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GREGORIANO

Anche la liturgia ci ricorda che la "terra" non è Dio

Una riflessione del musicista Fulvio Rampi a partire dalle antifone del tempo di Avvento (ma non solo), con interessanti risvolti in merito alla "questione (che talvolta sfocia in ossessione) ecologica".

Borgo Pio 16_12_2022

Il vaticanista Sandro Magister riporta una riflessione del musicista Fulvio Rampi, docente al Conservatorio di Torino, a partire dalle antifone gregoriane del tempo di Avvento e di Natale, in particolare laddove parlano (anzi cantano) della "terra". Con interessanti risvolti in merito alla "questione (che talvolta sfocia in ossessione) ecologica".

In sintesi: la terra non è Dio e ce lo ricordano anche varie antifone, dal Benedixisti Domine terram tuam (Signore, hai benedetto la tua terra) al Viderunt omnes fines terrae salutare Dei nostri (Tutti i confini della terra hanno veduto la salvezza del nostro Dio). «In aperta polemica contro ogni mito antico e nuovo che sacralizzi la dea terra come madre ancestrale, la sapienza biblica ricorda che l’uomo è sì terrigno, fragile frutto cadùco della terra, ma non ne è figlio, perché è creato da Dio», scrive Rampi.

La terra porta frutto perché è Dio a benedirla. Ma il vero dono di Dio va ben oltre: «Il binomio uomo-terra, ampiamente sviluppato nell’Antico Testamento, trova soluzione in Gesù Cristo», delineando un filo rosso che giunge fino alla Pentecoste. «La grande liturgia della Chiesa cattolica – commenta Magister – è letteralmente agli antipodi della nuova dilagante religione della natura, con la terra come dea madre»