Strane alleanze e fuga dal voto, in Libano prove di forza elettorali
Elezioni locali in Libano, rimandate dal 2022 a causa della crisi economica e poi della guerra con Israele. Inedite alleanze fra cristiani e Hezbollah a Beirut, fuori dalla capitale ognuno conferma la sua area di influenza. Alta l'astensione per sfiducia.

Mentre nel silenzio delle istituzioni e della comunità internazionale l'esercito israeliano stanziato nel sud del Paese continua a provocare quotidianamente morti e feriti sull'intero territorio del Libano, la Repubblica Libanese rinnova le amministrazioni locali attraverso libere elezioni. Il 4 maggio si è votato nei governatorati del Mount Lebanon e del Keserwan, l'11 in quelli del nord e dell'Akkar, il 18 è stata la volta di Beirut, della valle della Bekaa e di Baalbek-Hermel, mentre il 24 toccherà ai distretti del sud e di Nabatieh.
Previste nel 2022, le elezioni amministrative libanesi sono state rimandate per assenza di fondi prima, e a causa della guerra con Israele poi. Giunto alla tornata elettorale a conflitto ufficialmente concluso, ma nei fatti ancora in essere, il Paese ha dimostrato una disaffezione verso la vita politica ben oltre il trend generalmente in flessione delle democrazie contemporanee. Il dato più evidente uscito ad oggi dalle urne è la bassissima affluenza: dei quattro milioni di aventi diritto chiamati a scegliere i propri rappresentanti, a Beirut si è recato alle urne circa il 21%, a Tripoli il 27%, il 43% nella Bekaa occidentale, quasi il 49% a Baalbek, per ora la città che ha registrato la maggiore affluenza.
Il fenomeno ha più di una spiegazione: la massiccia emigrazione durante la guerra con Israele dell'autunno scorso; la perdita di fiducia nelle istituzioni dopo il termine del conflitto, con larghe zone del Paese da ricostruire, centinaia di migliaia di persone fuggite dalle loro case e i militari israeliani tuttora presenti nel sud che continuano a bombardare i civili; la generale mancanza di speranza nel futuro.
«La gente non vota perché non spera», dice in inglese alla Nuova Bussola Quotidiana Hadi, poliziotto ventisettenne di piantone davanti ad una sezione elettorale di un quartiere sciita nel centro di Beirut. Ci fermiamo ad osservare le persone che entrano alla spicciolata per votare: l'età media sembra decisamente alta, con netta prevalenza maschile. «Normale, i giovani sono quasi tutti emigrati all'estero» commenta Hadi. «Qui non si può vivere. Dopo la laurea non sono riuscito a trovare lavoro, se non in polizia, che notoriamente paga pochissimo. Sono fidanzato, ma con questo salario è molto difficile che riesca a sposarmi». Davanti al seggio attivisti di Amal distribuiscono materiale elettorale; i volti del potente segretario del partito nonché Presidente della Camera Nabih Berri e del defunto leader spirituale Moussa Sadr occhieggiano dai manifesti.
Due strade più lontano, a Bashura, quartiere abitato in prevalenza da appartenenti ad Hezbollah, la scuola che ospita le operazioni di voto ha ingressi separati per uomini e donne. Poster di Hassan Nasrallah e Hashem Safieddine, defunti leader del Partito di Dio, accolgono chi si reca alle urne. «Viva Nasrallah», ci grida un giovane attivista coperto di tatuaggi. «Nasrallah è morto», rispondiamo. «È morto, ma io sono vivo e gli rimarrò fedele per sempre».
Poco più in là un giovane che indossa una pettorina con la scritta Lade ascolta in silenzio mangiando il suo manaish, una sorta di pizza bianca che in Libano si consuma a colazione. Si trova lì per accertare eventuali violazioni dei regolamenti elettorali per conto della Lebanese Association for Democratic Elections, una Ong indipendente fondata nel 1996. Nel corso delle tornate elettorali già concluse l'associazione ha registrato migliaia di violazioni del silenzio elettorale e del segreto dell'urna, nonché di irregolarità, violenze e incidenti di ogni tipo. A Tripoli, dove le due liste principali, entrambe sunnite, si sono aggiudicate i 24 seggi a disposizione nel consiglio municipale, hanno avuto luogo scontri, incidenti, contestazioni, e sono stati impiegati tre giorni per contare e ricontare le schede. I festeggiamenti a suon di sparatorie che sono seguiti alla pubblicazione dei risultati hanno provocato un morto e decine di feriti, tra cui la giornalista di Lbci Nada Andraos, oltre a un centinaio di arresti. Nella valle della Bekaa le violenze scoppiate in una scuola durante le operazioni di voto hanno costretto la Lade a ritirare i suoi osservatori, e non si tratta di un episodio isolato.
