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BOTTA E RISPOSTA

Abbazia di Grottaferrata, precisazioni e conferme

L'egumeno dom De Feo ci scrive per smentire la cessione del Monastero Esarchico o eventualmente il progetto di un luogo di convivenza. Ma le cose non stanno proprio così e alcuni suoi silenzi confermano quanto scritto dalla Bussola.

Ecclesia 22_09_2025

Caro direttore,

in merito all'articolo sulla basilica abbaziale di Santa Maria di Grottaferrata, vorrei precisare che non è in alcun modo intenzione della Santa Sede cedere a qualcuno il Monastero Esarchico di Santa Maria di Grottaferrata, né farne il luogo di una convivenza tra cattolici e ortodossi. È al contrario sua intenzione quella di confermarla come realtà monastica di rito greco-cattolico.

Quanto all’assottigliamento della comunità, esso non è difficilmente spiegabile, anzitutto per la morte di molti membri, e per la esiguità di persone che entravano, già diversi anni fa. All’oggi, tale difficoltà si accompagna al tentativo, né semplice né indolore, di porre di nuovo al centro l’elemento monastico, nel rispetto della tradizione orientale, di San Basilio Magno e della riforma di Teodoro Studita. L’elemento rituale va vissuto e ricompreso all’interno di tale specifica finalità, che si esplicita in un cammino di purificazione e di divinizzazione a partire da un continuo lavoro su se stessi contro la φιλαυτία, cioè alla luce della rinuncia a se stessi, per conseguire l’ἠσιχία, la pace del cuore che solo Cristo può donare al monaco.

Tale obiettivo impegnativo può suscitare reazioni negative e resistenze di vario genere, ma è importante che sia sostenuto da chi tiene al mantenimento di tale tradizione monastica. L’elemento culturale è importante, ma dovrebbe essere figlio di un tale sforzo. Il Monastero ha un Bollettino di alto spessore filologico, e cerca il dialogo con le realtà universitarie. Questo non vuol dire che anche tale aspetto non possa e debba essere migliorato, continuando la riflessione e lo studio sul monachesimo italo-greco, e che l’apporto di esperti di tale settore non sia ben visto o sollecitato, come avvenuto in occasione dell’organizzazione dei convegni per la ricorrenza del millenario della Dedicazione della Basilica.

Tra le attività formative interne ed esterne, che prevedono e hanno previsto la meditazione della Parola di Dio, un corso sull’esicasmo, preghiere secondo il rito bizantino, mistagogie liturgiche sul medesimo rito, dall’anno scorso c’è anche un percorso sulla Divina Commedia, al cui proposito va precisato che non si limita a Grottaferrata, che è stato chiesto ai fedeli, con esito positivo, se ne traessero beneficio, e che, pur non essendo frutto della spiritualità orientale, ha un’importanza notevole per la vita monastica come chiave che consente di riflettere e di pregare sulla spiritualità dell’aldilà, drammaticamente assente dal nostro orizzonte contemporaneo, e che interpella in prima linea i monaci cristiani di ogni tradizione. Che questo avvenga, anche a Grottaferrata, con un capolavoro della cultura occidentale e non orientale, evidenzia soltanto il fatto che il giusto perseguimento della difesa dell’identità liturgica bizantina e l’opportunità di evitare la latinizzazione della medesima, non si traduce in una sistematica messa al bando di ogni frutto, anche eccelso, della tradizione occidentale, pena lo svuotamento di significato della denominazione dell’Abbazia come ponte che collega Oriente e Occidente.

Per quanto riguarda, infine, lo svolgimento occasionale di tre rappresentazioni liriche all’interno dell’area monastica, esso dipende da una collaborazione con il Comune, tesa a ridare alla festa di San Nilo il suo prioritario significato religioso e di legame con il Monastero, anche includendo, appunto occasionalmente, rappresentazioni di elevato spessore culturale quantunque non religiose. Tale festa patronale, infatti, negli ultimi anni stava deragliando dal suo centro valoriale religioso, per avvicinarsi a declinazioni gastronomiche e commerciali, tanto che addirittura era conosciuta più come ‘festa della birra’ che come ‘festa del Santo Patrono’. Detto questo, l’Abbazia non ha alcuna intenzione di diventare un’arena per eventi lirici o simili, e questo è stato già chiarito da tempo con il Comune. Nello stesso triduo, è prevista infatti la serata niliana, per parlare e diffondere il messaggio di San Nilo.

La mia persona, per quello che può contare, è a disposizione della Chiesa e del Santo Padre. Nei confronti dei miei superiori ho sempre cercato di non essere né ‘docile’ né ribelle, ma semplicemente obbediente in virtù del voto che ho professato; quello stesso voto in omaggio al quale il mio servizio e la mia presenza restano ad nutum Sanctae Sedis donec aliter provideatur.

