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IL "DECRETO MASCHERINE"

Aria da coprifuoco, irrazionale e incostituzionale

Dopo l'ordinanza di Speranza sulle mascherine a orario variabile continua imperterrito lo sfregio allo Stato di diritto ed alla Costituzione, la quale, com’è noto, sancisce che le libertà fondamentali degli italiani debbano godere di una protezione totale attraverso la previsione di una riserva assoluta di legge. In un clima che oscilla tra la farsa e la tragedia andiamo verso un provvedimento di coprifuoco il cui unico precedente nella storia appartiene a poco prima della fine della guerra. 

Editoriali 19_08_2020

Strano Paese il nostro. Si sta avviando verso una dittatura da operetta in un clima che oscilla tra la farsa e la tragedia. L’ultima intemerata del ministro della Salute Speranza ne è un evidente esempio. Costui ha deciso quanto segue: «a) è fatto obbligo dalle ore 18.00 alle ore 06.00 sull’intero territorio nazionale di usare protezioni delle vie respiratorie anche all’aperto, negli spazi di pertinenza dei luoghi e locali aperti al pubblico nonché negli spazi pubblici (piazze, slarghi, vie) ove per le caratteristiche fisiche sia più agevole il formarsi di assembramenti anche di natura spontanea e/o occasionale; b) sono sospese le attività che abbiano luogo in sale da ballo, discoteche e locali assimilati, all’aperto o al chiuso». Per far capire, poi, chi comanda davvero è stato aggiunto un secondo comma: «Relativamente ai punti a) e b) non sono ammesse deroghe con ordinanze regionali».

Quattro considerazioni su questa ennesima sciagurata iniziativa.

1) Grazie a Dio, il numero dei decessi dovuti a Covid-19 negli ultimi tre giorni risulta essere bassisimo: la media è di quattro morti al giorno. Se questo dato si paragona ai 600 morti al giorno dovuti ad infarto o a problemi cardiologici, e ai 500 morti al giorno per tumore, si ha l’esatta dimensione dell’emergenza. Il punto è che se oggi qualcuno si permette di evidenziare questa semplice verità basata su dati, viene immediatamente bollato come «negazionista». Aggettivo che, essendo usualmente utilizzato per coloro che mettono in discussione i dati reali dello sterminio degli ebrei, rende ancora più infame chi osa contestare l’emergenza. Siamo ancora una volta di fronte a quello che i tedeschi chiamano “Totschlagargumente”, e che potremmo definire come un artificio retorico che tenta in un colpo solo di liquidare moralmente l’avversario in modo da eludere le sue argomentazioni. Il fine è quello di evitare ad ogni costo un confronto onesto e razionale sulle idee, bollando chi osa levare la propria voce controcorrente, con una serie di epiteti come «fascista», «razzista», «omofobo» e, appunto, «negazionista». Chi da anni lotta contro il Pensiero Unico e la perniciosa agenda del politicamente corretto conosce assai bene questo metodo assolutamente liberticida.

2) Il Ministro della Salute emette la propria ordinanza precisando testualmente di agire «nelle more dell’adozione di un successivo decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri». Qui la farsa si trasforma in tragedia dal punto di vista della tenuta democratica del nostro sistema.  Continua, infatti, imperterrito lo sfregio allo Stato di diritto ed alla Costituzione, la quale, com’è noto, sancisce che le libertà fondamentali degli italiani debbano godere di una protezione totale attraverso la previsione di una riserva assoluta di legge. Questo significa che solo una legge statale, o un atto avente forza di legge, può limitare tali libertà, e non certo una fonte secondaria governativa, e addirittura monocratica, quale un’ordinanza ministeriale o un Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri. Non dobbiamo dimenticare, tra l’altro, che solo le leggi (o atti equiparati ad esse come i decreti-legge del governo) e non gli atti amministrativi (quali sono i decreti e le ordinanze) sono sottoponibili a giudizio di costituzionalità di fronte alla Corte Costituzionale, unico organo competente a controllare la conformità alle norme e ai principi costituzionali degli atti legislativi, anche sotto il profilo della loro proporzionalità ed adeguatezza. Quindi non si ha neppure la possibilità di sottoporre a controllo e verifica di costituzionalità i provvedimenti amministrativi con cui vengono limitate alcune libertà fondamentali degli italiani, come la libertà di circolazione, la libertà di riunione, la libertà di manifestazione, la libertà di esercitare un’attività imprenditoriale. Anche quest’ultima pesante restrizione che subiremo grazie all’ordinanza Speranza è basata su un semplice atto amministrativo, sottratto ad ogni forma di controllo preventivo e successivo, adottato dal Potere esecutivo (Ministro delle Salute) in piena autonomia e senza una verifica da parte del Parlamento né un controllo del Presidente della Repubblica.

