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IL CASO

Scienza e morale: Amato parte con uno scivolone

La legge 40 non ha posto il limite di tre embrioni per motivi scientifici - come asserisce il neo presidente della Corte Costituzionale Amato nel corso della sua conferenza stampa dopo l'elezione - ma per motivi giuridici che trovano un loro fondamento in valutazioni morali. La ricerca scientifica offre dei dati, dei fatti, la tecnica indica delle possibilità relative a questi dati e poi sta alla coscienza del governante e del giudice usare di tali possibilità in modo retto dal punto di vista morale.

Editoriali 02_02_2022

Conferenza stampa nel neo presidente della Corte Costituzionale Giuliano Amato tenutasi il 29 gennaio scorso. La giornalista Alessandra Lemme dell’agenzia di stampa LaPresse pone una domanda sui vaccini inoculati ai bambini.

Amato fa un’ampia premessa e così risponde (37’, 50’’): “C’è una giurisprudenza costante nostra che in materie nelle quali c’è un peso della cosiddetta scienza e c’è poi una decisione politico-legislativa, la Corte tende a dire ‘Se non è dimostrata la impellente ragione per cui ci si è discostati dalle ragioni della scienza, noi diamo più credito alle ragioni della scienza che alle altre’. Pensate che questo è stato un ragionamento che è stato fatto per l’impianto degli embrioni in sede di fecondazione artificiale quando, chiaramente allo scopo di evitare, diciamo, la dispersione di embrioni che erano stati formati, il legislatore disse che, se ne facevano tre, dovevano essere impiantati nella donna tutti e tre. Il che portò a constatare che magari questo corrispondeva a ciò che serviva a consentire la gravidanza a donne che avessero superato una certa età, mentre in una donna giovane, molto giovane, questo portava al parto trigemino che la donna poteva non aver cercato. Per cui la regola del ‘tre obbligatorio’ imposta da ragioni diverse da quelle indicate dalla scienza che si era occupata degli embrioni venne ritenuta una scelta illegittima”. Poi Amato arriva a parlare del tema dei vaccini sui minori.

A noi però interessa questo passaggio sulla fecondazione artificiale (vi sono altri passaggi che toccano temi eticamente sensibili, ma per ragioni di spazio ci soffermiamo solo sull’intervento appena menzionato).

In via preliminare notiamo che anche per il neo presidente esiste la scienza, anzi la Scienza, ossia un corpus monolitico di certezze inoppugnabili, quasi una personificazione della verità. Invero non esiste la Scienza, bensì la comunità scientifica e gli studi scientifici che, spessissimo (vedi Covid), riportano dati contrastanti tra loro.

Insomma: esiste il dibattito scientifico e per arrivare alle evidenze scientifiche su un particolarissimo argomento servono anni ed infiniti studi.

In secondo luogo, il riferimento alla scienza che Amato compie in relazione alla fecondazione artificiale non è molto pertinente. Sarebbe stato più pertinente il riferimento alla tecnica, che sicuramente opera rifacendosi anche ai dati scientifici, ma che in materia di fecondazione extracorporea la fa da padrona.

Terzo appunto preliminare che ci servirà per comprendere meglio le nostre riserve in merito alle parole di Amato: la scienza empirica studia i fenomeni empirici e non emette giudizi di valore (ossia si avvale della ragione teoretica e non di quella pratica). Uno scienziato ci può dire come agisce il cianuro nel nostro corpo, ma non spetta a lui giudicare moralmente dell’uccisione di un innocente tramite cianuro. La tecnica invece porta in sé un giudizio di valore dato che si orienta sempre all’utile, opera secondo il principio di efficacia.

Veniamo ora al nocciolo della questione evocata da Amato e che riguarda un intervento demolitorio della Corte costituzionale sul comma 2 dell'art. 14 della legge n. 40 del 2004. La Corte con la sentenza n. 151 del 2009 aveva abolito il limite di tre embrioni producibili per ogni ciclo di fecondazione artificiale e l’obbligo di impiantare tutti gli embrioni prodotti per ciclo. Dunque, dopo il 2009 le cliniche possono produrre per ciclo più di tre embrioni e possono impiantare nell’utero della donna anche non tutti gli embrioni prodotti (i rimanenti devono essere crioconservati).

