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CLIMA-TERRORISMO

Sull'orlo dell'apocalisse ecologica Ma anche no

Durante l’ultima estate un nuovo termine è stato coniato: meteo-terrorismo. Vocabolo da utilizzare sui quotidiani quando le previsioni meteorologiche per i prossimi giorni risultano sbagliate. Ma che dire di quelle di lungo e lunghissimo periodo? I climatologi, tante volte, hanno previsto la fine del mondo. Che non è mai arrivata.

Creato 07_11_2014
Fine del mondo?

Durante l’ultima estate un nuovo termine è stato coniato: meteo-terrorismo.  Vocabolo da utilizzare sui quotidiani quando le previsioni meteorologiche per i prossimi giorni risultano sbagliate causando scelte errate e talvolta dannose. Quando si tratta di pochi giorni è possibile verificare le previsioni, a lunga scadenza la faccenda è diversa, le persone si dimenticano, non si lamentano, non si accorgono che nel tempo le previsioni cambiano: in tali casi non si dichiarano mai sbagliate, si dice che le previsioni hanno solo necessità di aggiornarsi.

È così che intere generazioni, ad esempio  negli anni ’70 del secolo scorso, sono state convinte che il petrolio ormai fosse agli sgoccioli, finito; per i combustibili fossili era ormai necessaria l’austerity perché sarebbero stati sempre più rari e costosi. I modelli matematici prevedevano dopo pochi anni che le risorse naturali sarebbero finite, sarebbero state loro a limitare inevitabilmente lo sviluppo.

Dopo un po’ di decenni abbiamo scoperto che i combustibili fossili sono troppi e recentemente addirittura costano troppo poco, probabilmente saranno sufficienti per soddisfare l’esigenze del prossimo secolo. Ora, per i modelli matematici, il problema non è la loro fine, magari avvenisse secondo qualcuno, a preoccupare sono le emissioni di anidride carbonica prodotte dalla loro presente e futura combustione. No, non si tratta di una sostanza tossica, artificiale, del fumo nero che esce dalle ciminiere. Quello che preoccupa è un composto naturale, incolore e non tossico (se non ad alte concentrazioni). Ora non preoccupano più lo scoprire l’esistenza dei limiti dello sviluppo, la decrescita è divenuta felice; o almeno lo era finché non si è cominciato a decrescere veramente.

Prima con l’austerity non si consumavano risorse, non girava moneta, oggi invece per salvare il pianeta c’è la “green economy”, per salvare l’atmosfera c’è la borsa dei crediti del carbonio, i limiti dello sviluppo dipendono dalla sostenibilità della produzione e dei servizi. Economia, borsa, crescita, etc., sono tutti termini percepiti come negativi che trasformati in “green economy”, “emission trading system”, sviluppo sostenibile, sembrano mettere d’accordo industriali, no-global, finanza, marketing e spesso uomini di Chiesa.

Le più famose previsioni attuali a lunga scadenza sono quelle sul “cambiamento climatico”, come attualmente si preferisce dire rispetto a “riscaldamento globale”, specie da quando la temperatura globale da circa 15 anni  non cresce. In questo campo le previsioni arrivano ad un secolo, spesso sono aggiornate ogni 4-5 anni, ma chi le verifica? Nessuno lo fa e nessuno ha coniato il termine di clima-terrorismo?

Eppure di previsioni climatiche se ne fanno tante. Ormai la pubblicazione di ogni un nuovo report dell’Ipcc avviene a rate, affinché ad ogni nuova rata del nuovo report l’annuncio della catastrofe si rinnovi. Abbiate pazienza! Pochi giorni fa è stata presentata la sintesi del nuovo rapporto Ipcc sui cambiamenti climatici, dopo che nell’ultimo anno erano state presentate in pompa magna le varie  parti dello studio.

La grande notizia sui quotidiani sembra essere che la concentrazione dell’anidride carbonica non è mai stata così alta da 800mila anni. Ma a noi interessa la temperatura globale, in tale periodo la temperatura cosa ha fatto? Ci sono state glaciazioni e periodi più caldi dell’attuale, costatazione che potrebbe essere sufficiente per far pensare che le due grandezze non sono linearmente collegate come sembra. Il Corriere della Sera afferma che quest’anno c’è una siccità mai vista in Brasile, forse l’autore si dovrebbe rileggere il libro Vite Secche di Ramos Graciliano  (da cui il film Vidas Seccas) che descrive la siccità e carestia in Brasile nel 1938, tempo in cui l’emissione di Co2 erano molto meno dell’attuale.

