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INTERVISTA / DEAN GREGORY

«Mia figlia Indi messa a morte da un Sistema diabolico»

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Si è riaccesa una piccola speranza per Indi Gregory, la bambina di 8 mesi gravemente malata a cui oggi i medici potrebbero togliere i supporti vitali: il governo italiano le ha concesso la cittadinanza italiana così da facilitare un eventuale trasferimento al Bambin Gesù di Roma. Alla Bussola il papà di Indi, Dean Gregory, consegna un messaggio di gratitudine per tutto quanto sta facendo l'Italia. E sulla sua vicenda dice: «In tribunale ho visto l’inferno, per questo ho fatto battezzare mia figlia».

Vita e bioetica 06_11_2023 English

Aggiornamento ore 15.

Il governo italiano, riunito in seduta urgente alle 14.15, ha concesso la cittadinanza italiana a Indi Gregory per permettere l’avvio di un iter che la porti al trasferimento presso l’Ospedale Bambin Gesù di Roma, che aveva già dato la disponibilità al ricovero. L’ostacolo più difficile è ora ottenere l’assenso del governo britannico e dell’Ospedale di Nottingham dove Indi è ricoverata, che avrebbe potuto staccare oggi il ventilatore dalle 15, ora italiana. Ricordiamo che nel 2018 la cittadinanza italiana fu concessa anche ad Alfie Evans, ma le autorità britanniche non accettarono comunque il trasferimento in Italia.
la decisione ha comunque riacceso le speranza dei genitori di Indi, e il padre Dean ha rilasciato alla Bussola questa dichiarazione: «L’Italia ci dà forza e coraggio per combattere l’ingiustizia di cui è vittima la mia bella bambina Indi. Siamo sopraffatti dal sostegno che ci viene dall’Italia e aver fatto di Indi una cittadina italiana mi commuove fino alle lacrime. Ti amiamo Italia»

 

 

«In tribunale mi sembrava di essere stato trascinato all'inferno (…) Non può esistere un inferno senza un paradiso e io voglio che Indi vada in paradiso, per questo l’ho fatta battezzare». Dean Gregory era al capezzale di Indi sabato sera quando la Bussola lo ha contattato telefonicamente per questa intervista esclusiva. Oggi, lunedì 6 novembre alle 14 (ora inglese, le 15 in Italia), scade la sospensione giudiziaria che impediva ai medici di toglierle le cure vitali. Ed è altamente improbabile che l'appello dell'ultimo minuto alla CEDU (Corte Europea dei Diritti dell’Uomo) potrà cambiare il corso degli eventi. Dopo aver lottato per settimane contro i medici e gli avvocati nei tribunali, la famiglia Gregory ha di fatto esaurito ogni possibile strada per salvare Indi dalla morte. È lo stesso tragico copione a cui ormai siamo abituati e che abbiamo vissuto con Charlie Gard, Alfie Evans, RS, Archie Battersbee, Sudiksha Thirumalesh. La scandalosa ripetizione di così tanti casi di fine vita nel Regno Unito «fa vergognare il nostro Paese», dice Gregory.

Signor Gregory, può spiegarci il caso di Indi?
Indi è nata normalmente il 24 febbraio 2023, anche se sapevamo che aveva seri problemi prima della nascita, grazie alle ecografie di routine effettuate durante la gravidanza. Aveva del liquido nel cervello e problemi cardiaci. Per questo motivo, i medici ci hanno fatto pressioni per abortire fino al momento della nascita. Ci avevano avvertito che avrebbe potuto nascere blu e non respirare dopo il parto, ma all'inizio stava bene. Qualche ora dopo, però, ha smesso di respirare ed è stato necessario rianimarla. E siccome Indi aveva problemi a deglutire il latte è stata trasferita in questo ospedale: Queen's Medical Centre, Nottingham. Ma le cose peggioravano e Indi ha iniziato ad avere crisi epilettiche difficili da controllare e talvolta prolungate. Al secondo mese i medici hanno voluto sottoporla a un test genetico. A quel punto abbiamo scoperto che Indi soffriva della sindrome da deplezione del DNA mitocondriale (MDS).

