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VIAGGIO APOSTOLICO

Papa in Colombia, speranza per una pace giusta

Primo giorno intenso nel viaggio apostolico di Papa Francesco in Colombia. La pace con le Farc, nella più lunga guerra civile del Novecento, è sempre al centro dell'attenzione. Il pontefice esorta i politici colombiani a una pace giusta, evitando interessi di breve termine e vendette. Ai giovani chiede di edificare una società giusta. Ai vescovi di continuare ad essere testimoni di speranza.

Ecclesia 08_09_2017
Colombia, manifestazione per la pace

La prima giornata del viaggio apostolico di papa Francesco in Colombia si è aperto ieri a Bogotà, incontrando le autorità politiche del paese radunate nella Plaza de Armas del palazzo presidenziale. Un incontro atteso perché il paese nell’ultimo anno è arrivato a una pacificazione con le Farc, Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia, dopo oltre cinquant’anni di guerriglia che ha insanguinato il popolo.

L’INCONTRO CON I POLITICI

Quello con le Farc è un accordo controverso, inizialmente bocciato dal popolo con il referendum dell’ottobre scorso, poi rivisto e concluso accogliendo molte delle perplessità del fronte del “no” rappresentato dall’ex presidente Álvaro Uribe. Un accordo che l’attuale presidente Manuel Santos ha cercato caparbiamente, anche per rilanciare la sua immagine politica piuttosto appannata. Nel discorso di ieri papa Francesco ha cercato di smarcarsi da ogni strumentalizzazione, proferendo parole favorevoli all’accordo che anche lui ha promosso con l’azione diplomatica della Santa Sede e personalmente, ma allo stesso tempo ha detto alla nazione di impegnarsi per la pacificazione rifuggendo «da ogni tentazione di vendetta e ricerca di interessi solo particolari e a breve termine». Interessante a questo proposito anche il riferimento a «leggi giuste» per poter garantire una vera armonia «e aiutare a superare i conflitti che hanno distrutto questa nazione per decenni; leggi che non nascono dall’esigenza pragmatica di ordinare la società bensì dal desiderio di risolvere le cause strutturali della povertà che generano esclusione e violenza. Solo così si guarisce da una malattia che rende fragile e indegna la società e la lascia sempre sulla soglia di nuove crisi. Non dimentichiamo che l’ingiustizia è la radice dei mali sociali».  

Ricordando l’impegno della chiesa per la pace, la giustizia e il bene comune, il Papa ha ricordato ai politici che «i principi evangelici costituiscono una dimensione significativa del tessuto sociale colombiano e per questo possono contribuire molto alla crescita del Paese; in modo speciale il sacro rispetto della vita umana, soprattutto la più debole e indifesa (…) Inoltre, non possiamo non mettere in risalto l’importanza sociale della famiglia, sognata da Dio come il frutto dell’amore degli sposi (…)E, per favore, vi chiedo di ascoltare i poveri, quelli che soffrono».

AI GIOVANI

Affacciato dal balcone del palazzo cardinalizio di Bogotà sulla piazza Bolivar, il Papa si è rivolto ai circa 20.000 giovani radunati. Li ha esortati innanzitutto a «mantenere viva la gioia» che è  «segno del cuore giovane, del cuore che ha incontrato il Signore». E’ questo incontro che rende capaci di «sognare il futuro», un invito che il Papa rivolge spesso ai giovani, «per incendiare il mondo intero».

Infine li ha richiamati a un impegno. «Prendetevi questo impegno», ha concluso Francesco, «per il rinnovamento della società, perché sia giusta, stabile, feconda. Da questo luogo, vi incoraggio a confidare nel Signore, che è l’unico che ci sostiene, l’unico che ci incoraggia per poter contribuire alla riconciliazione e alla pace».

AI VESCOVI

Nel salone del palazzo cardinalizio Francesco ha poi incontrato i 130 vescovi colombiani, accolto dal Presidente della Conferenza Episcopale Colombiana e Arcivescovo di Villavicencio, S.E. Mons. Óscar Urbina Ortega. «La Colombia», ha detto il Papa, «ha bisogno del vostro sguardo, sguardo di Vescovi, per sostenerla nel coraggio del primo passo verso la pace definitiva, la riconciliazione, il ripudio della violenza come metodo, il superamento delle disuguaglianze che sono la radice di tante sofferenze, la rinuncia alla strada facile ma senza uscita della corruzione, il paziente e perseverante consolidamento della res publica, che richiede il superamento della miseria e della disuguaglianza». 

La via principale per realizzare questo passaggio sta nel fatto che «Voi [vescovi] non siete tecnici né politici, siete Pastori. Cristo è la parola di riconciliazione scritta nei vostri cuori e avete la forza di poterla pronunciare non solo sui pulpiti, nei documenti ecclesiali o negli articoli dei periodici, ma più ancora nel cuore delle persone, nel segreto santuario delle loro coscienze». 

Il papa si rivolge alla chiesa di Colombia per chiamarla ad essere fulcro del processo di pacificazione; consapevole delle difficoltà ricorda ai pastori che «Dio ci precede, siamo tralci e non la vite. Pertanto, non fate tacere la voce di Colui che ci ha chiamati, e non pensate che siano la somma delle vostre povere virtù o le lusinghe dei potenti di turno ad assicurare il risultato della missione che Dio vi ha affidato».

INCONTRO CON IL CELAM

Presso la Nunziatura Apostolica di Bogotá, Francesco ha incontrato i membri del Comitato Direttivo del CELAM (Consiglio Episcopale Latinoamericano che raggruppa i Vescovi delle 22 Conferenze Episcopali dell’America Latina e dei Caraibi). Il Papa è tornato su molti temi a lui cari, ridefinendo per l’ennesima volta il carattere di una chiesa in uscita. «Uscire per incontrare, senza passare oltre; chinarsi senza noncuranza; toccare senza paura. Si tratta di mettersi giorno per giorno nel lavoro sul campo, lì dove vive il Popolo di Dio che vi è stato affidato. Non ci è lecito lasciarci paralizzare dall’aria condizionata degli uffici, dalle statistiche e dalle strategie astratte. Bisogna rivolgersi alla persona nella sua situazione concreta; da essa non possiamo distogliere lo sguardo. La missione si realizza in un corpo a corpo».

Ha quindi spronato la chiesa ad essere testimone di una speranza che «viene dall’alto». Questa speranza deve rivolgersi ai giovani non accontentandosi «della retorica o di scelte scritte nei piani pastorali e mai messe in pratica». Le grandi sfide «del continente rimangono sul tavolo e continuano ad attendere l’attuazione serena, responsabile, competente, lungimirante, articolata, consapevole, di un laicato cristiano che, in quanto credente, sia disposto a contribuire: nei processi di un autentico sviluppo umano, nel consolidamento della democrazia politica e sociale, nel superamento strutturale della povertà endemica, nella costruzione di una prosperità inclusiva fondata su riforme durature e capaci di tutelare il bene sociale, nel superare le disuguaglianze e salvaguardare la stabilità, nel delineare modelli di sviluppo economico sostenibili che rispettino la natura e il vero futuro dell’uomo – che non si esaurisce nel consumismo illimitato –, come pure nel rifiuto della violenza e nella difesa della pace».

«Se vogliamo servire, come CELAM, la nostra America Latina», ha concluso, «dobbiamo farlo con passione. Oggi c’è bisogno di passione. Mettere il cuore in tutto quello che facciamo».