli nell’utilizzo di questi strumenti, ad esempio creando un profilo Facebook condiviso da genitore e figlio.

A chi si può rivolgere un genitore che si accorge di non avere le conoscenze adeguate per vigilare sui propri figli?

Se ha un problema di disagio, a Milano abbiamo la fortuna di poter contare sull’Ambulatorio dedicato all’interno dell’Ospedale Fatebenefratelli, che è dotato uno sportello di dialogo con personale specializzato in adolescentologia. 
All’interno della Divisione di Pediatria Cuore e Parole sta attrezzando un’area che ospiterà video-proiezioni e laboratori creativi ed esperienziali per i bambini degenti e per gruppi scolastici, workshop formativi per ragazzi e adulti e gruppi di auto-aiuto per adolescenti e genitori in difficoltà. Oltre a questo, l’associazione dà piena disponibilità ad ascoltare le esigenze di ragazzi, famiglie e scuole e indica loro possibili soluzioni. Per fare questo abbiamo anche un indirizzo dedicato (aiuto@cuoreparole.org ndr).

Domani a Milano, parlerete però di lotta alle dipendenze con gli studenti delle secondarie. Come affronterete l’argomento?

La prevenzione dell’abuso di alcolici e di sostanze stupefacenti tra i giovani ci sta molto a cuore. Tratteremo il tema da un punto di vista medico, psicologico e formatico. Ma a parlare sarà soprattutto la preziosa testimonianza di Giorgia Benusiglio, sopravvissuta miracolosamente al coma epatico provocato da mezza pastiglia di ecstasy all’età di 17 anni. 
I ragazzi devono sapere quali sono i rischi reali del consumo di droga. Anche perché nessuno glielo dice più.