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100 ANNI DI "ALBERTONE"

Alberto Sordi incarnava la Roma profonda e cristiana

Cento anni fa nasceva a Roma Alberto Sordi. Era attore di livello nazionale proprio perché incarnava la Roma più profonda, quella del popolo più autentico. Profondamente cattolico, della sua fede diceva: "È bello credere, e non si crede facendo tanti ragionamenti: io sono cristiano, la vita mi ha sempre più convinto che il cristianesimo è vero".

Cultura 15_06_2020
Alberto Sordi in Nell'Anno del Signore

Devo dire che, per me, parlare di Alberto Sordi non è semplicemente parlare di un attore famoso o che io ammiro particolarmente. Certo, ci sono alcuni suoi film che sono veramente divertenti e in cui lui dimostra le sue grandi qualità. Ma quando parlo di Alberto Sordi, nato il 15 giugno 1920 - 100 anni fa - e morto il 24 febbraio 2003, sento quasi un’aria di famiglia, in quanto lui è come me figlio di Trastevere, una delle zone simbolo di Roma e della romanità. Non solo, lui è nato in una casa che praticamente era a mezzo minuto da dove sono cresciuto io. Perché dico era? In quanto il luogo dove era nato Alberto Sordi, a pochi minuti da piazza santa Maria in Trastevere, è stato abbattuto per fare posto ad una struttura extraterritoriale che appartiene al Vaticano e dove oggi si trova la sede di molte Pontifice commissioni e l’abitazione di alti prelati.

Alcuni cercano di rimuovere la romanità da Alberto Sordi, per presentarlo come attore di livello nazionale. Ma in realtà lui era attore di livello nazionale proprio perché incarnava la Roma più profonda, quella del popolo più autentico. Un mio zio che è morto da qualche anno, mi raccontava della scuola in cui andava Alberto Sordi, in via della Cisterna, accanto a piazza san Calisto e sempre a pochissimi minuti da uno dei cuori pulsanti di Trastevere, piazza santa Maria in Trastevere. E Sordi raccontava da qualche parte del suo essere chierichetto proprio in quella stupenda Basilica, come raccontava il suo contatto con la grande musica sacra, essendo stato fanciullo cantore nel coro della Cappella Sistina diretto a quel tempo da Lorenzo Perosi. Nella sua infanzia avrà certamente potuto sentire nella sua pelle la grandezza eroica di Roma, con la sua storia di martiri, santi, imperatori, ma anche la sua tragicità, quel luogo che, come dove diceva uno scrittore, tutto sembra finire ma non finisce mai.

Alberto Sordi era profondamente cattolico. Recentemente la RAI ha dedicato un film all’Albertone nazionale e un nipote, pur apprezzando alcune cose in esso, ha proprio messo in rilievo come fosse completamente negletta la sua profonda religiosità. Anche nei suoi viaggi, voleva essere sempre sicuro di poter trovare un luogo dove poter partecipare alla Messa. Come molti di noi, non fu un santo, ma fu certamente un uomo che cercò di essere un buon cattolico, per quello che poteva. Carlo Verdone, che lo frequentò molto negli ultimi anni della vita di Sordi, rimarca proprio questo aspetto, lo definisce “un integralista cattolico”. E questo lo si vedeva anche nella generosità dell’attore romano, al contrario della fama che lo vedeva come tirchio. In realtà, molte testimonianza ci dicono che fu molto generoso. 

Parlando della sua educazione cattolica, in un'intervista del 2000 a Roberto Rotondo per la rivista 30 giorni, Alberto Sordi diceva: «Il mio rapporto con il Padreterno si basa proprio sull’educazione che fin da piccolo i miei genitori mi hanno dato così come mi hanno insegnato a camminare e a parlare. Mi ritengo un uomo fortunato per questo. Mia madre era una donna rassicurante e affettuosa ma anche decisa. Seguiva alla lettera gli insegnamenti della Chiesa cattolica: era praticante convinta e si adoperava per gli altri tanto da farsi benvolere da tutto il quartiere. Era maestra elementare, anche se smise appena cominciò ad avere figli. Io la vedevo come la Madonna, senza peccato: per questo cercavo di preservarla da ogni dolore raccontandole, a volte, pietose bugie. Anche se lei mi vedeva come un angioletto, io avevo una predisposizione a tutto ciò che era proibito, e i pasticci me li andavo a cercare». E la fede di Sordi fu vissuta per tutta la vita: «vado a messa, mi confesso, prego ogni giorno, credo nei dogmi e non li discuto. È bello credere, e non si crede facendo tanti ragionamenti: io sono cristiano, la vita mi ha sempre più convinto che il cristianesimo è vero. Che bisogno c’è di ragionarci su?». E quando il giornalista gli chiese della sua vita, giudicata non sempre esemplare, ecco la risposta: «Certo non mi ritengo un santo, ma per questo c’è la confessione… La nostra pratica religiosa è sempre accompagnata dalla confessione: vieni perdonato dal prete, poi ricadi nello stesso peccato e torni a confessarti facendo il proposito di non ricaderci più. E stai di nuovo come un santo. L’importante è essere sinceri e non barare con il Padreterno. Tanto, dove non arrivo io arriva lui!». Onestamente, di fronte a tanto “bacchettonismo” che vedo in giro, mi sembra che questo atteggiamento di Sordi, forse istintivo, sia il più sano, un atteggiamento in cui quell’attitudine tutta romana di fare incontrare l’eroico e il tragico, anche nelle persone, trova una sua giusta e perfetta incarnazione.

Ci sono tanti film di cui si potrebbe parlare, ma ne voglio citare uno in cui Alberto Sordi faceva la parte di un frate, Nell’anno del Signore, del 1969. In questo film il frate (Alberto Sordi) ad un certo punto è incaricato di portare i conforti religiosi ai condannati a morte Leonida Montanari e Angelo Targhini, cospiratori contro il governo papalino. Ma questi ultimi, da impenitenti atei ed anticlericali, rifiutano. È commovente osservare nel film gli sforzi continui del frate per ottenere in ogni modo, anche inopportuno, di fare in modo che i due possano riconciliarsi con Dio prima della fine. E poco prima dell’esecuzione, quando i due sono già sul patibolo, il frate si spinge addirittura a volerli assolvere anche contro la volontà dei penitenti, tanta era la sua passione per la loro salvezza eterna. Io credo che Alberto Sordi quella parte l’abbia sentita in modo tutto speciale, per una vita pubblica vissuta raccogliendo il plauso dei suoi ammiratori, e una vita privata in cui non ha mai voluto perdere il contatto con quelle radici cattoliche che la sua famiglia, con semplicità, gli aveva voluto insegnare.