Adiacente a Bashura c'è Achrafyie, zona residenziale popolata dalla upper class di Beirut a netta predominanza cristiana e feudo delle Forze Libanesi, partito e già milizia dell'ex signore della guerra Samir Geagea. “Our neighbours”, i nostri vicini, dice sorridendo un attivista di Hezbollah che ci ha concesso una fotografia quando accenniamo al nome del quartiere. Tanta benevolenza verso gli arcinemici delle Forze Libanesi, da sempre in lotta feroce con Hezbollah, non è a caso: nella capitale infatti le due formazioni politiche hanno superato temporaneamente le divisioni mettendosi alla guida di una lista unica, “Beirut ci unisce”, che ha radunato tutti i principali partiti. Secondo dichiarazioni ufficiali, tale inedita accolita serve a “preservare la spartizione del potere tra cristiani e musulmani”. In realtà l'operazione ha spaccato l'area sunnita, che patisce il vuoto di potere lasciato dalle dimissioni del leader Saad Hariri, figlio ed erede del già Primo Ministro Rafik, assassinato nel 2005. Parte del mondo sunnita beirutino ha presentato una propria lista indipendente, “Beirut ti ama”, sotto l'egida del deputato Nabil Badr, generando notevole scontento all'interno del “listone”. La terza lista ritenuta potenzialmente in grado di insidiare la lista a guida Hezbollah-Forze Libanesi era “Beirut Madinati”, ossia “Beirut la mia città”, lista laica svincolata da appartenenze religiose nata in seno alla società civile, vera rivelazione delle elezioni municipali del 2016. Tra i suoi candidati, estranei ai partiti tradizionali, si trovano giovani e donne e, per quanto la lista si dichiari aconfessionale, il suo elettorato tradizionale risiede nella cristiana Est Beirut.
In città il listone degli “arcinemici” ha ottenuto 23 seggi su 24, mentre la lista sunnita se ne è aggiudicato uno. “Beirut Madinati” e le altre tre liste candidate in città non hanno ottenuto nulla. Già poco dopo le 21 Samir Geagea annuncia la vittoria schiacciante delle Forze Libanesi nella municipalità di Zahle e nelle aree cristiane adiacenti.
Frattanto Hezbollah e Amal annunciano la netta vittoria nel governatorato di Baalbek - Hermel e in altre 19 località tradizionalmente sciite della valle della Bekaa. Viene annunciato inoltre che una trentina di consigli municipali di Baalbek - Hermel sono stati rinnovati per acclamazione, interamente a favore di Hezbollah-Amal, senza bisogno di elezioni.
La lettura di questi dati rimanda ad una riaffermazione senza sorprese dei partiti tradizionali, a scapito delle nuove forze nate dalla società civile che, pur avendo 13 deputati eletti in Parlamento dal 2022, non sembrano incidere sulla vita politica del Paese. Occorre ricordare che la latitanza dell'elettorato giovanile orienta il voto verso i partiti tradizionali, fisiologicamente preferiti dagli elettori di età più adulta. La riconferma di Hezbollah nelle aree già fideilizzate rivela che la vitalità politica e la capacità organizzativa del Partito di Dio sono pressoché intatte. L'accordo con le Forze Libanesi è nato probabilmente dal timore dei partiti sciiti di essere spazzati via dalla vita politica della capitale. Fuori dalla Capitale, ciascuno ha mantenuto le sue aree di influenza.
C'è da chiedersi che valore abbiano i risultati usciti dalle urne quando la classe politica e in primis le due teste dell'esecutivo, il Presidente Joseph Aoun ed il Primo Ministro Nawaf Salam, sembrano restare sordi davanti alle istanze della popolazione: pace, ritiro di Israele dal territorio libanese, ricostruzione anche economica del Paese, misure concrete di sostegno alle famiglie che a causa della guerra hanno perso tutto. La tornata elettorale del 24 maggio che interessa i governatorati del Sud e di Nabatieh rappresenterà probabilmente un banco di prova per saggiare la forza delle istituzioni libanesi. Ad oggi è infatti ancora in dubbio se Israele permetterà, nelle municipalità occupate da Idf, lo svolgimento delle elezioni.
Frattanto più di 60 municipalità del governatorato del sud sono state rinnovate per acclamazione a favore di Hezbollah-Amal. Parte con le buone, parte con minacce e intimidazioni, gli avversari politici sono stati convinti a rinunciare alle proprie candidature a favore del duo sciita.