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IL PAPA E I GIORNALISTI

Sull'aereo: "Col nucleare si rischia la catastrofe"

La conferenza del Papa sull'aereo di ritorno dal Bangladesh. Tra i temi: i Rohingya, l'evangelizzazione e il nucleare. 

Ecclesia 03_12_2017

Consueta conferenza stampa di Papa Francesco sull’aereo di ritorno dal Bangladesh. Il viaggio apostolico si è concluso alle 21.45 circa quando l’aereo è atterrato a Roma-Fiumicino. Di seguito le più significative risposte del pontefice ai giornalisti, scegliendo alcuni passi del resoconto pubblicato dalla vaticanista Angela Ambrogetti su Aci stampa e da Paolo Rodari su Repubblica.

ROHINGYA

«Non era la prima volta [che pronunciavo il nome Rohingya], lo avevo detto già pubblicamente nella Piazza San Pietro, in un Angelus…e già si sapeva quello che io pensavo su questa cosa. (…) per me la cosa più importante è che il messaggio arrivi e per questo cercare di dire le cose. Passo a passo, e ascoltare le risposte affinché arrivi il messaggio. Un esempio della vita quotidiana, un ragazzo, una ragazza nella crisi dell’adolescenza può dire quello che pensa ma sbattendo la porta in faccia all’altro..e il messaggio non arriva, si chiude. A me interessa che questo messaggio arrivasse, per questo ho visto che se nel discorso ufficiale avessi detto quella parola davo la porta al naso, ma, invece, ho descritto le situazioni, i diritti, nessuno escluso,… per permettermi poi nei colloqui privati di andar oltre. Io sono rimasto molto molto soddisfatto dei colloqui che ho potuto avere, perché è vero non ho avuto il piacere sbattere la porta in faccia con una pubblica denuncia, ma ho avuto la soddisfazione di dialogare e far parlare l’altro, e dire la mia e così il messaggio è arrivato e a tal punto è arrivato che ha continuato che è finito ieri… con quello [l’incontro con 16 profughi della minoranza musulmana]…»

«Questo non era programmato così, io sapevo che avrei incontrato i Rohingya, non sapevo dove e come (…) il governo ha permesso questo viaggio, di questi che sono venuti ieri. Perché il problema per il governo che li protegge e gli da ospitalità, e questo è grande…quello che fa il Bangladesh per loro è grande, un esempio di accoglienza, un paese piccolo, povero che ha ricevuto 700mila, io penso a paesi che chiudono le porte, dobbiamo essere grati per l’esempio che ci hanno dato. Il governo deve muoversi, perché i rapporti internazionali con il Myanmar, con permessi, dialogo, perché sono in un campo di rifugiati, sono in uno stato speciale di rifugiati, ma alla fine sono venuti spaventati, non sapevano. Qualcuno lì gli aveva detto “voi salutate al Papa e non dite nulla”…. A un certo punto dopo il dialogo interreligioso, la preghiera interreligiosa, questo ha preparato il cuore di tutti noi…, eravamo religiosamente molto aperti, io almeno mi sentivo così, è arrivato il momento che loro venissero per salutarmi, in fila indiana, e quello non mi è piaciuto. Uno, l’altro, ma poi subito volevano cacciarli via dalla scena e io lì mi sono arrabbiato e ho sgridato un po', sono peccatore, gli ho detto tante volte la parola rispetto, rispetto, fermatevi e loro sono rimasti lì. Poi li ho sentiti uno a uno con l’interprete che parlava nella loro lingua, io ho cominciato a sentire cose dentro, …ma non posso lasciarli andare senza dirgli una parola, ho chiesto il microfono. E ho cominciato a parlare. Non ricordo cosa ho detto, so che a un certo punto ho chiesto perdono, per due volte. Non ricordo. (…) In quel momento io piangevo, cercavo che non si vedesse, loro piangevano pure. E poi ho pensato che eravamo in un incontro interreligioso e i leader delle altre tradizioni religiose erano là…No venite voi anche, Questi erano i Rohingya di tutti noi. Loro hanno salutato i Rohingya e io non sapevo cosa dire di più, li guardavo, li salutavo,  e ho pensato tutti noi abbiamo parlato, i leader religiosi, ma uno di voi che faccia una preghiera, e quello che credo era un imam o diciamo un chierico tra virgolette della loro religione, che ha fatto quella preghiera. Anche loro hanno pregato, e visto tutto il trascorso e tutto il cammino ho sentito che il messaggio è arrivato. Non so se ho soddisfatto la sua domanda. Parte era programmato, ma la gran parte è uscita spontaneamente».