3) Gli antichi romani non amavano filosofeggiare ma erano gente estremamente pratica e davanti a qualche fatto che pareva loro strano utilizzavano la celebre domanda coniata da Seneca nella sua Medea: «Cui prodest?», a chi giova? Chi se ne avvantaggia? Cosa c’è dietro?

Ora, degli attuali governanti si può dire di tutto, li si può tranquillamente definire irresponsabili, incompetenti, spregiudicati, persino cialtroni, ma non sprovveduti. Non sono degli ebeti e sono pienamente coscienti di quello che fanno, in totale e perfetta mala fede. E allora, anche nel caso della strana ordinanza del ministro Speranza occorre farsi la fatidica domanda: «Cui prodest?».

Qui le ipotesi indiziarie sono varie. C’è chi imputa il rinnovato allarme – a dispetto dei numeri – al tentativo di trovare una exit strategy al drammatico problema della riapertura delle scuole. Il governo è impreparato, non ha un piano, non sa come uscirne. Quale migliore via di fuga, allora, se non quelle di rinviare il ritorno in aula a causa di un nuovo confinamento dovuto ad una provvidenziale «seconda ondata» epidemica? C’è, invece, chi molto più prosaicamente imputa la stretta sanitaria ad una questione di vile denaro. Non c’è infatti un modo migliore per far digerire l’inviso MES, se non quello di prospettare un nuovo lockdown con relativo fermo delle attività. A quel punto qualunque aiuto andrebbe bene pur di sopravvivere. Persino quello dell’usuraio.

C’è, infine, chi ipotizza l’inizio di una strategia volta a rendere difficile la campagna elettorale delle prossime elezioni amministrative regionali, se non addirittura a rinviare sine die lo stesso voto. In questo caso il vulnus al principio di sovranità del popolo sarebbe inaudito, anche se oramai lo stesso popolo sembra essersi abituato a tutto. Anche al fatto di perdere la propria sovranità e la propria libertà.

4) Non meraviglia più, infine, neppure l’assoluta irrazionalità dal punto di vista sanitario e scientifico del merito di quanto deciso nell’ordinanza di Speranza. Per cui è inutile chiedersi perché gli effetti esiziali del virus dovrebbero incidere solo in un determinato orario, ovvero dalle 18.00 alle 6.00. Se esistesse davvero un’emergenza l’obbligo dovrebbe sussistere per tutte le 24 ore della giornata, giacché non consta che il predetto elemento patogeno si attivi solo nel tardo pomeriggio, o dopo il tramonto, oppure al calare della temperatura esterna. Ma tant’è. Da marzo scorso abbiamo assistito alla fiera dell’irrazionalità. Resta, infatti, ancora un mistero perché, ad esempio, in un certo momento durante il lockdown, un decreto ha stabilito che quindici persone potessero stare nei 40 metri quadrati di un autobus, mentre nei 40 metri di un negozio ci potesse stare una sola persona e solo a determinate condizioni, e nello stesso tempo era previsto un massimo di quindici persone, solo per la celebrazione di un funerale, in una chiesa di 100, 200, 300 metri quadri o di 11.000 metri quadri come il Duomo di Milano. Misteri della scienza.

L’ordinanza di Speranza aggiunge anche l’enigma dell’orario. Perché dalle 18.00 alle 6.00 e non, per esempio, dalle 20.00 alle 2.00 o dalle 16.00 alle 4.00? Gli scienziati non sanno dare una risposta univoca perché sostengono che quella dell’orario non è, ovviamente, una questione scientifica. È semplicemente una scelta politica. Allora ho provato a rintracciare nella storia un possibile precedente politico, e l’unica cosa che sono riuscito a trovare è un’ordinanza emessa il 18 marzo 1945 dalla Questura Repubblicana di Modena. Con quel provvedimento, infatti, l’allora Questore diede comunicazione che il Comando Germanico aveva disposto il coprifuoco dalle ore 18.30 alle ore 6.30, e stabilì che «chiunque venisse trovato a circolare senza il permesso rilasciato dal Comando di Piazza fosse tratto in arresto e giudicato secondo le leggi di Guerra­». Agli agenti della Forza Pubblica fu affidato l’incarico di far eseguire l’ordinanza del Questore.

Come si vede, non è proprio un bel precedente.