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La sentenza

Ragazza bisessuale e potestà genitoriale: Cassazione a due facce

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Gli ermellini hanno ribaltato i primi due gradi di giudizio, ristabilendo la potestà genitoriale, nel caso di una minorenne bisessuale disapprovata da mamma e papà per via del suo “orientamento”. Ma le motivazioni dei giudici sono nel solco del politicamente corretto.

Editoriali 17_12_2025

La vicenda nasce da una telefonata di una minorenne, allora tredicenne, al Telefono azzurro al tempo della fine del lockdown per il Covid. La ragazzina si lamentava che i genitori, non più conviventi, osteggiassero il suo orientamento bisessuale. Da qui la sospensione della potestà genitoriale, l’allontanamento dai genitori e l’inserimento in una comunità.

I genitori giustamente si opposero e ne nacque una vertenza giudiziaria che è approdata sino in Cassazione. I giudici, alcuni giorni fa, hanno dato ragione ai genitori: la sospensione della responsabilità genitoriale decisa dal giudice può motivarsi solo in presenza di violazioni dei doveri genitoriali o di abusi dei relativi poteri, tali per cui si realizzi un grave pregiudizio a danno del minore. «Il percorso motivazionale che accompagna il decreto della Corte d'appello – si legge nella sentenza – appare inidoneo a sostenere una decisione così drastica e radicale come la decadenza di entrambi i genitori dalla responsabilità genitoriale». 

Inoltre i giudici rilevano che i genitori erano sì contrari a questo suo cambiamento, ma non in modo tale da impedire alla ragazzina di comportarsi da bisessuale. Insomma non ci sono stati maltrattamenti, né violenze fisiche o psicologiche. Così nella sentenza: «Nel decreto della Corte d'appello non si riferisce, in nessun modo, di condotte autoritarie del padre o della madre esercitate attraverso l'irrisione svalutante dell'attrazione affettiva avvertita dalla figlia o mediante la frapposizione di impedimenti alla frequentazione di amicizie o per il tramite della manifestazione di sentimenti di avversione o denigrazione o mediante condotte miranti all'esercizio dello ius corrigendi per indurla a una “scelta” conforme alle aspettative dei genitori».

Infatti, la reazione dei due genitori alla notizia che la figlia era bisessuale è stata assolutamente composta, addirittura fin troppo: la mamma era «rimasta in silenzio [e] il giorno dopo aveva fatto finta di nulla». La ragazzina però si «sarebbe aspettata un atteggiamento più comprensivo da parte sua». In merito al padre, invece, aveva «trovato maggiore comprensione da parte sua», tanto da voler «trasferirsi da papà, incontrando ogni tanto mamma». E così proseguono i giudici: «Si è di fronte, in altri termini, a una difficoltà a (non a un rifiuto di) accompagnare la figlia nella ricerca e nella progressiva affermazione della sua identità; si è al cospetto, insomma, di una distanza emotiva dai suoi bisogni».

Un paio di veloci riflessioni. La prima riguarda l’orientamento ideologico dei giudici di primo e secondo grado: se tu genitore sei contrario all’orientamento sessuale di tuo figlio, anche se non l’osteggi, meriti che il figlio venga a te strappato. In breve sono i giudici a decidere quali sono i valori che devono ispirare una sana educazione familiare. Tra questi il credo LGBT che deve essere accettato, anzi imposto a tutti i genitori, altrimenti non sono bravi genitori.

Seconda riflessione: i giudici della Cassazione cadono nello stesso errore dei loro colleghi, solo che l’errore è di grado minore. Gli ermellini non hanno detto: tu genitore hai tutto il diritto di opporti alle scelte sull’orientamento sessuale di tua figlia. Bensì: tu al massimo puoi esprimere “una distanza emotiva”, una difficoltà a comprendere, ma guai a vietare ad esempio che frequenti Tizia o Caia, guai a proibirle di vedere certi video arcobaleno o a partecipare ai gay pride. Questo sarebbe un atto illegittimo perché violento, perché farebbe coercizione sulla libera espressione della personalità della ragazzina. I genitori dunque, come se fossero spettatori a teatro, devono al massimo applaudire o fischiare le condotte dei figli, ma non possono vietare loro di salire sul palco. I genitori si devono arrendere alle decisioni dei figli.

In breve, i giudici di primo e secondo grado ritengono addirittura illegittimo il giudizio di mera disapprovazione dei genitori in merito alla bisessualità della figlia, praticando sì, questa volta, una vera e propria violenza a danno di questi ultimi che non sono nemmeno più liberi di formarsi autonomamente un giudizio sulle scelte della ragazzina. Invece i giudici della Cassazione permettono – o forse addirittura tollerano – che i genitori esprimano dissenso, ma l’importante è che il dissenso non si tramuti in conseguenti e fattivi atti ostativi ai danni della figlia. Dunque anche la Cassazione, seppur non decida per il sequestro della minore mettendola in comunità di recupero, sequestra ugualmente la figlia ai genitori perché mette un muro tra loro e lei, impedisce al padre e alla madre di esercitare il diritto naturale all’educazione, sospende, seppur in forma più attenuata, la potestà genitoriale perché la limita fortemente, ne depotenzia il suo effettivo portato.