La vera novità sembra che nei comunicati degli esperti ci sia una nota di speranza, una possibilità di salvezza. “L’azione contro il cambiamento climatico può contribuire alla prosperità economica, ad un migliore stato di salute e a città più vivibili”,  ha detto il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, dopo la recente pubblicazione a Copenaghen della sintesi nuovo rapporto Ipcc sui cambiamenti climatici. È necessario agire subito per far sì che l’impatto del fenomeno non sia irreversibile, e per farlo gli strumenti ci sono. È sufficiente che, decidendo nel 2015 alla conferenza di Parigi, siano ridotte  drasticamente le emissioni su scala globale, dal 40 al 70% tra 2030 e 2050, per arrivare ad annullarle entro il 2100. È possibile aspettare il 2030?

Per chi ha una cattiva memoria le scadenze potrebbero mettere ansia, confrontatele con quelle riportate nei titoli di solo pochi mesi fa, lo stato d’animo cambia. Infatti a settembre 2013, secondo i titoli per l’Ipcc rimanevano: "Dieci anni per salvare il pianeta". L'allarme degli scienziati dell'Onu. Lo stesso titolo già utilizzato da La Repubblica nel 1989, 25 anni fa, infatti sul medesimo quotidiano si poteva sorprendentemente leggere: Dieci anni per salvare la Terra. Insomma per gli stessi esperti dovevamo già essere morti da 15 anni ed invece scopriamo che ce ne rimangono ancora 15 per guarire. Che direste ad un medico che vi da 6 mesi di vita e quando tornate a visita dopo un anno vi dice che avete altri 6 mesi e per salvarvi gli strumenti ci sono? Ci credete o cambiate medico?

Al precedente rapporto dell’Ipcc, circa 7 anni fa, i titoli dei quotidiani erano del seguente tenore:
• nel 2008: Entro l'estate Polo senza ghiaccio;
• nel 2007: Ambiente, due anni per salvare il mondo;
• nel 2007: La Terra è troppo calda Scenari da film horror;
• nel 2007: Le cure per guarire la Terra "Ci sono solo 8 anni di tempo”.

Ma perché ogni sei anni viene scritto dall’Ipcc un nuovo “rapporto di valutazione” che costa soldi e l’impegno di migliaia di persone che s’incontrano in vari posti del mondo emettendo Co2 con gli aerei? Il clima dicono che è valutabile su periodi di almeno 30 anni: quindi per verificare cosa stia accadendo al sistema climatico sarebbe sufficiente aggiornarlo con tempi molto più lunghi.

Purtroppo però questa è un’epoca a cui piace ascoltare i profeti di sventura. Ricordate quando il Principe Carlo d’Inghilterra, a Londra nel 17 maggio 2008 profetizzò l’ennesima apocalisse: “Abbiamo soltanto 18 mesi per fermare il disastro provocato dai cambiamenti climatici?”. Visto che quella volta il mondo si è salvato, a Roma, alla Camera dei Deputati, il 27 aprile del 2009, Carlo cambiò data: “Sui cambiamenti climatici ci rimangono solo 99 mesi prima di raggiungere il punto di non ritorno”. Fu in quella occasione che l'allora presidente della Camera Gianfranco Fini si rivolse al principe del Galles definendolo "un alfiere della cultura ambientale” e il responsabile ambiente del Pd, on. Ermete Realacci, chiese al Governo italiano di raccogliere “l’appello lanciato dal Principe Carlo”. Il bello, o brutto, della storia è che questo tipo di pseudo esperti sono tutti pagati lautamente con le nostre tasse.

L’unica previsione certa è che in futuro ci saranno nuove previsioni di catastrofi imminenti. L’efficienza nell’uso dell’energia, un mix energetico equilibrato, un uso corretto del territorio, l’attenzione alla modificazione del clima urbano ed alla solitudine degli anziani nelle città, la riparazione/costruzione degli acquedotti, la sistemazione degli argini, etc. vanno perseguiti indipendentemente dal fatto che il futuro sarà caldo o freddo o stazionario.  Faremmo bene a investire in questi ambiti piuttosto che spendere nella redazione del prossimo rapporto di valutazione che andrà ad affiancarsi ai già tanti convegni e trasmissione televisive sul tema.