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IL CASO

A Torino il jihad in Università ha una lunga tradizione

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La sede universitaria di Palazzo Nuovo è ancora una volta il luogo della predicazione violentaa contro Israele e l'Occidente. Ma già nel passato Palazzo Nuovo era stato teatro di azioni estremiste, come nel 2003 quando si inneggiò ai terroristi di Nassiriya.

Libertà religiosa 27_05_2024
Brahim Baya

Il 23 maggio l’imam Brahim Baya ha pregato a Palazzo Nuovo, una delle sedi universitarie di Torino occupate dagli studenti che vogliono il boicottaggio degli atenei israeliani. Sembra che l’idea sia partita dagli studenti musulmani che aderiscono alla protesta contro Israele. Era previsto che il giorno successivo, un venerdì, pregasse anche al Politecnico, presso la sede centrale, ma su richiesta del Rettore del Politecnico, Stefano Paolo Corgnati, la Questura di Torino ha diffidato l’imam e l’evento è stato annullato.

«È scandaloso che la Questura abbia vietato una preghiera. Il problema è l’islamofobia di questo paese». Questa è stata la reazione di Baya e mai accusa è stata più infondata perché è quel che lui ha detto a Palazzo Nuovo la ragione della diffida. Parlando sia in arabo che in italiano l’imam ha lanciato un invito al jihad contro Israele definendo quella dei palestinesi una resistenza necessaria contro l’ingiustizia e il male. Il popolo palestinese – ha detto – ha resistito «di fronte a questa furia omicida, questa furia genocida, uscita della peggiori barbarie della storia che non tiene in considerazione nessuna umanità, nessun diritto umano».

Penoso, per non dire altro, è stato il tentativo di difesa dell’imam che, secondo quanto riportano i mass media, sostiene di non aver attaccato Israele e dice che il significato della parola “jihad” effettivamente da lui usata è stato frainteso, questo perché «degli pseudo musulmani l’hanno utilizzata per seminare violenza e morte, bestemmiando Dio». Non si direbbero degli «pseudo musulmani» i gruppi jihadisti – Hamas compreso – che in tutto il mondo obbediscono all’ordine di conquistare all’islam l’umanità intera, se necessario con la forza come aveva incominciato a fare Maometto dopo essersi trasferito dalla Mecca a Medina.
Ma non è questo il punto. Brahim Baya, che pur di attaccare le autorità accademiche nega di essere un imam, dovrà semmai rendere conto di queste affermazioni ai suoi correligionari. Il fatto rilevante è che le sue parole sarebbero gravi, allarmanti, minacciose anche se le avesse pronunciate in una moschea e non in una laica, indipendente sede accademica.

E allora la domanda che sorge è chissà quante volte le ha in effetti già proferite in una moschea; e in quante moschee italiane si parla in questi termini contro Israele, l’Occidente, gli infedeli. Sono trascorsi più di 20 anni da quando Magdi Cristiano Allam per la prima volta ha rivelato, dimostrandolo, che ci sono moschee in Italia nelle quali si istiga all’odio contro l’Occidente e si esalta il jihad. Aveva ascoltato e tradotto i sermoni pronunciati il venerdì nella Grande Moschea di Roma e in altri centri islamici.

Ma di grave c’è molto altro. Ancora una volta un gruppo del tutto esiguo di studenti occupa delle sedi universitarie, impedisce lo svolgimento delle attività didattiche, usa edifici che appartengono alla collettività, destinati a funzioni di pubblico interesse, a propria discrezione praticamente senza trovare ostacoli, senza che le autorità accademiche chiedano l’intervento delle forze di sicurezza, e, almeno stando a quanto è successo finora, senza che poi, a occupazione terminata, i responsabili dei danni materiali causati alle strutture e di quelli inflitti ai docenti e soprattutto agli altri studenti – lezioni sospese, sessioni di esame e discussioni di tesi di laurea rimandate – siano chiamati a risponderne con sanzioni e provvedimenti disciplinari.

Questa volta si sono anche permessi di invitare un musulmano a fare l’apologia del jihad. Hanno scelto Palazzo Nuovo, la sede storica dei corsi di laurea umanistici e delle contestazioni fin dal ’68, quando il movimento studentesco trasferì la sua sede nell’edificio da poco terminato. Da allora Palazzo Nuovo ha una lunga storia di “profanazioni”, di utilizzo improprio dei suoi spazi e delle sue risorse.

Il 2005 è una delle volte in cui oggetto delle proteste è stato Israele. Solo perché una docente aveva osato invitare il vice ambasciatore israeliano a tenere una lezione, per protesta  gli studenti del Collettivo universitario autonomo divisero a metà l’immenso atrio di Palazzo Nuovo con una alta e solida barriera, lasciando soltanto una piccola apertura. Spiegavano con assemblee e volantini che serviva a far capire “l’infamia” del muro di Israele, quello costruito per meglio controllare gli ingressi dalla Cisgiordania e che servì a ridurre drasticamente gli attentati suicidi. Gli autonomi inoltre raccolsero firme per chiedere che l’università non invitasse rappresentanti istituzionali di Israele a partecipare a iniziative o lezioni. Neanche gli evidenti, serissimi problemi di sicurezza di una simile barriera eretta in un edificio frequentato all’epoca da oltre duemila docenti e 70mila studenti valse a far sì che il rettore prendesse provvedimenti.

Ma l’episodio più deplorevole risale al 2003. L’Italia partecipava all’operazione militare “Antica Babilonia”, in Iraq. Il 12 novembre un camion cisterna pieno di esplosivo scoppiò davanti all’ingresso di Maestrale, una delle due basi italiane a Nassiriya. L’esplosione fece una strage. Morirono 12 carabinieri, cinque soldati dell’esercito, due civili italiani e inoltre nove irakeni. All’epoca i militanti di un centro sociale da tempo si erano impadroniti di un’aula di Palazzo Nuovo e ne avevano fatto la loro sede sotto gli occhi di tutti, nell’indifferenza del corpo accademico e, salvo pochi, delle migliaia di studenti che ogni giorno frequentavano la sede. I militanti di quel centro sociale prepararono un volantino per festeggiare il massacro, nei giorni successivi distribuito all’ingresso del palazzo e fatto circolare in città. “Dieci, cento, mille Nassiriya” c’era scritto. Corse fondata voce che avessero fatto le fotocopie usando la fotocopiatrice della facoltà di Lettere.

Nella foto: Brahim Baya, l'imam che ha predicato a Palazzo Nuovo - LaPresse



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