Come hanno reagito i medici alla diagnosi?
Quando è arrivato il risultato, ho notato un cambiamento di atteggiamento. Sembrava che i medici avessero deciso di rinunciare a Indi. Hanno iniziato a consigliarci di cercare un hospice. Ma io feci notare che non avevano ancora provato a curarla. Mi risposero che non c'erano posti letto in terapia intensiva e che non poteva essere messa in reparto. Alla fine ha ricevuto qualche trattamento di supporto, ma non ho mai avuto la sensazione che si impegnassero davvero ad aiutarla. In un'occasione, un medico ci disse che avrebbe tentato un esperimento su Indi lasciandola per due ore e mezza quando aveva le convulsioni. Voleva farlo per due o tre giorni per vedere cosa sarebbe successo. Non capivo perché. Mi sono persino chiesto se stessero cercando di provocare un danno cerebrale che sarebbe stato una scusa per porre fine alla sua vita. Allo stesso tempo, continuavano a parlare di trasferire Indi in un hospice.

Cosa è successo dopo?
Indi ha continuato ad avere crisi e ad essere rianimata. Ma erano causate da infezioni contratte in ospedale. Lo scorso luglio ha sviluppato una sepsi dovuta a un'infezione da e-coli. È seguito un periodo relativamente buono. A metà agosto ha contratto un altro ceppo di e-coli. Penso che possa essere stato causato dalla mancanza di igiene nell'ospedale. Infatti, anche altri bambini dell'unità ne erano affetti.

Quando i medici hanno iniziato a parlare di togliere i supporti vitali?
All'inizio di settembre siamo stati convocati per una riunione per discutere delle cure future di Indi. In sostanza, volevano informarci che non ci sarebbe stato alcun trattamento futuro. Il medico ci disse che avrebbero inserito un DNR (ordine di non rianimazione) nella sua cartella clinica nel caso in cui avesse avuto un'altra infezione grave. Ho detto che non ero d'accordo. Ci dissero che la nostra riluttanza a collaborare sarebbe potuta diventare un caso giudiziario. Non avevano alcuna compassione.

Avete ricevuto una citazione in tribunale dopo quell'incontro?
No, non abbiamo ricevuto nulla per iscritto. Poi, qualche settimana dopo, un medico e un'infermiera ci hanno chiamato in una stanza per dirci che il Trust (l’ente amministrativo che gestisce l’ospedale) ci avrebbe portato in tribunale e che si sarebbe trattato dell'udienza finale. L'infermiera ha aggiunto che l'avvocato del tribunale le aveva detto di dirci che dovevamo mantenere il riserbo sulla questione e di non diffondere la storia sui social media. Se lo avessimo fatto, avrebbero fatto applicare delle restrizioni per imporci il silenzio. Ho detto loro: «Non avete alcuna possibilità, questa storia finirà su tutti i social media». Avevamo solo 40 ore di preavviso.

Cosa è successo in tribunale?
La prima udienza è stata aggiornata perché non avevo un rappresentante legale. Mi è stata data una settimana di tempo per trovare una soluzione. Ma era troppo presto, quindi non sono andato alla seconda udienza. Pertanto, anche questa è stata rinviata. La mamma di Charlie Gard mi ha aiutato e mi ha indicato Christian Concern. Hanno preso in carico il mio caso, si sono occupati della stampa e della mia difesa legale. Sono davvero grato a loro.