Un cordiale saluto nel Signore

p. Francesco De Feo

 

La lettera dell’Egumeno del Monastero di Grottaferrata, il rev.do Dom De Feo, offre conferme e ulteriori spunti di riflessione. Partiamo da due significativi silenzi, che suffragano quanto affermato nel nostro precedente articolo. Padre De Feo, infatti, che pure entra nel merito di alcuni aspetti della crisi del Monastero da noi denunciata, non dice una sola parola sul cardinale Marcello Semeraro, che ha un peso decisamente superiore al suo nella gestione dell’Abbazia, accorpando in sé sia la carica di Amministratore apostolico dell’Abbazia territoriale che di Delegato pontificio dell’ordine basiliano italiano. E neppure nega il fatto di aver presentato le dimissioni.

Dom De Feo, classe 1975, è appena cinquantenne: che senso avrebbe presentare delle dimissioni a questa età, dopo nemmeno dieci anni di incarico, se tutto andasse bene? Le nostre fonti ci dicono che in realtà sarebbero le frizioni con l’amministratore apostolico, ad aver provocato le dimissioni di De Feo, come d’altra parte provocarono il sollevamento dalla carica di egumeno di dom Michel von Parys, dopo appena tre anni dalla nomina. De Feo, su questo punto, non dice assolutamente nulla, com’è suo diritto, ma il suo silenzio sull’argomento centrale dell’articolo non passa inosservato e ci conferma di aver visto giusto.

Un’altra fonte, nel frattempo, ci segnala una delle ragioni dell’amore del cardinale Semeraro per Grottaferrata, il quale nella sua carriera ecclesiastica e nel suo curriculum non ha praticamente nulla a che spartire con il cristianesimo orientale. Dopo la sua nomina a Prefetto del Dicastero della Cause dei Santi e la concomitante rinuncia alla sede episcopale di Albano Laziale, Semeraro ha avuto bisogno di Grottaferrata per mantenere giuridicamente un piede nella Conferenza Episcopale Italiana, nonché per rimanere nel Cda del quotidiano Avvenire, come presidente di Avvenire Nuova Editoriale Italiana spa. Un’affezione alla realtà di Grottaferrata decisamente singolare.

Quanto agli altri rilievi messi in luce da dom De Feo, facciamo solo notare che se certamente il crollo dei membri della comunità monastica basiliana è dovuto al decesso di numerosi monaci anziani, non si può però tacere che anche elementi ben più giovani hanno lasciato e stanno per lasciare il monastero. E non c’è nulla di più facile per un abate o per un superiore che puntare il dito sui fuoriusciti, accusandoli genericamente di “resistenze di vario genere” al processo di rinuncia a se stessi… A noi risulta invece che ci siano state tensioni importante con l’egumeno e con il suo modo di impostare e gestire la vita della comunità.

Non una parola chiara nemmeno sull’autoscioglimento all’unanimità dell’Associazione Culturale San Nilo, la quale ha fatto un’affermazione pesante, esibendo l’impossibilità di continuare a promuovere eventi culturali che sono sempre stati di straordinario interesse e conformi alla promozione autentica della spiritualità cristiana orientale. Anche la spiegazione offerta dall’Egumeno sulle opere liriche, rappresentate negli spazi dell’abbazia, non convince. Come si può pensare di «ridare alla festa di San Nilo il suo prioritario significato religioso e di legame con il Monastero», permettendo la rappresentazione di due opere non solo profane, ma dai contenuti morali decisamente anticristiani? La prima esecuzione avvenne persino nel chiostro interno del monastero; uno svarione clamoroso ed evidente, che portò poi a correggere parzialmente il tiro con la rappresentazione della seconda e della terza opera (a Tosca e La traviata, si è aggiunta quest’anno Madama Butterfly) nel Fossato dell’Abbazia.

Quanto all’affermazione di apertura, secondo la quale «non è in alcun modo intenzione della Santa Sede cedere a qualcuno il Monastero Esarchico di Santa Maria di Grottaferrata, né farne il luogo di una convivenza tra cattolici e ortodossi», delle due l’una: o dom De Feo sta ricorrendo ad una restrizione mentale, oppure è stato tenuto all’oscuro dei fatti. Nell’articolo, infatti, non abbiamo affermato che la Santa Sede voglia cedere il Monastero o farne una comunità mista: nei paragrafi dedicati non si trova mai che il soggetto di tali proposte sia la Santa Sede; e quando ci siamo riferiti al Dicastero competente, lo abbiamo fatto per sottolineare che non sembra che il cardinale Gugerotti si stia stracciando le vesti per evitare l’estinzione prossima del Monastero. Abbiamo invece affermato – e lo confermiamo – che la proposta di comunità mista è stata realmente avanzata, ed è stata presentata come un supporto ai monaci cattolici ormai anziani (e rimasti praticamente gli unici, dopo la partenza dei più giovani), da parte di nuove forze provenienti dal mondo del monachesimo greco-ortodosso.

Più probabile è però che dom De Feo sia stato tenuto all’oscuro di tutto, dal momento che egli è stato messo lì come piccolo ingranaggio di una macchina più grande, abilmente guidata dal cardinale Semeraro.

Luisella Scrosati



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