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COVID

Rosso o arancione? Quanti cambi di colore per il lockdown

Arrivati alla fine delle chiusure natalizie ci attenderà un altro mese di chiusure? Si rafforza il dubbio che, dopo tutte le promesse non mantenute, il governo navighi a vista. Oltre a non sapere se il lockdown sia realmente una strategia efficace. 

Creato 29_12_2020
Posti di blocco e controlli nella zona rossa

Giunti alla fine dell’anno, si prospetta un altro periodo di lockdown, tanto per cambiare. L’apertura di molte attività sociali e di contatto, come palestre, teatri e saloni di bellezza, è probabilmente rimandata alla fine di gennaio. Gli studenti torneranno a scuola il 7 gennaio… ma solo a metà, il 50% resterà a casa e seguirà ancora la didattica a distanza. Ora pare tutto scontato e motivato dalla crescita di contagi ed ospedalizzazioni che si sta registrando in questi giorni post-natalizi. Ma normale non è.

La politica ha la memoria molto corta. Quindi è bene fornire un piccolo pro-memoria di quel che affermava il premier Giuseppe Conte l'ultima settimana di ottobre, quando aveva deciso di ordinare le chiusure a zone, con regioni rosse, arancioni e gialle a seconda della diffusione del contagio. Annunciando misure restrittive, negava di voler un nuovo lockdown generalizzato, “Perché un nuovo lockdown generalizzato – sottolineava il premier – va scongiurato”. Molto semplicemente perché “Il Paese non può permetterselo”. Rovesciando sulla popolazione il grosso della responsabilità, prometteva e al tempo stesso avvertiva: “Se rispetteremo tutti le nuove regole, allora riusciremo a tenere sotto controllo la curva epidemiologica e a vivere un Natale più sereno”.

Il Natale, come abbiamo potuto constatare tutti, non è stato affatto “sereno”, per lo meno dal punto di vista delle regole. L’Italia, a ottobre, non poteva permettersi il lockdown generalizzato, ma dal 24 al 27 dicembre è stata imposta una “zona rossa” in tutto il Paese. Quindi: un lockdown generalizzato, perché è inutile continuare a usare le colorazioni (adatte per chiusure differenziate per le regioni) quando queste sono applicate in modo uniforme a tutta Italia. E si ripeterà anche nei giorni a cavallo del Capodanno, mentre restrizioni da “zona arancione”, come quelle in vigore oggi (per chi legge), rimarranno fino al 7 gennaio. Non ci sono dichiarazioni chiare su cosa sarà di noi e soprattutto degli esercenti pubblici dopo l’Epifania, ma intanto alberghi e impianti sciistici hanno già avuto la loro doccia fredda: forse non riapriranno il 7 e rimarranno chiusi fino a data da destinarsi, come suggerisce il Comitato Tecnico Scientifico. Con artifici retorici che ormai dovrebbero essere ben noti a tutti, prima di Natale, Conte ha dichiarato che la chiusura a zone è stata un successo. Ma se il suo obiettivo era quello di scongiurare un lockdown generalizzato, l’obiettivo è fallito. E se l’obiettivo del lockdown generalizzato doveva essere quello di una riapertura, almeno graduale, il 7 gennaio, allora anche questo è stato mancato.

Sicuramente le fonti filo-governative ritengono che la colpa sia dei soliti “furbetti”. Questa volta i “furbetti” sono i cittadini che sono andati a fare acquisti nei giorni in cui il governo aveva incentivato lo shopping nei negozi delle piazze e delle vie delle città italiane, disincentivando quelli online (più sicuri, da un punto di vista sanitario). Nei giorni dello shopping quasi tutte le regioni italiane, tranne l’Abruzzo, erano diventate gialle, quindi c’era un basso tasso di contagio. La tendenza era in calo anche quando il governo ha annunciato le nuove chiusure natalizie. Solo successivamente è arrivata la notizia della variante inglese del virus e allora le nuove misure sono apparse, a posteriori, più che giustificate dalla paura che le nuove mutazioni potessero essere (forse) più contagiose. Però la tendenza del contagio, sia settimanale che bi-settimanale è tuttora in calo. Il governo è stato dunque preveggente? Oppure naviga a vista?

La netta sensazione che il governo stia navigando a vista è motivata dalla rapidità con cui cambia idea e strategia. Una politica che crea un clima di eterna incertezza che rovina i programmi anche di breve periodo, rendendo impossibili non solo le prenotazioni, ma anche investimenti, spese, scorte. Nessuno, tuttavia, pare porsi il dubbio che il lockdown sia una strategia efficace. Si dà per scontato che, all’irrigidirsi delle misure restrittive, coincida un calo dei contagi. E’ troppo presto per misurare gli effetti di queste ultime chiusure natalizie, ma i periodi precedenti non mostrano alcuna correlazione certa fra il numero di vittime e l'adizione di strategie di lockdown, né in Italia né all'estero. Lo storico del futuro potrebbe giungere alla drammatica conclusione che abbiamo tutti affrontato un sacrificio inutile.