Direbbe di aver avuto un trattamento equo?
No, è un sistema unilaterale. Il servizio sanitario nazionale, gli avvocati e i medici si spalleggiano a vicenda, si comportano come amici e pranzano persino insieme. La famiglia non ha alcuna possibilità e non ha alcun diritto. Sono rimasto scioccato dalle testimonianze esagerate che i professionisti hanno rilasciato in tribunale per dimostrare che Indi soffre terribilmente. Un'infermiera ha raccontato di aver visto Indi trasalire dal dolore quando le dava le medicine. Una ha detto che ha attacchi di tosse che durano fino a 10 minuti. Non è vero, sua madre Claire e io passiamo fino a dieci ore ogni giorno con Indi e ci fermiamo anche la notte se sta male. Se pensassi per un momento che mia figlia stia soffrendo, interromperei le cure, ma non è così. I video di Indi lo dimostrano.

La settimana scorsa l'ospedale pediatrico vaticano di Roma si è offerto di curare Indi, con l'assenso del governo italiano. Cosa ha provato quando ha ricevuto la notizia?
All'inizio mi è sembrato surreale, era un'offerta così bella. Ero molto emozionato. Quando ho ricevuto la notizia avevo perso ogni fiducia nell'umanità. Non potevo credere che l'Italia fosse disposta a prendere un bambino che non conosceva e che non era un suo cittadino. È stato travolgente. Il Regno Unito ha voltato le spalle a Indi e l'Italia è arrivata a dare una mano. Mi ha restituito la fiducia nell'umanità, ma mi ha fatto sentire in imbarazzo per essere britannico.

E qual è stata la reazione dell'ospedale?
Erano molto irritati e hanno chiarito che non l'avrebbero lasciata andare. Sembrava che fosse in gioco la loro reputazione e non potevano permettere che si creasse un precedente che potesse incoraggiare altri a seguire l'esempio, quindi dovevano punirci. Hanno addotto scuse come il fatto che spostarla fosse troppo pericoloso. A loro dire, spostare Indi solo per il breve tratto dall'ospedale all'hospice era problematico, quindi il lungo viaggio in Italia era fuori questione. Hanno detto che l'intervento di cardiochirurgia, che era stato raccomandato da altri medici e che sarebbe stato fatto in Italia, era inutile. Dicevano che era un prolungamento dell'inevitabile perché la malattia non può essere curata. È vero, so che non c'è una cura, ma so anche che la malattia può essere gestita, come succede con il diabete o l'asma per i quali non c'è una cura. Ma se si uccidono tutti i pazienti con la malattia, come faranno i medici a trovare una cura?

Chi ha organizzato la manifestazione pacifica che si è tenuta ieri davanti all'ospedale?
Un'altra madre il cui figlio è affetto da malattia mitocondriale ed è in cura presso l'ospedale. Voleva attirare l'attenzione dell'opinione pubblica sul caso. Le persone cominciano a temere che questo possa accadere anche a loro. Le persone devono essere più appassionate dei diritti umani e chiedersi se lo Stato debba avere il potere di decidere chi può vivere e chi deve morire.

Ho visto che ha fatto battezzare Indi in ospedale, come mai questa decisione?
Non sono religioso e non sono battezzato. Ma quando ero in tribunale mi sembrava di essere stato trascinato all'inferno. Ho pensato che se l'inferno esiste, allora deve esistere anche il paradiso. Era come se il diavolo fosse lì. Ho pensato che se esiste il diavolo allora deve esistere Dio. Una volontaria cristiana visitava ogni giorno il reparto di terapia intensiva e mi ha detto che il battesimo ti protegge e ti apre la porta del paradiso. Mi hanno colpito molto anche i miei avvocati del Christian Legal Centre, Louis Browne KC, Bruno Quintavalle e Pavel Stroilov, il modo in cui mi hanno sostenuto e la loro dedizione. È stato come se il battesimo di Indi fosse anche un modo per riconoscere il loro lavoro. Ho visto com'è l'inferno e voglio che Indi vada in paradiso. Anzi, ho deciso che anche io e mia figlia dovremmo battezzarci. Vogliamo essere protetti in questa vita e andare in paradiso.



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