Perché il colloquio orale così com’è non funziona
Ascolta la versione audio dell'articolo
La nuova struttura introdotta dal 2019, basata sull’analisi di un documento iniziale come spunto per il colloquio, non è degna di un maturando. Troppe forzature, in nome dell’interdisciplinarità. E anche PCTO e cittadinanza all’Esame non sono il massimo.

Negli ultimi anni, il colloquio orale dell’Esame di Stato è stato oggetto di un restyling apparentemente ambizioso. Ma dietro la patina di modernità e interdisciplinarità si nasconde un rituale che, invece di valorizzare il percorso scolastico dello studente, finisce per svilirlo. La nuova struttura introdotta dal 2019 — basata sull’analisi di un documento iniziale come spunto per il colloquio — appare, a uno sguardo critico, inadeguata e addirittura fuorviante.
Il documento, che dovrebbe fungere da «innesco» per un discorso interdisciplinare, rimanda più agli esami di terza media che a una vera sintesi degna di un maturando alla fine di un percorso quinquennale. Alcuni testi, come poesie di guerra o brani letterari intensi (Ungaretti è un classico), offrono spiragli autentici per avviare un dialogo complesso. Ma cosa accade quando il testo è ambiguo, o poco legato ai percorsi scolastici reali? Lo studente è costretto a forzare collegamenti, spesso superficiali o meramente analogici, perdendo profondità e rigore.
La trappola dell’interdisciplinarità
L’idea di creare un colloquio multidisciplinare sembra, in teoria, altamente formativa. Ma nella realtà si trasforma in un esercizio di equilibrismo. Le discipline umanistiche — italiano, storia, filosofia — si prestano naturalmente a una costruzione discorsiva. Le materie scientifiche? Più ostiche, sono spesso relegate a un ruolo marginale al colloquio o costrette in paragoni poco rigorosi. Capita così che un brano letterario venga legato alla fisica con artifici come «la forza di gravità presente nel testo rappresenta il peso dell’esistenza» – un collegamento che farebbe rabbrividire qualunque scienziato – oppure «si può calcolare l’area di una figura del quadro Guernica utilizzando gli integrali» in modo da collegare anche la matematica alle materie umanistiche.
L'effetto roulette: il destino del candidato
Un altro fattore di criticità è l’influenza che ha la disciplina di partenza del documento. Se il testo è proposto da un docente di una materia più «debole» per lo studente, quest’ultimo si ritrova a partire già svantaggiato. Inoltre, in molti casi, ogni commissario desidera proporre il «suo» documento, il che comporta talvolta scelte dettate più da dinamiche interne alla commissione che da una reale attenzione al percorso dello studente.
Un esame che finge collegialità
La contraddizione più profonda è proprio qui: si pretende di costruire un'unità culturale in un contesto scolastico in cui raramente esiste un progetto didattico ed educativo condiviso tra i docenti. Salvo rare eccezioni di realtà scolastiche, durante l’anno gli insegnanti lavorano come «isole», ognuno con i propri obiettivi, e lo studente percepisce questa frammentazione per tutta la sua carriera scolastica. Ma all’orale si pretende che tutto magicamente si unisca: si parla di collaborazione, di visione d’insieme, ma spesso è solo una rappresentazione scenica.
Un salto indietro in termini di profondità
Rispetto all’impianto precedente al 2019, l’orale attuale appare impoverito sotto ogni punto di vista. Meno spessore culturale, meno possibilità di far emergere un pensiero critico, più attenzione alla forma e alla rapidità espositiva. L’ansia da prestazione aumenta, mentre la qualità della discussione scende. E il candidato più «strategico» — che studia per «colpire» più che per capire e che prepara percorsi efficaci— finisce talvolta per conseguire risultati migliori rispetto a chi ha realmente approfondito.
Nella seconda parte del colloquio il candidato presenta una breve relazione o un elaborato multimediale dell’esperienza di PCTO (Percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento) svolta nel percorso di formazione.
Nella terza parte del colloquio la commissione accerterà le conoscenze e le competenze maturate dal candidato nell’ambito delle attività relative a cittadinanza e Costituzione i cui nuclei tematici fondamentali sono: Costituzione, istituzioni dello Stato e legalità; sviluppo sostenibile, educazione ambientale e conoscenza del patrimonio; cittadinanza digitale.
Ma perché giudicare il PCTO e valutare il tema della cittadinanza proprio nell’ora dell’esame orale?
Non vorrei che fosse fraintesa la domanda che ho ora posto. Credo che nessuno possa sottovalutare l’importanza del fatto che uno studente già nel percorso delle superiori si consideri in una prospettiva più ampia: da una parte quella dell’orientamento universitario e lavorativo che lo porti a conoscersi, a scoprire i talenti, le passioni, i desideri; dall’altra la dimensione comunitaria di un ragazzo che appartiene a una società civile di cui debba conoscere bene le regole.
Queste due dimensioni devono però caratterizzare nella sostanza la scuola superiore, non devono diventare una facciata esterna da palesare agli Esami. Pensate che il PCTO si sviluppa in 90 ore in tre anni (in media trenta ore per anno) e cittadinanza e Costituzione sono raccolte in trentatré ore annue. Un pacchetto di poco più di sessanta ore su mille ore annue diventa oggetto di un terzo dell’esame orale (un quarto d’ora o venti minuti). Tutte le altre discipline affrontate in mille ore trovano lo spazio di mezz’ora o poco più di discussione in cui gli insegnanti per lo più ascoltano i collegamenti proposti dal candidato avendo poco spazio di intervento. Gli studenti dovrebbero essere accompagnati bene durante l’anno a giudicare l’esperienza del PCTO. L’esame non deve essere una vetrina per mostrare percorsi virtuosi della scuola, talvolta rimasti più nella teoria che tradotti in fatti.
Senz’altro è vero che l’esame orale non debba essere un momento di esclusiva valutazione delle conoscenze. Certo è che le competenze passano anche attraverso le conoscenze e la cultura. Negli ultimi anni in Italia il livello delle competenze degli studenti è sceso, credo proprio a partire da un abbassamento culturale che chiunque bazzichi nell’ambito della scuola secondaria di secondo grado o in quello universitario percepisce nel mondo dei ragazzi.
Una nuova prospettiva è possibile?
Serve una riforma autentica, non una messinscena. Un esame orale dovrebbe partire dal percorso reale dello studente, dalle sue scelte, dalla sua maturazione, non da un testo calato dall’alto. Dovrebbe privilegiare un dialogo formativo, non una simulazione interdisciplinare, restituire valore allo studio e alla cultura, e non trasformarli in un esercizio di acrobazia mentale.
La nostra scuola cambia sistema pedagogico ogni cinque o dieci anni, introduce nuovi corsi e nuove educazioni con il risultato che il livello culturale si abbassa, le ore per affrontare le lezioni diminuiscono e i ragazzi sono sempre più persi in un mondo di adulti che non hanno ipotesi educative da proporre loro. L’esame di Stato dovrebbe essere l’ultima occasione per la scuola di dire: «Questo è ciò che conta davvero». E oggi, questo messaggio, non arriva.
Tutto quello che c'è da sapere sul colloquio orale
A partire dal 2019 ad attendere i maturandi è una prova orale in quattro parti molto diversa da quella affrontata a suo tempo dai loro genitori. Vediamone lo svolgimento per poi esaminarne i punti critici nella prossima puntata.