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COVID

Svezia sgridata perché non segue il modello cinese

La Svezia viene ancora citata da Conte come esempio negativo. Anche il re svedese, Carlo XVI Gustavo ammette il fallimento. Eppure i dati dimostrano che la Svezia se la sta cavando meglio dell'Italia e di gran parte dell'Ue. La propaganda anti-svedese parte dalla Cina, regime d'origine della strategia del lockdown.

Creato 19_12_2020
Carlo XVI Gustavo di Svezia

La Svezia torna nel mirino dei media e del governo italiano. Lo stesso re Carlo XVI Gustavo bacchetta il suo governo, in un discorso che suona come l’ammissione di un fallimento.

Nella sua conferenza stampa di ieri sera, il premier Conte ha dato ancora prova di straordinaria incoerenza, vantando il successo della politica delle chiusure a zona (regioni gialle, arancioni, rosse), ma al tempo stesso annunciando un lockdown nazionale per il periodo natalizio. E lo fa soprattutto (a suo dire) per paura che l’Italia segua la tendenza di altri Paesi europei. In particolar modo anche Conte indica la Svezia come esempio più drammatico dell’aumento dei contagi. La stampa italiana ha dedicato ampio spazio al caso svedese. Il Corriere della Sera, il 10 dicembre, dava già notizie sul collasso delle terapie intensive nel Paese scandinavo. Poi veniva rincarata la dose sul record di dimissioni degli operatori sanitari svedesi. E infine, il discorso del re svedese ha dato la conferma definitiva di questa narrazione, sul fallimento del modello svedese. “Penso che abbiamo fallito. Un gran numero di persone sono morte, ed è terribile”, è la frase più citata dai media, in tutta Europa, non solo in Italia.

Perché la Svezia è sempre stata guardata con un misto di apprensione, ammirazione, invidia, ira, non necessariamente in questa sequenza, negli ultimi otto mesi di pandemia, da quando è diventata l’unico Paese europeo a non applicare alcuna strategia di lockdown, ma limitandosi a vietare assembramenti e a suggerire (e non imporre) il distanziamento. Eppure, con tutto il rispetto per il re svedese e per il dolore sincero che prova per i suoi sudditi vittime del Covid-19, la Svezia non ha affatto fallito. Almeno finora, i danni umani, materiali ed economici che ha subito in questa crisi, sono decisamente inferiori a quelli dell’Italia e di gran parte dei Paesi dell’Europa occidentale colpiti dalla pandemia.

Partiamo, prima di tutto, dall’aspetto umano. Il valore più oggettivo possibile è quello dei morti di Covid-19 in rapporto alla popolazione. La Svezia ha subito 789 morti per milione di abitanti, 7.993 in totale. L’Italia 1113 morti per milione di abitanti, 67.220 in totale. Possiamo dare lezioni alla Svezia? A quanto pare no. E nemmeno il Belgio: 1.582 morti per milione di abitanti, il peggiore del mondo, se si esclude San Marino (un pezzo di Italia) che ha il tasso di mortalità più alto del mondo. Alla Svezia non può dare lezioni la Spagna, con 1.046 morti per milione, il Regno Unito con 978, gli Usa (praticamente New York e New Jersey da soli, due Stati che hanno imposto un lockdown rigido) con 964, la Francia con 912. Scegliere una strategia alternativa al lockdown, locale o nazionale che sia, non ha causato quella “orribile strage” che tutto il mondo condanna. Non ci sono più morti di tante altre democrazie occidentali che hanno invece deciso di chiudere.

I dati riportati sopra sono dei totali, da marzo ad oggi. Se limitiamo l’analisi alla sola seconda ondata, da ottobre in poi, vediamo che l’impatto che questa ha avuto sulla Svezia è decisamente inferiore rispetto a quello di quasi tutti gli altri Stati europei colpiti. Secondo i dati elaborati dalla Fondazione Hume (del sociologo Luca Ricolfi), i decessi medi settimanali, su 100mila abitanti, nei mesi di ottobre e novembre sono 0,91 in Svezia, meno di uno al giorno. Va meglio anche rispetto alla Germania, che pure è citata dal nostro governo come esempio virtuoso, che registra 0,95. Decisamente meno che in Italia, con 3,67 e anche di Spagna, Regno Unito, Francia e Belgio.

La Svezia ha il vantaggio o lo svantaggio (a seconda dei punti di vista) di avere un sovrano estremamente autocritico, ma anche perché guarda all’esempio dei suoi soli vicini scandinavi, Norvegia, Finlandia e Danimarca, che hanno registrato ancora meno decessi per Covid ed ora paiono essere completamente immuni alla seconda ondata. Allora il lockdown scandinavo funziona? Non c’è alcuna ragione di limitare la comparazione della Svezia ai soli Stati scandinavi, la densità urbana nelle città svedesi è maggiore rispetto a quella della popolazione più dispersa in Finlandia e Norvegia. Comunque, se proprio vogliamo vedere cosa sono state le regole del lockdown in Norvegia, Finlandia e Danimarca, possiamo constatare che siano state decisamente più leggere rispetto a quelle imposte in Italia. E sono durate meno. In Finlandia, la scorsa primavera, sono stati posti limiti agli spostamenti interni, ma era sempre consentito uscire di casa. La Norvegia, che ha blindato i confini, ha ordinato la chiusura di scuole e luoghi pubblici. Da Pasqua (12 aprile) le scuole sono state riaperte. Anche la Danimarca, che ha chiuso scuole, teatri, biblioteche e altri luoghi pubblici, non ha segregato i suoi cittadini in casa e dal fine settimana di Pasqua ha riaperto le scuole.

Una curiosità finale: i primi ad attaccare la strategia svedese furono i media di Stato cinesi: “Analisti e blogger cinesi dubitano dell’efficacia dell’immunità di gregge e la definiscono una violazione dei diritti umani (sic!), mostrando l’alta mortalità nel Paese rispetto agli altri Paesi nord-europei – scriveva il Global Times il 25 aprile – I cosiddetti diritti umani, la democrazia e la libertà stanno portando su una strada sbagliata in Svezia e Paesi così irresponsabili non meritano l’amicizia della Cina”. Quest’ultimo commento è attribuito a un cittadino cinese indignato su Weibo. La Svezia, da quanto ne possiamo capire finora, viene disprezzata per questo: perché non segue il modello cinese.