Perché la legge 40, prima dell’intervento della Consulta, aveva previsto questi limiti? Perché si voleva bilanciare il “diritto” della coppia di avere un figlio e il diritto alla vita del concepito. Produrre al massimo tre embrioni, procedimento ripetibile per ipotesi per più cicli, avrebbe comunque offerto certe chances per arrivare al bambino in braccio. Di contro produrre più di tre embrioni da impiantarsi obbligatoriamente avrebbe comportato rischi notevoli per la salute dell’embrione (e anche della donna a dire la verità): nelle gravidanze plurigemellari spesso non tutti i nascituri vedono la luce.

La Corte costituzionale nel 2009 proprio alla luce di questo stesso bilanciamento di interessi contrapposti e dunque applicando il principio di tutela della salute della madre e del figlio, elimina il limite di tre embrioni e l’obbligatorietà dell’impianto di tutti gli embrioni prodotti.

Infatti, da una parte afferma che se l’impianto dei tre embrioni fosse fallito la donna sarebbe stata costretta ad altri cicli e quindi a successive e dannose iperstimolazioni ovariche. Se invece gli embrioni avessero tutti e tre attecchito da una parte la donna sarebbe andata incontro ad una gravidanza plurigemellare gravosa e indesiderata che l’avrebbe eventualmente costretta all’aborto di uno o due figli e, su altro fronte, gli stessi embrioni si sarebbero esposti a rischi letali a motivo della gravidanza plurigemellare e dell’eventuale intervento abortivo. Dunque, che il numero di embrioni che si possono produrre e impiantare venga deciso di volta in volta dal medico e non dalla legge a priori.

L’ipocrisia della Corte è manifesta, ma qui sorvoliamo su questo aspetto perché ci preme commentare le parole di Amato. Quest’ultimo offre una personalissima interpretazione della sentenza della Consulta appena citata. Secondo il prof. Amato motivi scientifici hanno portato a tutelare l’embrione nella legge 40 impedendo la produzione di più di tre embrioni e obbligando all’impianto di tutti gli embrioni prodotti. Poi invece la sentenza della Corte ha preferito far leva su motivi politici-legislativi i quali hanno fatto sì che si superassero i suddetti limiti. Le cose non stanno così. In primis come detto la “scienza” non esprime giudizi morali, ma solo constatazioni fattuali. Dunque, il giudizio “poniamo un limite di tre embrioni per ciclo perché è meglio per gli embrioni” a rigore non può venir formulato da uno scienziato.

Semmai potremmo appellarci alla tecnica che indica delle fattibilità, delle possibilità. I parlamentari che hanno varato la legge 40 allora, rifacendosi ai dati emersi dalle tecniche di fecondazione artificiale, hanno deciso per l’impianto immediato di massimo tre embrioni prodotti rifacendosi ad un criterio morale che diventa criterio giuridico (errati entrambi, ma questo è un altro discorso): il bilanciamento tra gli interessi della coppia e soprattutto della donna, da una parte, e gli interessi del concepito, su altro fronte (bilanciamento poi più asserito che reale, ma anche questo è un altro discorso). La Corte costituzionale nella sentenza del 2009 ha applicato lo stesso principio, ma in diverso modo (in realtà poi lo sbilanciamento degli interessi contrapposti, che era a sfavore del concepito già nella legge 40, si è incrementato ancor di più nella sentenza della Consulta).

In sintesi: la legge 40 non ha posto il limite di tre embrioni per motivi scientifici come asserisce Amato, ma per motivi giuridici che trovano un loro fondamento in valutazioni morali. Lo stesso ha fatto poi la Consulta.

Cade in errore quindi il presidente Amato quando sostiene che la Corte ha preferito ragioni politiche-giuridiche a quelle scientifiche presenti nella legge 40, perché anche la legge 40 aveva disciplinato questo punto specifico secondo criteri giuridici e quindi inevitabilmente anche morali. E non può che essere così perché laddove c’è una legge o una sentenza c’è necessariamente un giudizio morale a monte. E dunque la ricerca scientifica offre dei dati, dei fatti, la tecnica indica delle possibilità relative a questi dati, a questi fatti e poi sta alla coscienza del governante, del parlamentare e del giudice usare di tali possibilità in modo retto dal punto di vista morale.

E a tal proposito la vera domanda da porsi, sottesa anche alle parole di Amato, è sempre la stessa: tutto ciò che la tecnica indica come possibile è anche moralmente lecito? Certo che no ed è per questo che sia la Legge 40, anche prima delle modifiche introdotte dalla Consulta, che gli interventi demolitori della Corte costituzionale a danno della medesima legge sono inaccettabili dal punto di vista morale.