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Orsola, la forza di chi è di Dio (e non del mondo)

Segretamente consacrata a Dio, sant’Orsola dovette accettare il matrimonio con un re pagano per scongiurare una guerra. Ma pose delle condizioni, tra cui la conversione dello sposo. Venne poi martirizzata per la sua fede in Cristo. Il suo esempio ricorda che cosa significa essere nel mondo ma non del mondo, agendo solo per la gloria di Dio.

Ecclesia 21_10_2021
Martirio di sant'Orsola_Caravaggio

Se si riflette bene sulle vicende della Chiesa nel corso della sua storia e sulle sue battute d’arresto, si nota che alla fine tutto si riduce al suo rapporto con il mondo, a volte sbilanciato contro di esso, a volte a suo favore. Quando parliamo del “mondo” in senso cristiano, non si intende semplicemente riferirsi al proprio prossimo, ma al dominio del Maligno che pure opera nel mondo e contro cui si deve combattere. Ecco perché siamo nel mondo, ma non del mondo (cfr. Gv 15,18-21; Gv 17,11-19). Siamo sale nel mondo ma non apparteniamo essenzialmente a questo mondo, che siamo chiamati a cambiare nel corso di una battaglia che è in atto dall’origine dei tempi e che vede le forze del Bene da una parte e quelle del Male dall’altra.

Questa battaglia è stata combattuta da tutti i santi, come per esempio sant’Orsola, che la Chiesa ricorda oggi, 21 ottobre. La sua vita è oggetto di vari resoconti. Vissuta fra il IV e il V secolo, era figlia di un re e segretamente consacrata a Dio. Ma un re pagano, di nome Aetherius, la chiese in sposa. Orsola era bellissima e dovette accettare perché questo matrimonio avrebbe scongiurato una guerra. Pose alcune condizioni: la conversione dello sposo, tre anni di attesa e un pellegrinaggio con il suo sposo a Roma. Le condizioni furono accettate e al tempo stabilito si mise in cammino con delle vergini: undici sembra, che divennero undicimila per un errore di trascrizione in un’iscrizione. Con loro si recò a Colonia e poi a Roma, dove le raggiunse il promesso sposo di Orsola nel frattempo convertito al Cristianesimo. Al ritorno a Colonia furono martirizzate per la loro fede in Cristo (vedi Mario Benatti su santiebeati.com).

Su sant’Orsola troviamo anche questa informazione: «Punto di partenza della leggenda di O. e delle undicimila vergini è soprattutto un’epigrafe della seconda metà del sec. IV o del V, in cui un certo Clemazio dichiara d’essere stato divinamente ammonito a riedificare una basilica sul luogo dove “sanctae Virgines pro nomine Christi sanguinem suum fuderunt”. L'epigrafe ha dato luogo a un’infinità di discussioni. Oggi si è però d’accordo nel ritenerla autentica. Del resto l’iscrizione parla genericamente di vergini martirizzate, e non ne dice né il nome, né il numero, come si preciserà sullo scorcio dell’alto Medioevo» (Cecchelli-Gnoli su treccani.it).

Sant’Orsola si trovò a dover affrontare le esigenze del mondo, della politica, e intese trasformarle a gloria di Dio e per l’edificazione di tutti. Essa andò incontro al martirio perché confessava la fede in Cristo, suo Signore. Accettò anche un matrimonio che probabilmente non avrebbe desiderato, perché capiva che fare la volontà di Dio vuol dire spesso prendere la propria croce. Ecco perché essa è considerata protettrice dei buoni matrimoni, e se ci guardiamo intorno possiamo capire quanto questa protezione sia veramente necessaria. Cosa c’è più in crisi dell’istituzione del matrimonio e della famiglia? Anche in ambito cattolico essa fa fatica a confrontarsi con le esigenze di un mondo che le è sempre più ostile.

A sant’Orsola si ispireranno le Orsoline, congregazioni femminili fondate originariamente da sant’Angela Merici e oggi presenti, nelle loro varie declinazioni, in diverse parti del mondo.