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controdichiarazione

Tucho si è fermato ad Astana: la reazione arriva dal Kazakhstan

Un arcivescovo e il suo ausiliare reagiscono allo sdoganamento vaticano per la benedizione delle coppie irregolari e dello stesso sesso.

Borgo Pio 19_12_2023
Wikimedia - Di Kolanin - Opera propria, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=18117856

Non ci sta l'arcivescovo di Astana, mons. Tomasz Peta, che ha firmato una "controdichiarazione" insieme all'ausiliare Athanasius Schneider, a seguito della dichiarazione Fiducia supplicans del card. Fernández.

Nel testo diffuso da Diane Montagna su Catholic Herald i due presuli sbarrano la strada allo sdoganamento vaticano per benedire le coppie irregolari e dello stesso sesso, affermando che la differenza col matrimonio enunciata nel documento «non dovrebbe accecare pastori e fedeli», denunciando a chiare lettere il «grande inganno» che risiede in tale permesso. «Pertanto, nessuna delle affermazioni contenute in questa Dichiarazione della Santa Sede, nemmeno la più bella, può minimizzare le conseguenze distruttive e di vasta portata derivanti da questo sforzo di legittimare tali benedizioni».

La posizione dei due presuli di Astana si fonda sulla fedeltà «al nostro solenne giuramento in occasione della nostra consacrazione episcopale “di conservare il deposito della fede nella purezza e nell'integrità, secondo la tradizione sempre e ovunque osservata nella Chiesa fin dai tempi degli Apostoli”». E il no è categorico, fermo restando (ed è qui la grande differenza rispetto alla dichiarazione vaticana) che «ogni peccatore sinceramente pentito, con la ferma intenzione di non peccare più e di porre fine alla sua situazione peccaminosa pubblica (come, ad esempio, convivenza al di fuori di un matrimonio canonicamente valido, unione tra persone dello stesso sesso) può ricevere una benedizione».

Al Santo Padre mons. Peta e mons. Schneider dicono «con il dovuto rispetto» ma senza mezzi termini che così facendo «“non cammina rettamente secondo la verità del Vangelo” (cfr Gal 2,14), per riprendere le parole con cui san Paolo apostolo ammoniva pubblicamente il primo Papa di Antiochia», e pertanto gli chiedono di «revocare» tale disposizione «affinché la Chiesa cattolica possa risplendere chiaramente come “colonna e fondamento della verità” (1 Tm 3,15) per tutti coloro che cercano sinceramente di conoscere la volontà di Dio e, compiendola, di raggiungere la vita eterna».
Ed è qui forse uno dei punti principali che trascende questa specifica questione: una gerarchia tutta tesa a salvare il pianeta, annunciare la conversione ecologica e predicare l'inclusione, è ancora in grado di parlare della vita eterna?