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INTERVISTA ESCLUSIVA

Azuaje Ayala: «È il socialismo che ha distrutto il Venezuela»

Alla vigilia dell'incontro con il Papa dei vescovi venezuelani, il presidente della Conferenza episcopale denuncia la gravissima situazione economica ed umanitaria provocata dal regime socialista. Gravi ripercussioni anche per la Chiesa che, pur privata di preti e religiosi e delle sue risorse, non cessa di servire il suo popolo.

Esteri 11_09_2018
Monsignor Azuaje Ayala

Da giovedì 6 giugno a sabato 15 settembre, i vescovi venezuelani svolgono la tradizionale visita Ad Limina Apostolorum, un evento di grande importanza. L'ultima volta che i vescovi venezuelani sono stati insieme in Vaticano è stata infatti nel 2009 sotto il pontificato di Benedetto XVI, ora Papa emerito. Dopo 9 anni più di quaranta vescovi ritornano dunque, ma in una situazione sociale ed ecclesiale molto diversa, quando il Venezuela si trova in una situazione di collasso generale, cosa mai accaduta nella sua storia.

Per capire la realtà del popolo venezuelano e il servizio della Chiesa in questo contesto così difficile, La Nuova BQ ha parlato in esclusiva con il presidente dell'episcopato, l’arcivescovo di Maracaibo mons. José Luis Azuaje Ayala. L'attuale situazione del Venezuela sarà l'argomento principale dell’incontro tra l'episcopato e Papa Francesco, che si tiene oggi, martedì 11 settembre, alle 10.30 del mattino.

Perché il Venezuela si trova al collasso? «Tutto è in crisi perché è stato imposto un modello politico diverso da quello previsto dalla nostra Costituzione nazionale. Sebbene i governanti siano arrivati al potere attraverso la via elettorale, nell'esercizio di esso hanno distorto il modello politico offerto inizialmente, utilizzando la persona come un mezzo per imporre un'ideologia, chiamata socialismo rivoluzionario (Socialismo del XXI Secolo). Si tratta di un’ideologia in cui l'essere umano non è al centro, è un mezzo, uno schiavo, è lì e serve come uno strumento per realizzare tale ideologia. È contro la dignità umana».

È questo modello politico che ha fatto sprofondare il Venezuela nella più grave crisi della sua storia: il sistema produttivo del Paese è fallito e l'iperinflazione ha generato la migrazione forzata di circa 2,3 milioni di venezuelani, secondo le statistiche delle Nazioni Unite (aggiornate fino a giugno). «Dall'annuncio delle recenti misure economiche - afferma il presule - molte aziende, molti negozi hanno chiuso i battenti. L'inflazione è fuori controllo e l'acquisto di materie prime è impossibile a causa della mancanza di valuta estera. Pertanto i mercati sono andati in crisi e il settore industriale ha perso la sua capacità di operare».

L’arcivescovo di Maracaibo descrive poi le terribili conseguenze per i venezuelani, che devono fare i conti anche con la grave mancanza di servizi pubblici. «In tutto il Venezuela c'è crisi energetica. Ai cittadini manca elettricità, acqua potabile, trasporto pubblico e anche il settore sanitario è paralizzato. In Zulia, ad esempio, abbiamo blackout costantemente e questi blackout durano 14, 24 e 48 ore. Eppure lo Zulia era una delle regioni più importanti del Paese per la presenza del petrolio, ma oggi non ha più capacità di sviluppo.

La crisi ha anche colpito la Chiesa venezuelana. «Non abbiamo risorse, purtroppo il settore educativo e sanitario che la Chiesa ha sotto la sua responsabilità ha subito un collasso con il pacchetto economico imposto da Maduro. Non siamo contrari all'aumento dei salari, siamo contro una politica economica malata, che non produce nulla; anche il governo stesso non ha possibilità di far fronte all'aumento del salario (del 3.600%)», afferma.

Monsignor Ayala poi sottolinea come in Venezuela «i poveri aiutano i poveri»Pertanto ha spiegato che «con la riconversione monetaria e l'aumento di stipendio, senza una struttura economica favorevole, non vi è alcuna possibilità di servire le persone come vorrebbero. Ci sono molte limitazioni. Questi sono problemi molto delicati e molto difficili che dobbiamo risolvere».

Ma il problema non è solo economico: il lavoro pastorale in Venezuela ha subito un grave deterioramento a causa dell'esodo di massa dei venezuelani, che ha destrutturato le équipe apostoliche e pastorali. Allo stesso modo, il deterioramento della salute dei sacerdoti è evidente, con poche possibilità di trovare medicine e un gran numero di religiosi e religiose che ha dovuto lasciare il Paese, senza avere possibilità di sostituzioni.

«C’è un grave deterioramento fisico e psicologico dei nostri responsabili pastorali». Il presidente dell’episcopato venezuelano spiega che «tanti sacerdoti hanno gravi problemi di salute; diversi ordini religiosi missionari hanno dovuto chiudere le comunità e tornare al loro paese di origine, portando di conseguenza all'abbandono delle comunità parrocchiali, poiché non ci sono sostituzioni a breve termine. Ci sono diverse comunità religiose femminili, in particolare colombiane e spagnole, che hanno dovuto lasciare il Venezuela per problemi di salute (a causa della mancanza di farmaci) o perché il governo non rinnova il visto e non hanno il permesso di rimanere nel paese. Ciò implica che importanti opere di educazione e salute e opere missionarie vengano abbandonate».

Per l'arcivescovo di Maracaibo, la demoralizzazione che soffre il popolo venezuelano è la conseguenza più grave. «In Venezuela si vive in un conflitto permanente, che porta chiunque alla depressione: le immense code per fare benzina o per comprare qualsiasi prodotto colpiscono la dignità umana. Tuttavia non possiamo pensare che quello che accade in Venezuela sia qualcosa di fortuito: tutto è pianificato e sfortunatamente sta dando risultati. In questo difficile panorama c'è una rinascita della sfera religiosa. Il venezuelano si aggrappa a Dio attraverso la Vergine, perché Dio non ha lasciato il Venezuela. Dio è qui con noi, soffrendo con quello che soffre, agendo con quello che agisce. Ma noi venezuelani dobbiamo chiederci se siamo contenti di questa situazione e dobbiamo reagire secondo la risposta della nostra coscienza», conclude.