Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
Giovedì Santo a cura di Ermes Dovico
L'INCHIESTA/2

Agricoltura bio, c’è un substrato di pseudoscienza

La distinzione fra fitofarmaci “naturali” buoni e fitofarmaci “di sintesi” cattivi è pseudoscientifica, come si capisce anche dalle etichette dei fitofarmaci usati nell’agricoltura biologica. E ciò si lega a un paradosso del Ddl 998 che prevede un fondo alimentato da prodotti con ecotossicità particolare e usati nello stesso bio. Ancora più pseudoscientifico è affidare le colture alle “energie cosmiche” come fanno i biodinamici. Eppure, l’alternativa esiste e si chiama agricoltura integrata, che supera la scarsa efficienza del bio.

Attualità 01_06_2021

Le agricolture del gruppo bio hanno un substrato pseudoscientifico inquietante. Pseudoscientifica è l’idea secondo cui una molecola di urea di sintesi possa isterilire il suolo mentre l’analoga molecola presente nelle urine dei mammiferi sia un ottimo concime, così come è pseudoscientifica la distinzione fra fitofarmaci “naturali” buoni e fitofarmaci “di sintesi” cattivi: in natura vi sono i peggiori veleni di questo mondo (la cicuta da Conium maculatum e l’atropina da Atropa belladonna, solo per fare due esempi) e per rendersene conto basta consultare le etichette di alcuni fitofarmaci “naturali” usati dal biologico (Azadiractina, Spinosad, rame) e confrontarle con quella del tanto vituperato Glyphosate (il Roundup di Monsanto). Le etichette sono disponibili nella banca dati dei prodotti fitosanitari presso il Ministero della salute e per i prodotti “naturali” riportano frasi del tipo “molto tossico per gli organismi acquatici con effetti di lunga durata” o “può provocare reazioni allergiche”, assenti per il Glyphosate.

Ciò peraltro dà modo di evidenziare un paradosso del DDL 998: all’art. 9 (Fondo per lo sviluppo della produzione biologica) si dice che il fondo è alimentato dal 2% del fatturato derivante dalla vendita di prodotti fitosanitari autorizzati e che presentino caratteri di ecotossicità particolari (ad esempio i codici di pericolo H400, H410, H411, H412 e H413 che designano prodotti tossici per gli organismi acquatici). Il bello è che vari prodotti usati in biologico presentano tali caratteri di ecotossicità (ad esempio H410 e H411 per il solfato di rame, H410 per Spinosad e Azadiractina), per cui si finanzia il biologico con un fondo ricavato a partire dai prodotti ecotossici che lo stesso biologico utilizza, incentivando in sostanza l’uso di tali prodotti. È davvero un bel guazzabuglio.

A ciò si aggiunga che zolfo e solfato di rame usati in biologico hanno ben poco di naturale in quanto derivano dall’industria chimica e addirittura lo zolfo deriva dalla desolforazione dei combustibili fossili. E ancor più pseudoscientifico è affidare le nostre colture alle “energie cosmiche” come fanno i biodinamici, che per il resto sposano gli stessi preconcetti pseudoscientifici propri del biologico.

Ci tengo qui ad aprire un inciso sui fitofarmaci (“medicine delle piante” o, se preferite, “pesticidi”, inglesismo spregiativo a cui come agronomo preferisco non ricorrere): il lettore si sarà forse stupito apprendendo che anche nel biologico si usano fitofarmaci e qui rimarco il ruolo deleterio dei grandi media che da sempre indicano i fitofarmaci come appannaggio esclusivo della sola agricoltura “convenzionale”, senza rendersi conto che anche il biologico ricorre in molti casi a tali prodotti, in quanto senza prodotti fitosanitari molte colture registrerebbero cali produttivi enormi e la stessa salubrità sarebbe messa a repentaglio dalle sostanze naturali e ciò nondimeno molto tossiche e in vari casi cancerogene (Aflatossine, Fumonisine, Deossinivalenolo, ecc.), prodotte dai funghi nemici delle colture.

L’ALTERNATIVA AL BIO

L’alternativa al biologico esiste e si chiama agricoltura integrata, vale a dire l’agricoltura che senza pregiudizi ideologici fa proprie le migliori innovazioni nei settori della genetica e delle tecniche colturali, al fine di garantire sicurezza alimentare in un quadro di sostenibilità economica, sociale e ambientale. Tale agricoltura, che dispone anche di un proprio marchio, oggi purtroppo poco noto ai consumatori (e anche in questo c'è evidentemente una ragione...), è in grado di superare il più evidente limite delle agricolture bio che è costituito dalla scarsa efficienza (scarse rese per ettaro, dal 20 al 70% in meno rispetto al convenzionale) da cui deriva in ultima analisi l’insostenibilità sul piano ambientale del bio in quanto per compensare tale inefficienza occorrerebbe il 20-70% in più di terra, di cui non disponiamo a meno che non si decida di intaccare gli ecosistemi forestali e di prateria.

Un giovane imprenditore agricolo francese, che ha recentemente convertito la sua azienda al biologico, spiegava in un’intervista televisiva che un m2 di terreno coltivato da suo padre produceva 3 baguettes (il pane francese) mentre lo stesso m2 coltivato da lui ne produce ora una sola, il che per inciso calza alla perfezione con i dati che segnalavo in precedenza (29 q per ettaro contro 77 per il grano tenero). L’intervistato spiegava inoltre che tale débâcle non lo disturbava più di tanto in quanto i contributi pubblici lo compensano a iosa della minor produzione. Morale di questa “favola” è che lo Stato, in Francia come in Italia, interviene e sempre più interverrà in futuro premiando l’inefficienza produttiva, una cosa che da che mondo è mondo non si era mai vista.

Non ho neppure grandi speranze circa il fatto che la Camera possa interrompere la “marcia trionfale” del DDL 998, anche perché, come dicevo, “il marcio viene da Bruxelles” e a ben vedere deriva dall’adesione della politica europea alle istanze del mondo ambientalistico, che per motivi ideologici sponsorizza da anni l’agricoltura biologica, senza alcuna remora di tipo scientifico circa la reale sostenibilità di tale agricoltura.

Sottolineo anche che quanto abbiamo avuto modo di vedere configura un vero e proprio naufragio culturale, con Senatori palesemente non in grado di discernere fra un approccio ai problemi su base scientifica e uno su base ideologica e che non hanno “consiglieri scientifici” in grado di tradurre loro il linguaggio della scienza. La speranza è che la prossima legislatura possa vedere sugli scranni del Parlamento rappresentanti del popolo più sensibili alle istanze di uno sviluppo tecnologico realmente fondato su presupposti scientifici.

2. Fine

1. PAGHEREMO NOI IL BIO, TECNICA OBSOLETA E INSOSTENIBILE