DIALOGO INTERRELIGIOSO ED EVANGELIZZAZIONE

«Prima distinzione, evangelizzare non è fare proselitismo. La chiesa cresce non per proselitismo ma per attrazione, cioè per testimonianza questo l’ha detto Papa Benedetto XVI. Com’è l’evangelizzazione: vivere il vangelo e testimoniare come si vive il vangelo, testimoniare le beatitudini, testimoniare, Matteo 25, testimoniare il buon Samaritano, testimoniare il perdono 70 volte 7 e in questa testimonianza lo Spirito Santo lavora e ci sono delle conversioni, ma noi non siamo molti entusiasti per fare subito le conversioni se vengono  aspettano, si parla, la tradizione vostra… cercare una conversione sia la risposta a qualcosa che lo Spirito Santo ha mosso nel mio cuore davanti alla testimonianza dei cristiani

Nel pranzo che ho avuto con i giovani alla Gmg di Cracovia, una decina di giovani di tutto il mondo, uno mi ha fatto questa domanda: cosa devo dire ad un compagno di università amico, bravo, ma che è ateo, cosa devo dire per cambiarlo, per convertirlo, la risposta è stata questa, l’ultima cosa che devi fare è dire qualcosa, tu vivi il Vangelo e se lui ti domanda perché fai questo, gli puoi spiegare perché tu lo fai. E lascia che lo Spirito Santo lo attivi. Questa è la forza e la mitezza dello Spirito Santo, non è un convincere mentalmente, un’apologetica, con le ragioni, è lo Spirito che fa la vocazione. Noi siamo testimoni, testimoni del vangelo, testimone è una parola greca che si dice martire, martirio di tutti i giorni, martirio anche del sangue, quando arriva. E la sua domanda cosa è prioritario, la pace o la conversione? Ma quando si vive con testimonianza e rispetto, si fa la pace, la pace incomincia a rompersi in questo campo quando incomincia il proselitismo e ci sono tanti modi di proselitismo e questo non è Vangelo. Non so se ho risposto».

DISARMO NUCLEARE

«…dal tempo di Papa San Giovanni Paolo II sono passati tanti anni, quanti? …34 anni. Nel nucleare, in 34 anni si è andato oltre, oltre, oggi siamo al limite, questo si può discutere ma è la mia opinione, ma la mia opinione convinta: siamo al limite della liceità di avere ed usare le armi nucleari. Perché oggi con l’arsenale nucleare così sofisticato, si rischia la distruzione dell’umanità o almeno di gran parte. (…) siamo al limite, e perché siamo al limite io mi faccio questa domanda, questo non come magistero pontificio, ma è la domanda che si fa un Papa. Oggi è lecito mantenere gli arsenali nucleari come stanno o oggi per salvare il creato, salvare l’umanità non è necessario andare indietro? Pensiamo a Hiroshima e Nagasaki, settant'anni fa. E pensiamo a ciò che succede quando dell'energia atomica non si riesce ad avere tutto il controllo. Pensate all'incidente in Ucraina. Per questo, tornando alle armi che servono per vincere distruggendo dico che siamo al limite della liceità".

TERRORISTI E ROHYNGYA

«Ci sono gruppi di terroristi che cercano di approfittare dei Rohingya che è gente di pace. C'è sempre un gruppo fondamentalista, e anche noi cattolici ne abbiamo. I militari giustificano il loro intervento a motivo di questi gruppi. Io non ho scelto di parlare con questa gente, ma con le vittime di questa gente che è il popolo Rohingya che soffre per le discriminazione ed è difeso dall'altra parte dai terroristi. Il governo del Bangladesh fa una campagna molto forte di tolleranza zero al terrorismo anche per evitare altri punti».

VIAGGIO IN CINA?

«Il viaggio in Cina non è in preparazione. Ma mi piacerebbe tanto visitarla. Non è una cosa nascosta. Le trattive con la Cina sono ad alti livelli, culturali, in questi giorni c'è una mostra dei musei in Cina e una dei musei cinesi in Vaticano. Ci sono i rapporti culturali e scientifici. Poi c'è il dialogo politico. Si deve andare avanti passo-passo con delicatezza, lentamente. Le porte del cuore sono aperte. E credo che farà bene a tutti un viaggio in Cina. A me piacerebbe farlo».