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GOVERNO

Meno medici, più prefetti. La "stabilità" di Letta

Nonostante l'esigenza dei tagli, aumenta a dismisura il numero dei prefetti: sono 207, il doppio rispetto al numero delle prefetture. Dove si taglia, invece? Sui giovani medici. Evidentemente, un prefetto senza funzioni val più di un pronto soccorso.

Politica 24_12_2013
Prefettura

Meno medici e più prefetti. È quello che, se vi è una logica nei provvedimenti adottati negli ultimi giorni, appare oggi necessario all’Italia secondo il governo Letta. Andiamo per ordine: da Sondrio a Ragusa, le prefetture sono 105. Per l’esattezza, 103, più Trento e Bolzano: che, in quanto province autonome, chiamano i prefetti Commissari di governo. Quanti erano i prefetti in Italia fino a una settimana fa? Ben 185, 80 in più rispetto alle prefetture esistenti. Mettiamo pure che per guidare i dipartimenti e qualche direzione generale al Viminale ce ne vogliano una ventina: si arriva a 125, con un surplus di 60. Se si dovesse cercare un settore nel quale praticare il blocco del turn over, non si andrebbe lontano puntando su questo, invece che massacrare le forze di polizia, la cui età media sale sempre di più a causa del limitatissimo numero di nuove immissioni in servizio; sarebbe ragionevole non nominare nessun nuovo prefetto fino a quando non si andasse in pari rispetto alle reali necessità…

In linea con la ragionevolezza, il Consiglio dei ministri di mercoledì scorso ha nominato altri 22 prefetti, arrivando al totale di 207, praticamente il doppio delle prefetture. Proprio perché non ci sono funzioni in questo momento disponibili per tutti e 207, gran parte dei neopromossi sono senza incarico. Senza incarico, ma con lo stipendio di prefetto, che è sensibilmente superiore a quello di viceprefetto: e questo comporta un esborso per le casse dello Stato, nell’immediato, e “a regime” per gli anni successivi. La logica di questa decisione? Mero arroccamento burocratico: in vista di futuri tagli al numero complessivo dei prefetti, meglio allargarsi, finché i ministri di oggi si prestano ad assecondare un passo del genere, suggerito dal ceto prefettizio. In tal modo, se mai domani dovesse arrivare qualche sforbiciata, sarebbe sempre sul di più già ottenuto.

Se proprio si deve risparmiare, meglio incidere sui giovani medici. Lo stesso governo che moltiplica il numero dei prefetti senza particolari esigenze – altrimenti a tutti i nuovi avrebbe conferito le funzioni e non li avrebbe lasciati senza far nulla – impone nella Legge di stabilità una norma che riduce di un anno la durata delle specializzazioni per i medici. Vi è un motivo reale a fondamento di questo? Non è emerso: l’unico motivo è dettato dalla cassa. Anche a costo di praticare una tripla ingiustizia: verso la professionalità degli specializzandi, cui si sottrae il 25% del percorso di approfondimento; verso i pazienti ricoverati negli ospedali che sono al tempo stesso cliniche universitarie, e che si vedono sottrarre un quarto dell’assistenza dei giovani medici; verso questi ultimi, ai quali all’inizio si è assicurato un quadriennio e in corso d’opera, con danno economico, si sottrae un anno.

Scherzando, si potrebbe concludere che per il governo in carica un prefetto senza funzioni vale più di un giovane medico in un pronto soccorso: è certo che esso taglia ciò che incide sulla vita quotidiana di chi vive in Italia, salute inclusa, e incrementa – con la tasse degli italiani – il parco burocrazia. Come regalo di Natale, c’è solo da ringraziare.