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LA QUESTIONE

Ucraina, crepe tra gli alleati per le bombe a grappolo dagli USA

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Oltre alla reazione di Mosca, che vi vede una nuova escalation, la decisione degli Stati Uniti di fornire armi a grappolo a Kiev crea tensioni tra gli alleati europei, a quanto pare nemmeno consultati da Washington.

Esteri 10_07_2023

La decisione statunitense di fornire armi cluster (o a grappolo) all’Ucraina ha determinato diverse reazioni negative. Mosca considera un'ulteriore escalation del conflitto l’arrivo di queste munizioni americane “a dispersione” (cioè in grado di seminare sul terreno centinaia di submunizioni) impiegabili da cannoni da 155 mm e forse anche lanciarazzi HIMARS o bombe d’aereo.

Dimitrij Medvedev ha ironizzato sulle precarie condizioni del presidente Joe Biden, definito «un nonno col piede nella fossa» che vuole provocare un'escalation nucleare. Critiche più educate ma ferme sono giunte da tutti i governi europei, inclusi quello italiano, tedesco, britannico e spagnolo mentre la NATO non si esprime su questo tema lasciando che a farlo siano i singoli Stati membri. Un atteggiamento comprensibile se si considera che gli USA, come la Russia, l’Ucraina e altre nazioni nel mondo (Cina, Israele, Paesi arabi...), non hanno mai ratificato la Convenzione internazionale del 2008 che vieta produzione, stoccaggio, impiego e vendita delle armi a dispersione. Convenzione che invece hanno firmato tutti i Paesi europei, convinti che quella percentuale di submunizioni che resta inesplosa sul terreno (tra il 10 e il 30 per cento che secondo gli americani si riduce a solo il 2 per cento nelle armi cluster più moderne) rappresenti una minaccia troppo grave per i civili una volta che la guerra si è conclusa.

Gli ucraini sono invece entusiasti delle nuove forniture americane. «Le munizioni a grappolo sono estremamente importanti per l'Ucraina. Compensano in qualche modo il nostro deficit di proiettili e ripristinano parzialmente la parità sul campo di battaglia», ha twittato il consigliere principale di Volodymyr Zelensky, Mykhailo Podolyak. Valutazione discutibile poiché non saranno certo le cluster bombs a cambiare i destini di questa guerra dopo che diversi armamenti occidentali erano stati definiti inopinatamente risolutivi (game changer) da esperti e media occidentali: prima i missili anticarro Javelin, poi i cannoni M777 e FH-70, poi i lanciarazzi HIMARS, infine i carri Leopard 2... Inoltre, aspetto non irrilevante, le armi contenenti submunizioni sono già ampiamente impiegate in questa guerra: le usano i russi ma pure gli ucraini che hanno peraltro seminato mine antiuomo nella città di Donetsk impiegando testate dei missili Tochka-U caricate con submunizioni.

Certo le cluster americane aumenteranno le capacità delle truppe di Kiev di saturare aree del campo di battaglia; e gli ucraini garantiscono che non colpiranno il territorio russo anche se proprio ieri un missile da crociera di Kiev e diretto contro il Ponte di Crimea è stato abbattuto dalla difesa aerea russa. La polemica sulle cluster bombs è ipocrita e pretestuosa perché i belligeranti già le impiegano e perché nessuno dei tre Paesi coinvolti (USA, Russia e Ucraina) viola una convenzione che non ha mai firmato.

In termini militari restano due aspetti da valutare. Il primo riguarda l’impatto sui civili delle submunizioni inesplose che è stato devastante in Kosovo, Iraq, Siria, Afghanistan, Yemen e in altri teatri bellici. Non a caso ieri il primo ministro cambogiano Hun Sen ha messo in guardia Kiev contro l'uso delle bombe a grappolo, ricordando la «dolorosa esperienza» della Cambogia negli anni '70 e il fatto che saranno gli ucraini i primi a patirne: «Sarebbe il maggiore pericolo per gli ucraini per molti anni a venire, anche fino a cento anni, se le bombe a grappolo fossero usate nelle aree occupate dai russi sul territorio ucraino», ha twittato Hun Sen ricordando che a causa delle bombe a grappolo statunitensi lanciate nei primi anni ‘70 decine di migliaia di cambogiani sono stati uccisi o mutilati.

Con un po’ di cinismo sembra evidente che Kiev possa non avere scrupoli a seminare ordigni pericolosi nei territori del Donbass e nelle regioni annesse dai russi e che è possibile ipotizzare resteranno almeno in parte sotto il controllo della Federazione e dove la popolazione sostiene Mosca. Meglio non dimenticare che un anno fa un rapporto di Amnesty International (pesantemente censurato in Italia e in altre nazioni occidentali schierate con Kiev) evidenziò che le truppe ucraine non avevano alcuno scrupolo nello schierare armi e truppe in mezzo ai civili del Donbass, evidentemente considerati ostili.

Un ultimo aspetto militare riguarda la relativa pericolosità delle submunizioni in un’Ucraina sconvolta da 17 mesi da una guerra ad alta intensità in cui vengono esplosi a volte più di 20 mila proiettili d’artiglieria al giorno e dove sono già tantissime le munizioni e gli ordigni rimasti inesplosi e che costituiranno domani un grave pericolo per i civili. Per farsi un’idea di questa minaccia basti pensare a quante bombe e proiettili inesplosi risalenti alla Seconda guerra mondiale vengono rivenuti ancor oggi ogni anno in Italia. Le regioni ucraine dove si combatte o si è combattuto vivranno comunque l’incubo degli ordigni inesplosi indipendentemente dal fatto che si impieghino o meno le cluster bombs.

Il vero problema costituito dalla fornitura da parte di Washington all’Ucraina è di tipo politico. Lo è per gli ucraini che sono pronti a tutto pur di coinvolgere gli alleati della NATO nella guerra alla Russia. Ogni passo che Mosca definisce di escalation per gli ucraini rappresenta un avvicinamento al pieno coinvolgimento dell’Occidente nella guerra. Ma lo è anche per noi europei, considerato che gli USA avevano duramente condannato i russi per l’impiego di cluster bombs in Ucraina definendole armi vietate benché gli stessi americani non abbiano aderito alla Convenzione del 2008. Va poi rilevato che gli Stati Uniti hanno ridotto di molto le proprie riserve di munizioni d’artiglieria convenzionali fornendole all’Ucraina ma dispongono di quasi cinque milioni di munizioni cluster, in parte “in scadenza”, quindi che andrebbero comunque radiate dagli arsenali americani ma che, fornite a Kiev, consentiranno al Pentagono di risparmiare gli alti costi di smantellamento e smaltimento.

Infine, la decisione statunitense rappresenta uno schiaffo anche morale nei confronti degli alleati europei, sia perché non sembra si siano consultati con loro prima di prendere la decisione di fornire tali armi agli ucraini, sia perché tutti gli Stati europei (inclusa la Gran Bretagna) hanno aderito alla messa al bando delle bombe a grappolo. Le reazioni contrariate di diversi Paesi europei per quanto deciso oltreoceano evidenziano come questa vicenda rischi di minare la coesione tra gli alleati occidentali rispetto al conflitto in atto. Del resto era difficile attendersi un trattamento più rispettoso da Washington dopo che gli europei hanno seguito supinamente (da “vassalli”, per dirla con Macron) gli Stati Uniti nella gestione di questa guerra che si combatte in Europa e colpisce i nostri interessi.

 



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