Voderholzer: depoliticizzare la Conferenza episcopale tedesca
Il vescovo di Ratisbona propone di riformare la scelta del presidente dei vescovi, soggetta a politicizzazione dagli anni Ottanta. E critica le storture di una certa sinodalità più somigliante a un discorso di partito che all'ascolto della Parola di Dio.

«Fino agli anni '80, in Germania vigeva una regola non scritta che prevedeva che i due arcivescovi di Monaco e Colonia si alternassero alla presidenza della Conferenza episcopale. Il vescovo Lehmann di Magonza infranse poi questa regola quando si candidò contro Friedrich Wetter di Monaco. Questo politicizzò la carica: le persone non venivano più elette perché era il loro turno, ma perché rappresentavano un particolare orientamento politico ecclesiastico», a parlare – in un'ampia intervista a Schwäbische – è il vescovo di Ratisbona, mons. Rudolf Voderholzer, che già nel 2020 aveva proposto «di tornare a un sistema a rotazione, esteso ai metropoliti (cioè agli arcivescovi). Berlino sarebbe la prima, poi Friburgo, Amburgo, ecc. Credo ancora che questa sia un'idea degna di considerazione, al fine di eliminare la dimensione politica ecclesiastica e raggiungere così la riconciliazione in modo diverso».
In controtendenza rispetto al vento "ultrasinodale" che soffia forte in Germania, il presule lascia intendere che di sinodalità ce n'è a sufficienza: «Nella mia diocesi, ad esempio, esiste il Comitato diocesano o il Comitato diocesano per le imposte, e molti altri. Si tratta di organi sinodali in cui le decisioni vengono discusse insieme. L'immagine del vescovo onnipotente che prende l'unica decisione è una caricatura. Assisto a sufficienti scambi sinodali in cui posso affermare con sincerità: è bello essere cristiani, essere cattolici e far parte di una comunità che sa di essere chiamata a vivere e annunciare il Vangelo e a ispirare gli altri a farlo. Durante il processo sinodale, il cardinale Woelki e io abbiamo presentato una bozza di statuto alternativa basata sulla lettera di Papa Francesco del giugno 2019. Non siamo contrari alla sinodalità, ma a una certa forma di sinodalità che assomiglia più a un discorso parlamentare di partito che a un ascolto comune della Parola di Dio».