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L'URANIO DI MUSSOLINI

Quando il Duce voleva l'atomica. Un romanzo siciliano

Franco Durante, agente segreto dell'Italia fascista, indaga in Sicilia su un omicidio particolarmente scottante. La vittima, un alto grado della Milizia, stava preparando un raid nell'Africa francese per rubare dell'uranio, nell'ambito del programma nucleare segreto. Dialoghi in siciliano (ragusano) del romanzo L'uranio di Mussolini di Franco Forte e Vincenzo Vizzini.

Cultura 27_07_2021
L'uranio di Mussolini (copertina)

Nel 1934 l’incursore del Sim (Servizio Informazioni Militare) Franco Durante viene convocato presso la sede del quotidiano Il Popolo d’Italia, dove il direttore «ha richiamato anche i migliori poeti del regime». Il direttore è Benito Mussolini, Duce del Fascismo. Tra i «poeti» adunati in anticamera in mezzo a una folla di giovani in fez e camicia nera, «ardimentosi che agognavano l’intervento in Etiopia», il Durante scorge due facce di emergenti a lui note, Vitaliano Brancati e Indro Montanelli. Quest’ultimo, «Mussolini lo ha elogiato per un suo articolo contro il razzismo e ora lo vuole fra i collaboratori del Popolo». E’ questa una delle scene inziali del singolare romanzo L’uranio di Mussolini. Un’indagine serrata nella Sicilia del Ventennio fascista, di Franco Forte e Vincenzo Vizzini (Mondadori).

Ma perché quello che è in pratica un agente segreto italiano è stato chiamato proprio là, con preghiera (i.e. ordine tassativo) di non dir niente a nessuno e soprattutto di non palesare la sua identità? Infatti, giovane tra i giovani, la sua presenza passa inosservata, confusa tra gli interventisti della Quarta Sponda. Introdotto discretamente in uno degli uffici del giornale, Durante si ritrova al cospetto di due personaggi che conosce benissimo (nel senso di: sa chi sono), il Duce in persona e Italo Balbo, il mitico Maresciallo dell’Aria e leggendario trasvolatore oceanico. Entrambi sono in borghese, così come la terza persona presente, un signore distinto e un po’ stempiato che, dopo le presentazioni, risponde al nome di Enrico Fermi. L’incursore non l’ha mai visto, ma ne ha sentito parlare: uno scienziato coi fiocchi, vanto d’Italia come Marconi. Il Nostro viene messo a giorno di quel che bolle in pentola. Si tratta di una caccia all’uranio, un metallo (sconosciuto al nostro Durante, specialista in missioni in incognito e sotto copertura) essenziale al confezionamento di una nuova e straordinaria arma.

E’ stata individuata una miniera in Ciad, che però è protettorato francese. Bisogna operare un blitz, prendere un po’ di uranio (ne basta poco) e scappare. L’operazione sarà condotta con un raid aereo partente dalla Sicilia. La zona in cui costruire una base aerea segretissima è stata stabilita in Sicilia, dalle parti di Ragusa. Da lì decolleranno gli aerei che piomberanno sulla striscia di Aozou in Ciad, dov’è la miniera che interessa. Operazione Ausonia è il nome del programma. E attenzione perché pare che anche gli inglesi abbiano annusato qualcosa al riguardo. Sì, ma che c’entro io in tutto questo? E’ la spontanea domanda di Durante. Il fatto è che incaricato dell’individuazione dei terreni adatti alla costruzione di un campo di atterraggio e decollo era un alto grado della Milizia. Che è stato ucciso, non si sa da chi e perché. La polizia locale sta indagando, naturalmente, ma altrettanto naturalmente non sa niente dell’Operazione Ausonia. Né dovrà saperlo.

Perciò Durante è precettato per recarsi in Sicilia ed affiancare le indagini senza far trapelare qual sia la vera posta in gioco. E così la scena si trasferisce a Ragusa e tutto il romanzo è costituito da quel che fanno Durante e il commissario ragusano Ibla. Tutta praticamente costruita sui dialoghi, la vicenda si avvale anche di interventi in ragusano stretto. Sì, perché il siciliano non è un dialetto univoco. I lettori italiani sono stati abituati al siciliano di Montalbano, che però è agrigentino puro. Il ragusano è leggermente diverso, e gli autori (soprattutto Vizzini, suppongo) si sono affrettati a tradurre le frasi che ne avevano necessità. Il resto è felicemente lasciato al comprendonio del lettore. Il quale, certo, si chiederà: ma con tutte quelle limonate, poi riuscivano ad andare in bagno?